La misteriosa frontiera del tempo in analisi. Lettura del testo “Claustrofilia” di Elvio Fachinelli.

La misteriosa frontiera del tempo in analisi. Lettura del testo “Claustrofilia” di Elvio Fachinelli.
(Ed. Adelphi, 1983, pp199)
di Olga Rago

Fachinelli nell’opera Claustrofilia si occupa del problema del tempo in analisi e tempo dell’analisi.Riflettendo sulle modifiche di tale variabile dalle origini, analizza le trasformazioni sia in ottica psicologica, sia in quella sociologica, e, soprattutto, nella relazione tra analizzato e analista.
La discettazione di Fachinelli ha come corpo centrale l’individuazione di quei fattori dell’analisi che sfuggono al “dispositivo” freudiano, come enunciato dallo stesso Freud e come praticato in seguito dai seguaci di questo.I cambiamenti accettati e consolidati dalla comunità psicoanalitica nel tempo hanno riguardato soprattutto la durata e la frequenza delle sedute, l’introduzione dei trattamenti nel servizio pubblico e le modalità di pagamento. Sembrano, invece, a Fachinelli ignorate altre indicazioni, che non appaiono in riga con le trasformazioni sociali e storiche. In “Consigli al medico nel trattamento psicoanalitico” Freud assume una posizione prescrittiva, che all’autore appare ambigua rispetto alla variabilità delle regole, nel momento in cui queste, presentate come adatte all’individualità del terapeuta, sono suscettibili, a guardare bene l’operato di Freud(*), di variazioni di fronte all’individualità del paziente.Per storicizzare la maggiore attenzione dell’ortodossia psicoanalitica alle regole rigide, piuttosto che all’operato di Freud, Fachinelli suggerisce di considerare il passaggio tra i tempi della natura, ossia l’iniziale spontaneità del setting analitico, come, ad esempio, avvenne tra Freud e il compositore Malher, al tempo industriale, scandito dalle macchine e sostanziato dal transito dall’honorarium, che il paziente riconosceva all’analista, verso il pagamento regolare e continuativo, assimilabile al salario, con relativo cambiamento del tempo analitico e del valore di esso.La virata, che si può definire, post industriale della psicoanalisi portò ad un allungamento dei tempi della durata, lo stesso Freud in “Analisi Terminabile e Interminabile”( 1937) sembra cercare una soluzione, invero inesistente, al problema dei tempi e della guarigione. Egli afferma che mentre nei primi tempi del suo lavoro, aveva difficoltà a far accettare ai pazienti di restare in analisi, in quegli anni si trova di fronte alla difficoltà inversa: quella di “costringere” i pazienti a smettere, come avvenne, dopo quattro anni di analisi, con l’uomo dei lupi, al quale prescrisse la chiusura forzata dell’analisi.“ Freud pensava di aver portato la peste, una malattia rapida e violenta. Invece ha portato la lebbra, una malattia lentissima.( Fachinelli 1983).Di fronte all’imprevisto fenomeno dell’allungamento dei tempi Freud ammette, per esempio in “Al di là del principio del piacere”, che, in alcuni casi, l’analisi si può considerare compiuta con la remissione dei sintomi, ma aggiunge che questo risultato non può prescindere dalla “ buona stella” del paziente stesso. Gli altri casi sono oggetto di analisi interminabili perché la forza delle pulsioni non permette l’imbrigliamento di queste.Il termine dell’analisi, quindi, può considerarsi un evento fortuito determinatosi dall’alchimia di due apparati psichici, quello del paziente e quello dell’analista, che si attivano nella relazione, portando ciascuno le proprie difficoltà e le proprie funzioni dell’Io, che interagiscono nel corso del procedimento.Queste riflessioni mostrano un Freud improvvisamente smarrito di fronte all’impossibilità di rendere sistematico tout court il processo analitico, secondo Fachinelli, i dubbi freudiani non hanno trovato risonanza nella comunità psicoanalitica, perché squarciavano la dottrina e aprivano la porta su temibili abissi. Le difese degli analisti hanno determinato che ai dubbi freudiani sui tempi non fosse data la giusta risonanza, mentre hanno facilitato la scelta di lavorare sulla maggiore definizione del procedimento, sulla formazione professionale dell’analista, sull’eliminazione degli errori, sulla preparazione del setting.Mentre il procedimento analitico si trovava al centro di una forte spinta strutturale che fornisse maggiori garanzie di riuscita, nei fatti, osserva Fachinelli, i tempi dei trattamenti tendevano ad allungarsi e gli obiettivi a farsi sempre più indistinti tanto che oggi la psicoanalisi si propone mete di crescita, maturazione, integrazione, sintonia emotiva, piuttosto che la cura del sintomo.
Questo inquadramento tecnico-epistemico ha permesso alla psicoanalisi di diventare un’istituzione riconosciuta, che non viene messa a repentaglio dalle lotte interne, che piuttosto danno alla disciplina risonanza sociale, liberandola dall’originale considerazione di pratica riservata all’elite e regalandole una penetrazione sociale testimoniata dalle varie forme di psicoterapia da essa nate.L’accettazione sociale ha determinato che si tollerassero i tempi indefiniti e l’apparente inefficacia della psicoanalisi. Tali caratteristiche seppur accettate non sembrano tuttavia essere state approvate.Sebbene Freud fornisse la spiegazione che le difficoltà che si incontrano nel processo di guarigione nascono fuori dell’analisi, in processi psicobiologici che finiscono per interferire con il trattamento analitico, Fachinelli, di rimando si pone tre domande che consentono il superamento dell’ineluttabilità del fallimento, prospettata dall’inventore della teoria psicoanalitica.La prima verte sull’influenza del dispositivo dell’analisi, ossia quanto certe vischiosità non siano create dalle regole dell’intervento. La seconda indaga su quanto di positivo si nasconda dietro il rifiuto della guarigione e infine la terza, cruciale, su cosa faccia soggiornare i pazienti per anni in una situazione che secondo Freud è una battaglia persa in partenza.Per Fachinelli il chiarimento dell’impasse risiede nel superamento della convinzione che attribuisce alla stessa una collocazione pre-analisi o esterna all’analisi.Supportato dall’esperienza clinica quotidiana con i propri pazienti, Fachinelli cerca di individuare l’implicito, il presupposto latente interno al processo analitico che coinvolge entrambi i protagonisti dell’analisi.Attraverso l’interpretazione dei sogni di alcuni pazienti l’autore giunge a cogliere un interessante nesso nei contenuti riportati dai pazienti in analisi. Riflettendo sulle andate e ritorni dei pazienti, sulle cadenze del tempo in analisi e sul prolungamento di questa, inizia, da una felice intuizione a indagare un’area, quella dei sogni perinatali, non abbastanza studiata sistematicamente e probabilmente proprio per questo interferente in maniera silenziosa sul tempo dell’analisi. Lo studio di tale area, molto presente nella vita onirica, lo mise di fronte all’associazione di contenuti e fenomeni apparentemente inspiegabili, al limite del paranormale, se non riferiti ad una nuova possibilità d’indagine.Fachinelli formula l’ipotesi dell’esistenza di un momento cerniera, che fornisce continuità tra il prima e il durante del procedimento di analisi.Definisce tale entità claustrofilia o meglio area claustrofilica, neologismo analitico scelto per sottolineare l’intensità e la forza della spinta al claustrum, al chiuso.Il termine semantico claustrofilia viene coniato per rendere la complessità dell’ideazione che Fachinelli introduce. Si tratta di una “ricerca del chiuso”, che solo in ultima istanza indica un luogo chiuso, riconducibile all’immagine dell’utero materno. Primariamente si riferisce all’atto del chiudersi, dello sbarrarsi, del serrarsi dentro.Elementi dell’area claustrofilica sono le scene oniriche connesse con il soggiorno intrauterino, i sogni di nascita, la scena primaria, i contenuti onirici che simboleggiano il ritorno dell’utero e il percorso inverso di venuta alla luce.Punto fondamentale della riflessione è il valore della co-presenza madre-bambino nell’evento gravidanza-parto, che li pone su un continuum bivalente differente dal concetto psicodinamico di fusione. Infatti, nella sua elaborazione Fachinelli non si riferisce al riassorbimento del bambino nella madre, il narcisismo primario freudiano, né a una condizione di regressione neonatale della madre, “ma piuttosto in una condizione che coinvolge insieme e allo stesso livello madre e bambino”.Analogamente considera la presenza dell’area claustrofilica nella relazione tra analista e analizzato, il movimento verso il claustrum, parte del processo analitico, a differenza dell’area perinatale che si colloca all’esterno dell’analisi.L’intuizione relativa alla presenza di un’area claustrofilica, che permea il procedimento analitico, rese improvvisamente fecondo l’autore, che in una fase da lui definita di eccitazione intellettiva, iniziò una comprensione di quei fenomeni misteriosamente presenti nella relazione analitica, che gli permisero di svelare la matrice comune di alcuni sogni e racconti di pazienti su episodi che sfiorano l’extrasensoriale, che risiede nel riferimento ad un claustrum materno, espresso attraverso la presenza di tensioni intuitive, non razionalmente spiegabili.Secondo Fachinelli, la velocità nel voler dare agli eventi di un’analisi una chiarezza ed una linearità, che, di fatto, non hanno, porta al pericolo di affrettare il processo senza lasciare che decorrano i tempi per una giusta sedimentazione interna. In mancanza di questa, secondo l’autore non è possibile cogliere, nelle linee intrecciate e spesso confuse di una vicenda analitica, lo snodo di uno o più temi di fondo originali e nello stesso tempo comuni alle relazioni analitiche.Fachinelli rende sistematica la sua intuizione indicando gli elementi che definiscono un’area claustrofilica. Oltre ai sogni e alle fantasie di nascita-parto, gravidanza-soggiorno intrauterino e scena primaria, individua altri fenomeni che si connettono al claustrum.Tali manifestazioni vengono collegate anche a:
1) situazioni di predominanza percettiva
2) rapporti di co-identità
3) coincidenze inquadrate di solito nella cosiddetta percezione extrasensoriale.

Al primo punto vanno ascritti quei sogni nei quali irrompe con violenza la luce o il colore, nei quali compare un’immagine perinatale. La dominanza percettiva, sia visiva, sia riferibile agli altri sensi, appare basilare rispetto al contenuto figurale dei sogni o degli eventi.Per quanto attiene i fenomeni di co-identità al secondo punto, questi si raggruppano intorno al tema del doppio. In psicoanalisi questo tema ha sempre avuto una rilevanza particolare nella trattazione della patologia narcisistica. Per Fachinelli, i fenomeni di co-identità insistono nella ricerca dell’analizzato di situazioni di affinità e di familiarità intima, di comunanza con l’analista, non comunque finalizzata al raggiungimento di uno stato fusionale o di annichilimento, piuttosto una correlazione simile ad uno stato di identità, ove però la distinzione tra analista e analizzato è sempre presente. Da qui la scelta del termine co-identità, fenomeno il cui movimento interno sembra svolgersi su due piani: quello della fuga dalla situazione edipica e quello connesso del ricongiungimento con una figura materna, della quale bisogna espellere gli elementi di estraneità e in cui bisogna immettere quelli di identità.Nel procedimento analitico la co-identità si palesa nei tentativi del paziente di raggiungere e toccare l’identità dell’analista, quale identità materna, e della quale, una volta riuscito, diventa partecipe. Quindi, il movimento dei pazienti è volto verso un’identità-partecipazione con una madre-analista dalla quale si è separati. Questa posizione determina l’entrata in urto con l’esistenza di altri, che rappresentano la presenza paterna, nella coppia della quale l’analista fa parte. Si viene così a creare la posizione del bambino escluso e della madre partecipe, nel rapporto madre-padre. Da questo, dice Fachinelli scaturiscono le vicende fantasmatiche di sostituzione di madre
e del divieto a farlo, come presenti nella scena primaria. La nuova ottica illustrata prevede che tale scena possa ipotizzarsi come perinatale, quindi più precoce rispetto all’identificazione con padre e in piena co-identità con la madre. Nei sogni dell’area claustrofilica appaiono immagini di bigeminismo, la nascita è una co-nascita del bambino e della madre.Nel rapporto analitico il terapeuta rappresenta la madre con la quale co-identificarsi, gli altri pazienti e la vita stessa dell’analista è intesa incosciamente dai pazienti come un esterno sul quale, inconsciamente, vengono create connessioni apparentemente inspiegabili, che emergono nel materiale oggetto delle sedute. La co-identità con l’analista viene raggiunta sia in sogno, sia attraverso il lapsus, sia attraverso il racconto di una serie di coincidenze, appartenenti all’area perinatale che costituiscono il flusso della relazione analitica.Fachinelli stesso riconosce che la sua intuizione è molto vicina a quei processi che in analisi vanno sotto il termine di “introiezione”, e ritiene di non poter assimilare le sue riflessioni a quelle ortodosse, in quanto il termine, soprattutto dopo il lavoro di M. Klein, risulta troppo legato alla fase orale dello sviluppo, dove l’esistenza di un esterno e un interno risultano ben differenziati.Nello studio dell’autore, invece, si osserva una situazione diffusiva, nella quale l’attivo coincide col passivo, afferrare l’altro sembra contemporaneamente un essere afferrati.La difficoltà di collocare quanto individuato da Fachinelli nella terminologia analitica classica, nasce nell’autore dal fatto che i fenomeni da lui osservati presentano dei processi diversificati. Innanzi tutto, compaiono preferibilmente in sogno, poi sembrano presupporre una posizione contraddittoria nella relazione, nel senso che le due persone implicate in un certo modo sono la stessa persona, e infine non sembra essere presente nella relazione quella separazione spazio-temporale tra individui distinti, come avviene nei sogni dove viene pre-visto qualcosa che si appura essere accaduto successivamente nella realtà di altre persone, appunto distinte e nello stesso tempo unite, come nell’area perinatale.La maggiore attenzione dell’analista all’area clautrofilica determina, secondo l’esperienza di Fachinelli, un maggiore avvicinamento al paziente che, in termini transferali, crea un rapporto molto stretto, contiguo all’esperienza simbiotica o fusionale, ma più simile ad una “sorellanza” nella quale è possibile includere anche altri, caratterizzata da una distinzione tra i due protagonisti che hanno possibilità di incontrarsi in un tempo “stagnante” scandito dalle sedute “ come dalla cadenza di un ritmo musicale ( movimento zero). Un tempo che richiama l’estasi, che non è occupato dalle parole, ma da momenti di tipo onirico”.L’immobilità spazio-temporale fa sì che non ci siano “eventi” e memoria di questi: La comunicazione avviene attraverso “fili collegati direttamente alla testa”, si conosce “attraverso i fluidi”, saltando le parole. Come avviene per il feto-bambino che non sa comprendere, ma viene permeato da quello che accade, che resta per lui un mistero.In questo processo di rispecchiamento, Fachinelli sostiene che la difficoltà dell’analista è costituita da dover, parallelamente, rimanere nel proprio ruolo e lasciare cadere alcuni limiti distintivi della propria separatezza dall’altro. Consapevole della co-identità non può più limitarsi a definire una distinzione tra realtà e fantasia o delirio, ma in primis deve accettare il senso di identità emergente, solo dopo interrogare il contenuto di questa identità e vagliarne il senso di realtà.Nel processo divengono così parte integrante anche i lapsus e i gli analoghi fenomeni dell’analista. Per cui i fenomeni psichici che già di per se appaiono intercollegati senza distinzione radicale tra prima e dopo, alla comparsa in analisi della cosiddetta scena primaria, sembrano avere una virata verso l’extrasensorialità.Avviandosi alle conclusioni del suo studio Fachinelli ritiene che sia la struttura temporale dell’analisi a favorire, nelle persone implicate, il processo di passaggio o di ritorno a un livello evolutivo dei rapporti nei quali domina l’unità duale con la figura dell’altro.Questo stato, in quanto non riconosciuto, agisce nascostamente, mascherandosi alla consapevolezza dell’analista e dell’analizzato, ed è causa di quel prolungamento indefinito del trattamento a cui da decenni si assiste. L’esclusione dall’analisi dell’area claustrofilica, quindi, si accompagna all’esclusione della problematica del tempo, quando la considerazione di tali problematiche permetterebbe l’uscita dall’unità duale.La modalità per trattenersi in analisi dei pazienti, già sopra trattata, si presenta anche nell’analista con la richiesta di supervisioni, di contatti con colleghi più esperti, secondo il binomio: paziente in attesa dell’analisi, analista in attesa del supervisore.La dimensione atemporale mantiene un’inquieta attesa e salva dalla minaccia del futuro, che implica separazione e sviluppo, l’attesa è vissuta come il passato che deve risorgere nel presente.Nella situazione analitica si crea qualcosa che conferma l’affermazione di Freud “ l’inconscio non conosce tempo”. Fachinelli assimila il tempo immobile, ma non inerme, dell’analisi alla situazione clautrofilica, ove l’immobilità del presente mima l’atemporalità dell’inconscio, senza iscrizione né memoria del tempo, dove la tensione verso il passato è invece carica di un desiderio non completamente soggettivato.Il mancato riconoscimento dell’area claustrofilica, la sua rimozione, determina che le analisi si trasformano in sforzi per far precipitare situazioni bloccate, agiti dell’analista di fronte alle barriere proprie e del paziente.Fachinelli, al proposito, cita nuovamente l’episodio dell’interruzione del percorso analitico dell’uomo dei lupi, decisa da Freud, il quale in quella occasione sfiorò, lasciandola sfuggire, la possibilità di individuare l’area claustrofilica ( il velo da squarciare, evidente riferimento ad una nascita forzata). Analoga lettura l’autore dà delle sedute brevi di Lacan, che a suo avviso forzano l’intervento sul primo strato di un’area sepolta. Il ricorso ad una prescrizione nel caso di Freud e ad una contrazione del tempo in quello di Lacan sono, secondo Fachinelli, acting dei terapeuti che non hanno preso in considerazione l’area claustrofilica, e quindi non hanno considerato un’occasione per superare l’impasse del tempo attraverso lo strumento dell’interpretazione.Secondo l’autore, l’attesa dell’analista e l’accoglienza dell’unico duale, nonché il lavoro sui contenuti, simbolici e misteriosi, che si esprimono oltre la parola, costituiscono la virata terapeutica perché il procedimento analitico possa portare all’uscita dall’impasse e superare il fascino esercitato dall’analisi interminabile.

(*)La questione del tempo e anche dello spazio del setting, aggiungeremmo noi, negli interventi analitici freudiani subisce variazioni dai casi descritti negli “Studi sull’Isteria” del 1895 ai “ Consigli al Medico… del 1912, al caso dell’Uomo dei lupi, conclusosi su decisione di Freud, dopo quattro anni, nel 1914.