3. Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno

Piccoli sogni simili 3

Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno

di Adriano Alloisio

(Puntate precedenti: 1. Introduzione a una ricerca2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico )

Quando raccontiamo un sogno incominciamo di solito con “Io ero…”, ossia l’io narrante, mentre rievoca la sua notte, si pone come coincidente con quel se stesso vissuto nel sogno, quel se stesso che si è percepito personaggio della scena alla pari degli altri, ma in soggettiva, un po’ come avviene nelle esperienze della veglia. L’intensità della sovrapposizione può variare da sogno a sogno, da sognatore a sognatore: dal vissuto di estraneità, come se si fosse al cinema, alla situazione, di gran lunga più frequente, dove il coinvolgimento nell’azione può essere così forte che la mente sognante non sempre vede distintamente il ‘se stesso’ , ma si limita  a ‘viversi’, così come nella veglia non siamo sempre osservatori di noi stessi in un’azione che assorba tutta la nostra attenzione.

In accordo con molta letteratura mi riferirò al personaggio sognato come un ‘se stesso’  con “Io del sogno”, in contrapposizione all’ “Io della veglia” del narrante.   L’opportunità della distinzione risulterà chiara man mano procederà il discorso.

La prevalente sovrapposizione tra il narrante e la prima persona che egli ricorda essere stato nel sogno, diverso dagli altri personaggi per il senso di sè che vi era associato, ma come loro attore sulla scena, fa sì che facilmente consideriamo come identici l’Io della veglia e l’Io del sogno, dicendo semplicemente “io”; infatti ci raccontiamo all’imperfetto (un po’ come i bambini si collocano all’interno del gioco, accompagnandolo verbalmente con: “io ero il dottore, e tu eri ammalato…”). Ne segue che veniamo risucchiati in  una lettura immediata di noi stessi nel sogno, dei nostri vissuti e comportamenti, ricorrendo alle stesse categorie che usiamo nella veglia. E’ questo infatti l’atteggiamento più spontaneo e diffuso, specie nella cultura non specialistica. Si legge ad esempio in un sito del Web dedicato all’interpretazione dei sogni:

“…Il comportamento dellIo onirico di fronte a tutto ciò, è indicativo del nostro modo di fare e del percorso che stiamo compiendo. Possiamo osservare nei sogni la sua reazione: se si ritrae e fugge di fronte ad un ostacolo o se, al contrario, affronta una situazione in modo nuovo e diverso. In questo modo impareremo a fare domande su noi stessi e sul nostro modo di affrontare le difficoltà, usando il mondo onirico come palestra creativa per la nostra esperienza.”

Allora: dal fatto che l’Io del sogno si ritrae di fronte a un ostacolo si dedurrebbe che l’Io della veglia fa altrettanto di fronte alle difficoltà della vita, I due personaggi sarebbero dunque identici, e separati solo da una metafora.

Questo atteggiamento interpretativo, radicalmente criticato ad esempio da James Hillman, ha radici altolocate, sia lontane che vicine nel tempo, e permea la lettura che spesso si fa del sogno, come se questo fosse soltanto finalizzato al migliore adattamento dell’Io alla realtà. Tuttavia quando ci si imbatte negli oniremi è difficile credere (per quanto detto nella prima puntata) che il destinatario del sogno sia in prima battuta l’Io della veglia in quanto interprete, anche se questi ne potrebbe indirettamente venire influenzato, nel caso che – anche senza interpretazioni di sorta – ad opera del sogno venissero modificate delle funzioni del complesso dell’Io.

Del resto sognano anche gli animali a sangue caldo, segno che evolutivamente il sogno nasce per funzionare già in assenza di un Io (e tanto meno di un Io interpretante)

In un esempio riportato dallo junghiano H. Dieckmann, una donna racconta un sogno in cui si scopre in ritardo rispetto all’ora dell’analisi, appena svegliata e ancora in vestaglia e bigodini. Dieckmann, interpretando, punta il dito verso la sua paziente, dicendole che il sogno rivela la sua negligenza e noncuranza nei confronti dell’analisi. Stando a un altro junghiano, J.Hillman, e al suo “Il sogno e il mondo infero” avremmo responso opposto: l’Io del sogno (in questo caso Hillman parlerebbe di Io tout court) della sognatrice si sta atteggiando verso l’analisi abbracciando una dimensione di ‘sonno’, dove l’Io eroico della veglia viene meno. Secondo la prima prospettiva, dunque, si riferisce l’Io del sogno a una presunta personalità sciatta della veglia, secondo l’altra a una personalità notturna che si va facendo strada, in un certo senso più promettente, nel cammino analitico, e antitetica all’orientamente dell’Io della veglia. Come si vede, su di un piano pratico la differenza di interpretazione dell’Io del sogno può avere conseguenze enormi.

Su questa strada si deve dunque procedere con molta cautela.

Basterebbe osservare il flusso di coscienza che normalmente accompagna l’Io del sogno, a confronto con quello che accompagna la personalità della veglia, per convincersi di quanto sia problematico vedere nel primo uno specchio della personalità del secondo: una coscienza molto debole, una scarsissima consapevolezza di sè, quasi al livello di coscienza non riflessa. In genere l’Io del sogno non si chiede perchè sia lì, e quale sia la storia immediatamente precedente, l’incipit del racconto essendo quasi sempre un “mi trovavo….”, con l’aggiunta solo di qualche ragguaglio sul tipo di ambiente, sulla luminosità, sui personaggi che lo accompagnano o che incontra; le sue intenzioni in genere non sono espresse, e quando lo sono raramente hanno poi l’esito prefissato, anzi quasi sempre la vicenda si interrompe o cambia strada prima di un esito. I vissuti sono raramente coerenti con la natura e l’intensità degli stimoli che sembrano esserne la causa: un genitore che muore cadendo da un balcone può lasciare indifferenti, ma un cassiere che non dà il resto giusto può scatenare crisi di disperazione o di violenza. Come osserva Maria Zambrano (Il sogno creatore – Ed Bruno Mondadori), l’Io del sogno non si fa mai domande. E si osserva infatti che un morto che resuscita non desta molta curiosità, e quasi mai spavento, un rapido avvicendarsi di luce diurna e tenebre notturne viene appena registrato, è un accadimento come un altro, così come l’improvvisa e di per sè inspiegabile apparizione o sparizione dei personaggi.  Viene da assimilarlo a un individuo un po’ psicotico: per un verso ci appare come una formazione arcaica, debolmente modellata sull’autopercezione dell’Io della veglia; ma si tratta, come ho detto, di una coscienza semplice, forse simile a quella di un bambino molto piccolo, all’alba dell’autoriflessività, quando ancora non è in grado di distinguersi come duplici; assomiglia a un Io borderline. Per un altro verso esso porta con sé – di volta in volta con intensità variabile – alcuni contenuti e alcune funzioni della personalità vigile, come la volontà, la registrazione dei propri vissuti, degli sprazzi di memoria, spingendo così l’interpretazione nel senso di una confusione identitaria con l’Io della veglia. Quest’ultimo tende a prendere per vere e giustificate le emozioni provate nel sogno, e ne orienta in tal senso la lettura.

Come descrivere l’attività conoscitiva dell’Io del sogno immerso com’è nella scena onirica come se si trattasse di una realtà?

Una sognatrice racconta di aver sognato una donna incinta; al che segue un breve scambio di battute con l’ascoltatore

– Ma chi ti ha detto che era incinta?

 E lei:

– Lo si vedeva dalla forma del corpo.

– Ma chi ti dice che non fosse solo grassa?

– Nel sogno sapevo che era incinta

Ma sarebbe potuto accadere anche il contrario:

– Ho sognato una ‘donna grassa’

– Ma chi ti ha detto che non fosse incinta?

– Lo sapevo.

L’Io del sogno avanza la pretesa dell’oggettività e dell’indiscutibilità del proprio sapere,  dal quale l’Io narrante tende di solito a essere persuaso. Oppure, se l’incertezza fa parte del racconto (“…non ricordo bene se quel bambino fossi io stesso  “), resta sottinteso che un ricordo più preciso avrebbe potuto togliere il dubbio. Non mancano però i casi in cui l’identità dell’Io del sogno si sdoppia esplicitamente (“…ero io ma ero anche il mio fidanzato…”), fatto che viene accettato dall’Io del sogno come tante altre stranezze, non incrinando comunque il senso di identità vissuto durante il sogno.

Riprendendo l’esempio di poco sopra, ritengo, dalla conoscenza acquisita dei sogni tra di loro simili, che siamo qui di fronte a un onirema (ne parlerò diffusamente in puntate successive), secondo il quale un rigonfiamento del corpo, in particolare del ventre, può dare luogo a immagini simultaneamente sia di gravidanza che di pinguedine. Spesso la simultaneità viene risolta ascrivendo una delle due situazioni all’Io del sogno e l’altra a una donna diversa. Posso dunque affermare che c’è una donna sia incinta che grassa (e non incinta); e che l’Io del sogno preferisce vederne solo una.

L’ambiguità, se prevale la gravidanza, può spingersi ancora oltre. Sono frequenti i casi di sogni (un altro onirema? o un prolungamento di quello di prima?) in cui c’è una donna sia incinta che mestruante, dove in questo secondo caso al posto del feto c’è del sangue. Quando l’Io del sogno si accorge dell’incoerenza  sceglie una tra alcune possibili opzioni, ad esempio:

– la donna mestruante non è incinta, è solo grassa

– non è sangue mestruale, come sembrava, ma la donna indossa calze rosse.

– le gambe sono sporche di vernice rossa.

– era incinta ma poi ha abortito, e così si spiega l’origine del sangue.

oppure spostando uno dei due stati su un’altra donna.

L’Io del sogno condivide con l’Io della veglia un principio di realtà grazie al quale cerca di vedere ciò che gli capita attorno con la coerenza dei criteri conoscitivi della veglia, come il principio di non contraddizione, il principio di causa effetto, la temporalità, etc.; ma se, come quasi sempre accade, questa coerenza viene meno, egli senza indugi è pronto a cambiare percezione, o trovare normale ciò che sarebbe impossibile su di un piano di realtà, eliminando anche così l’assurdità della contraddizione. Sarà se mai l’Io narrante a meravigliarsi  (“…che sogno strano ho fatto…”),

Ha senso quindi chiedersi se l’Io del sogno ha interamente ‘ragione’ nel vedere quello che vede, o se piuttosto non aderisce a una visione parziale pur di non ammettere ‘realtà’ contradditorie.

In questo senso potremmo parlare di una ‘interpretazione’ della scena onirica da parte dell’Io del sogno. Con questo non escludo  che certe immagini si presentino sulla scena già elaborate, rispetto ad altre originarie, in modo da essere più digeribili da parte dell’Io del sogno (con meccanismi simili all censura freudiana)

Appartiene del resto anche alla logica interpretativa corrente della  veglia cercare di vedere la realtà da un unico punto di vista, sia pure pensato come intermedio tra due opposti, oppure mettere in primo piano un punto di vista dominante, lasciando l’opposto sullo sfondo: anzichè accogliere una verità paradossale dove ambedue gli opposti siano presenti a pieno titolo. Di questa duplicità  infatti, che nel mondo della veglia solo la poesia è in grado di accogliere, è permeata la logica dell’inconscio, come hanno messo in luce diversi maestri della psicoanalisi (sotto l’aspetto della logica, in particolare, Matte Blanco). Secondo Jung è sempre l’inconscio che può produrre una sintesi degli opposti attraverso la funzione trascendente e il simbolo che ne risulta, una sintesi diretta alla coscienza; ma l’oggetto della presente ricerca si colloca in un momento antecedente, dove la coscienza non è ancora un interlocutore, e ma dove il problema di percepire la realtà come unica è già presente.

Se l’Io del sogno non riesce ad accogliere la duplicità, può entrare in crisi, e il suo senso di sè vacillare. La crisi non è espressa dall’ incertezza sulla propria identità (“…non so se ero io o mio marito…”), ma dal fatto che può venir meno il personaggio in grado di porsi quella domanda. Questo stato può trovarsi, ad esempio, in un Io del sogno che si addormenta.

A espressione di questo transito in un mondo dove vige una diversa logica (che M. Blanco chiama bi-logica, e che ha punti in comune con il ‘mondo infero’ di J. Hillman) stanno diversi oniremi, che introdurrò nella prossima puntata.

 

Puntate precedenti:

1. Introduzione a una ricerca

2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico 

 

16 Risposte a “3. Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno”

  1. […] precedenti: 1. Introduzione a una ricerca;  2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico; 3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? […]

  2. […] a una ricerca;  2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico; 3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non […]

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  4. […] precedenti: 1 – Introduzione a una ricerca;  2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico; 3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – […]

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