Volontariato giovanile e rimaneggiamento

di Leonardo Angelini

1. Che cos’è il rimaneggiamento

Sigmund Freud usa per la prima volta il termine “rimaneggiamento” in relazione a quell’aspetto del lavoro onirico in base al quale all’interno del sogno un contenuto manifesto sostituisce un contenuto latente. In questo modo, attraverso questo lavoro del sogno, elementi tratti dall’esperienza recente che il sognatore ha fatto in stato di veglia entrano nel sogno e acquistano una valenza simbolica, in quanto capaci di alludere al contenuto latente che è alla base del sogno stesso senza porre in eccessivo allarme il sognatore, che in questo modo può continuare a dormire.

Successivamente, a partire da questa originale impostazione freudiana, vari sono gli usi che in psicoanalisi sono stati fatti del termine “rimaneggiamento”[1]: a noi in questa sede interessa porne in evidenza uno che deriva dal versante eriksoniano, e che si riferisce ai cosiddetti problemi di fase che ciascun soggetto deve affrontare e risolvere nel passaggio da un periodo all’altro della propria vita.

Solitamente quando si parla di passaggio si pensa all’adolescenza, ma la Benedek, Anthony, la Bibring, ecc. allorché parlano di passaggio si riferiscono – i primi due sulle orme di Erikson – a tutte le grandi sfide legate ai vari passaggi che ciascuno di noi deve affrontare allorché si attrezza a passare da una fase ad un’altra nella propria vita. La Benedek ed Anthony, ad esempio, hanno analizzato quel tipo di rimaneggiamento che accompagna l’adulto nel momento in cui diviene genitore; e da un punto di vista diverso da quello eriksoniano: la Bibring, la Bick ed altre i rimaneggiamenti cui la donna va incontro nel momento della gestazione e nel passaggio alla maternità; la Naziri e la Dragonas, il passaggio alla paternità. Molti sono anche in Italia coloro che si sono interessati a quel rimaneggiamento particolarmente delicato che segna l’ingresso di uomini e donne nella senescenza[2], eccetera.

 “Infanzia e società”- che è il punto di partenza di buona parte di questi ricercatori, e che anche per noi rimane un punto di partenza decisivo – descrive minuziosamente come questi passaggi avvengono nella società occidentale; anche se occorre dire che, come mostrano le fiabe, da una parte i problemi di fase sono comuni a tutte le culture, dall’altra ogni cultura dà delle risposte “preventive” a questi problemi[3], indica cioè dei rimaneggiamenti non sempre coincidenti con quelli delle altre culture, e spesso diacronicamente diversi anche all’interno di una stessa cultura[4].

In ogni caso il lavoro di rimaneggiamento durante i passaggi da un periodo all’altro della vita implicano un riassetto di tutto il mondo interno del soggetto che, di fronte alle nuove sfide del presente, risulta non più attrezzato e capace di dare delle risposte adeguate: i vari personaggi interni (D. Napolitani), cioè i vari introietti  che ci abitano e che compongono il nostro interno teatro rappresentazionale (Sandler e Rosenblatt) più o meno all’improvviso non riescono più a trovare quel punto d’equilibrio che fino a un momento prima aveva permesso al soggetto un procedere nel proprio processo maturativo con sufficiente agio. Per cui si può dire che nel nostro caso l’attività di rimaneggiamento sia innanzitutto un processo intrapsichico che, a fronte di un nuovo canovaccio che va in scena all’interno del nostro universo rappresentazionale, comporta una ridefinizione di ogni parte del nostro mondo interno, che deve condurre ad un nuovo equilibrio, funzionale ai nuovi aspetti della realtà esterna, ma soprattutto alle nuove ansie e alle nuove angosce che la nuova realtà interna impone. Tutto ciò si riverbera poi a livello relazionale e impone nuovi punti di equilibrio e di raccordo non solo al soggetto, ma anche e coloro che hanno rapporti importanti con lui.

Infine – come avrete compreso – non si tratta di una problematica che emerge solo in soggetti con problemi psichici più o meno gravi, ma di un percorso comune a tutti gli uomini e le donne; un percorso che coincide con l’intero ciclo di vita, e che prevede un insieme di fermate intermedie in ciascuna delle quali occorre fare un cambio di carrozza per affrontare sufficientemente bene la tratta successiva. Cambio di carrozza che però nel nostro caso non è lì a disposizione del viaggiatore, ma implica un lavoro sulla vecchia carrozza, in modo che si trasformi e diventi appropriata per quella nuova specifica tappa che, lungo il percorso maturativo, l’individuo sta compiendo.

Viste a una certa distanza tutte le mappe sono uguali, così come uguali sono, almeno all’interno di ogni società e di ogni classe sociale, le modalità culturali, previste o rimosse, in base alle quali vengono affrontati i vari rimaneggiamenti. Visto da vicino però ogni percorso individuale ha in sé elementi di specificità e, direi, di unicità, che non possono essere sottovalutati allorché si parla, come si fa nel nostro caso, di problemi intrapsichici.

2. Il rimaneggiamento in adolescenza

Quell’atteggiamento di adorazione dei vecchi e dei nuovi idoli, che dopo l’accantonamento dei conflitti edipici e l’ingresso in latenza avevano condotto il fanciullo ad una grande confidenza con genitori, maestri e altri adulti, va in profonda crisi già allorché i primi segni della nuova età s’incidono nel corpo e nella psiche del preadolescente.

L’atteggiamento imitativo e di ammirazione nei confronti degli adulti cede il passo alla sfida e alla ribellione che, lo sappiamo, sono l’espressione dell’emergere di un nuovo stato d’indipendenza e di autonomia e nel contempo della non perfetta lettura di ciò che proviene dal corpo e dalla psiche che spingono il preadolescente sano[5] a mettersi alla prova e a mettere alla prova chi ha la ventura di stargli affettivamente e operativamente vicino. Ne derivano tutta una serie di provocazioni, prese di distanza, pretese velleitarie, istituzione di nuove fedi, di nuovi idoli (che nella nostra società spesso coincidono con gli idoli proposti dai media) e nuovi altari che servono a sottolineare, spesso con enfasi esagerata, ciò che Octave Mannoni ha chiamato processo di disidentificazione.

Poiché però in questa palestra della crescita c’è bisogno di tempo e di “allenamento” per diventare realmente adulto, per tutto un periodo l’adolescente ha bisogno di un luogo e di un tempo mentale liminari, che non coincidano né con l’infanzia né con l’età adulta, in cui poter fare delle prospezioni e delle ipotesi circa la realtà del proprio presente e i vagheggiamenti, spesso plurimi, circa il proprio futuro. L’adolescente ha cioè bisogno nel contempo di un Ideale dell’Io megalomanico (le ipotesi ed i vagheggiamenti plurimi!) e di un Super Io rigido (la critica spietata ai vecchi idoli!). Inutile aggiungere che in una società complessa come la nostra il periodo di liminarità tende a prolungarsi sine die poiché il raggiungimento del traguardo dell’autonomia risulta sempre più lontano.

L’instaurarsi nel mondo interno dell’adolescente di queste due istanze – Ideale dell’Io megalomanico e Super Io rigido – sconvolge il dialogo fra i vari personaggi interni che fino alle soglie della crisi puberale avevano sostanzialmente avvalorato la pacifica convivenza con gli introietti genitoriali e simil-genitoriali (quelli provenienti dai gruppi operativi e soprattutto dalla scuola). E, nella nostra società, la persistenza della situazione di liminarità e, nel frattempo (!), la sostanziale dipendenza dagli adulti per un periodo prolungato rende ancora più aspro e penoso il conflitto perché, nonostante le pretese megalomaniche e la veemenza delle sfuriate contro i vecchi idoli questi rimangono lì a contraddire, nei fatti, ogni pretesa e ogni empito.

È necessario perciò un radicale rimaneggiamento del mondo interno dell’adolescente che deve attrezzarsi a questo aspro e prolungato confronto con se stesso, con la dinamica lettura dei propri limiti e delle proprie possibilità; ma anche ad un riattraversamento delle relazioni d’odio e d’amore con le figure più importanti della propria vita, ad un loro superamento dialettico ed alla instaurazione di una nuova capacità sul piano affettivo e riproduttivo.

Infine importante è la considerazione che, a fronte di questo rimaneggiamento, ve n’è un altro che prende da una parte i genitori, dall’altra – e questa volta in maniera alquanto diversa, come vedremo fra un po’, rispetto ai genitori – i docenti degli adolescenti.

I genitori per due ordini di motivi: – perché – come è ovvio -, a fronte un rimaneggiamento così critico e polemico del proprio figlio adolescente nei loro confronti, non possono non disporsi in maniera nuova con essi, maniera che fra l’altro li spingerà, a loro volta, a riattraversare le traversie della propria adolescenza; – perché normalmente il tempo dell’adolescenza dei propri figli coincide con la crisi di mezz’età dei genitori, periodo in cui un rimaneggiamento interno all’adulto s’impone anche in assenza di figli adolescenti.

La situazione dei docenti questa volta risulta alquanto diversa e, per certi versi, anche più problematica di quella dei genitori: infatti, mentre il genitore affronta una sola volta (o due o tre) nella propria vita il confronto con l’adolescenza del proprio figlio, il docente di scuola media inferiore e superiore è coinvolto nel processo di disidentificazione e di guerra guerreggiata con gli adolescenti per tutta la durata della propria vita lavorativa. Ciò rende molto esposta soprattutto la posizione dei docenti di scuola media inferiore, per via del confronto reiterato con la prima e più aspra fase del rimaneggiamento adolescenziale; ma nella nostra società, a causa sia del protrarsi nel tempo del passaggio che dell’eclissi dell’autorità del docente, anche la posizione dei proff delle superiori risulta sempre più problematica. In entrambi i casi l’attività di rimaneggiamento dei docenti normalmente coincide con la capacità di continuare a riattraversare la propria adolescenza senza andare in burn out.

L’accesso all’età adulta alla fine comporterà l’abbandono degli ideali megalomanici e l’instaurarsi di un Super Io ripartivo ed autoriparativo. Conrad descrive questo ulteriore passaggio come l’attraversamento di una “linea d’ombra” che implica una rinuncia ai sogni adolescenziali, l’assunzione della responsabilità e il raggiungimento dell’autonomia.

Si tratta – come avrete già compreso – di un ulteriore rimaneggiamento, a fronte del quale il genitore deve fare a sua volta un proprio ulteriore rimaneggiamento che implica sostanzialmente l’accettazione della superfluità, ormai, della propria autorità agli occhi del figlio neoadulto e l’acconciarsi a vivere la restante parte della propria vita nel cosiddetto nido vuoto.

3. Il rimaneggiamento nell’esperienza di Gancio Originale

Le attività di Gancio Originale prevedono – come sappiamo – un coinvolgimento dei giovani delle superiori o nei workshop rivolti ai bambini e ragazzi a rischio, o nelle Stanze di Dante in un’attività di accoglienza rivolta ai migranti in età evolutiva appena giunti in Italia, oppure all’interno di Free Student Box a supporto dell’attività di sportello dei giovani psicologi nelle scuole superiori.

Si tratta in tutti e tre i casi di attività vicine al peer tutoring, al peer counselling ed alla peer education, che – a nostro avviso più propriamente – in Gancio Originale abbiamo definito come attività di accompagnamento, cioè come attività che vedono coinvolte più generazioni e più coorti in una catena in cui tutti danno e ricevono nel rapporto con gli altri attori presenti sulla scena della riabilitazione, dell’accoglienza e del counselling.

Si definisce così per ciascun attore un duplice versante che innesca specifici processi di rimaneggiamento: il primo è quello che proviene dalle attività in cui ciascuno è coinvolto; il secondo dai molteplici processi di riattraversamento che, a partire dall’accompagnamento, ciascun attore è quasi costretto a fare.

Concentriamo per ora la nostra attenzione sul rimaneggiamento innescato nei vari attori dalle attività: ad esse solitamente l’adolescente volontario si avvicina a partire da una propensione alla cura che mobilizza le proprie parti onnipotenti[6], ma, grazie anche al supporto che riceve dagli adulti che lo accompagnano, e soprattutto in base alla evidenziazione dei propri limiti ben presto s’incammina per una strada che lo costringe quasi a fare i conti col proprio limite attuale, con la propria perfettibilità ed infine con la propria riparatività.

In questo modo l’adolescente volontario, almeno finché s’impegna in questo gratuito mestiere di cura, si avvicina a quell’ulteriore rimaneggiamento che lo attende allorché, varcata la linea d’ombra che lo condurrà nell’età adulta, dovrà acconciarsi a fare conti quotidianamente con le proprie parti riparative e trasformare i propri sogni in progetti.

Ma anche l’adulto – psicologo, o educatore, o docente che sia – all’interno di Gancio Originale fin dall’inizio si ritrova in una dimensione sperimentale, figlia a mio avviso della situazione di liminarità che ha sempre contraddistinto le attività di questo gruppo di volontariato giovanile, che impone un continuo rimaneggiamento sia dei metodi, che delle priorità: è quella che altrove abbiamo definito come “logica induttiva” in base alla quale mai abbiamo dato per scontato qualcosa, mai abbiamo cercato di irrigidire la nostra azione e la nostra riflessione all’interno di un modello stabilito una volta per tutte. Tutto ciò si combina poi, anche nell’adulto, con l’esigenza di assumere un atteggiamento riparativo ed autoriparativo che aiuta nella crescita personale e professionale.

Il secondo versante del rimaneggiamento è quello che si determina all’interno dell’accompagnamento: la vicinanza discreta che abbiamo imparato a imprimere all’accompagnamento infatti fa sì che le continue operazioni di rispecchiamento e di riattraversamento che è possibile fare all’interno delle propria coorte o delle propria generazione non siano intruse da sguardi che provengono da troppo lontano, ma conchiuse nell’universo di una vicinanza che protegge e innesca processi creativi nelle attività. Cosicchè: – il giovane volontario si rivedrà nel preadolescente che fino a qualche anno fa è stato;  – il giovane psicologo potrà rivedere nel volontario che coordina l’adolescente che poco tempo fa lui stesso è stato;  – il giovane psicologo ricondurrà quelli meno giovani ad una visione fresca della professione; – ed anche il professore referente, posto in rapporto con gli stessi adolescenti che magari di mattina deve selezionare a partire dall’accertamento di altre competenze, può vederli in una nuova veste, più adulta, sulla quale magari prima non avrebbe scommesso.

4. Attività di cura, volontariato giovanile, rimaneggiamento e genere

Tutte le attività di Gancio Originale (workshop, Stanze di Dante e Free Student Box) sono attività di cura, e noi sappiamo che quando si parla di cura nella nostra cultura, e non solo in essa, tradizionalmente si parla di cura al femminile. E, a dire la verità, soprattutto all’inizio la stragrande maggioranza dei volontari di Gancio Originale era in effetti costituita da giovani volontarie. Tant’è vero che in uno dei primi nostri momenti formativi abbiamo chiesto ad una nostra amica psicologa (F. Romano) di voler compiere insieme a noi una riflessione sul significato di questo impegno così pesantemente connotato sul piano del genere.

Poi però col passare degli anni la situazione si è andata gradualmente ri-assestando e da un po’ di anni la percentuale dei giovani maschi che si dispongono alla cura insieme alle loro coetanee si va assestando intorno al trenta per cento del totale dei nuovi reclutamenti. Per cui, dato che ogni anno praticamente rireclutiamo tutti i volontari, si può parlare senza esagerare di una nuova coorte di giovani all’interno della quale le propensioni alla cura tendono a distribuirsi in maniera nuova e più equanime dal punto di vista del genere.

Vale, quindi, la pena di chiedersi cosa questo significhi e, soprattutto, che tipo di rimaneggiamento innescano nei giovani e nelle giovani questa nuova convivenza e questa nuova condivisione.

La prima cosa che viene in mente, facendo un po’ di conti, è l’età dei loro genitori. Si tratta infatti di genitori che sono nati fra l’inizio degli anni ’60 e quello degli anni ’70, e cioè di genitori appartenenti alla prima generazione nata dopo il boom, che a Reggio Emilia è coinciso con l’inizio del processo d’inurbamento, con il passaggio alla famiglia nucleare, con la nascita delle scuole per l’infanzia e dei nidi con fini educativi (e non più assistenziali), della sperimentazione nelle scuole dell’obbligo, del femminismo, ecc. .

Insomma i nuovi volontari sono i figli di coloro che hanno fatto il ’68! Mentre le giovani che hanno prestato le loro opera di volontarie vent’anni fa erano le figlie di coloro che erano nati negli anni ’50, e cioè quando la città ancora non viveva sulla propria pelle quei cambiamenti di cui abbiamo parlato sopra.

Si può ipotizzare quindi, – a mio avviso – che le volontarie che vennero in Gancio Originale negli anni ’90, così come i giovani che pur contattati, scelsero di non venire, avevano prevedibilmente dentro di sé degli introietti di femminilità e di mascolinità più tradizionali; mentre coloro che si avvicinano a Gancio Originale e ai suoi tre “prodotti” in questi ultimi anni, maschi o femmine che siano, risentono dell’influenza di un clima familiare nuovo all’interno del quale la distribuzione degli oneri della cura cominciano ad essere suddivisi più equanimemente fra i due genitori: ciò – se l’ipotesi è giusta – si è riverberato in maniera molto diversa sull’attività di rimaneggiamento interno dei loro figli già prima che essi affrontassero la crisi puberale.

Un secondo elemento che a mio avviso occorre prendere in considerazione è l’osservazione – e non più, si badi bene l’ipotesi – del comportamento dei giovani all’interno di questi luoghi misti, cioè in questi luoghi in cui la cura viene prestata insieme da maschi e femmine. Si tratta spesso di un comportamento all’interno del quale la suddivisione dei compiti fra maschi e femmine, le modalità relazionali ed affettive, ma anche il rapporto con i giovani adulti che coordinano i gruppi, avvengono sempre meno sotto il segno dello stereotipo e sempre a partire da una capacità di lettura dei bisogni e delle esigenze dell’altro e dell’altra molto puntuale e plurale.

Tutto ciò a mio avviso favorisce un tipo di rimaneggiamento delle imago interne di femminilità e mascolinità che ci lascia sperare circa le disponibilità potenziali di questa coorte di giovani su questo piano.

 

 

 

Bibliografia

– Angelini L., Le fiabe e la varietà delle culture, CLEUP Padova, 1989

– Anthony, E., Benedek, T., Parenthood: Its psychology and psychopathology, Little, Brown, Boston, 1970.

– Benedek Th., Parenthood as developmental phase, in  J. Amer. Psychoanal. Assn., N.7, 1959, pp389-417

– Bibring g: et al., Uno studio dei processi psicologici in gravidanza e dei più precoci rapporto madre-figlio, Psychoanal. Study of Child, 16, 1961

– Bick, E. (1968). The experience of the skin in early object-relations, International Journal of Psychoanalysis, vol. 49, pp. 484-486. (trad. it. In ISAACS, S., et al. (1989). L’osservazione diretta del bambino. Torino. Boringhieri. pp. 90-95).

– Conrad J., La linea d’ombra, Garzanti, Milano, 2007

– Erikson E., Infanzia e società, Armando, Roma, 1966

– Mannoni O., Il difetto della lingua, Pratiche, Parma, 1988

– Napolitani D., Individualità e gruppalità, Boringhieri, Torino, 1987

– Sandler J., Rosenblatt B., Il concetto di mondo rappresentazionale, in Sandler J.et al., La ricerca in psicoanalisi, Boringhieri, Torino, 1980, 1° Vol., pp.102-140

– Turillazzi Manfredi S, Il tempo della vita, il tempo dell’analisi. Riflessioni sulla riparazione nel trattamento degli anziani, Prospettive psicoanalitiche nel lavoro istituzionale, 8 (3), 1990, pp. 329-344.

– Naziri D. e Dragonas Th., Il passaggio alla paternità: un approccio clinico, In Psychiatrie de l’enfant, 1995, (traduzione di L. Angelini)

– Romano F., Donna: presenza concreta e discreta, in: “Volontariato : Gancio originale – processi di informazione, formazione, trasformazione”, (L. Angelini, D. Bertani, M. Cantini, a cura di), Amministrazione Provinciale di Reggio Emilia, 1994


[1] Ad esempio l’aprés coup.

[2] Cfr: Turillazzi Manfredi

[3] Cfr: Angelini L., Le fiabe e la varietà delle culture, Cleup, PD, 1989

[4] Pensiamo ad esempio alla risoluzione del rapporto con l’aggressività e la distruttività nelle società che prevedono o non prevedono spazio per la riparazione.

[5] Laddove deve essere chiaro che l’osare, mettersi alla prova, lungi dall’essere visto come un segnale allarmante, a quest’età è fondamentale per la crescita.

[6] Cfr: Onnipotenza e impotenza