La parola che genera

di Luciano Provenzano

 “E il verbo si fece carne”

Vangelo di Giovanni

PREMESSA

 

L’amore, l’affetto, la benevolenza nutrono i rapporti umani che nel loro attualizzarsi sono però profondamente influenzati anche dal risentimento, dalla paura, dall’odio.
Il serbatoio energetico a cui i sentimenti attingono è lo stesso; varia la loro destinazione d’uso: possono essere utilizzati per aprire o per chiudere delle prospettive di vita; per favorire dei rapporti o per ostacolarli; per creare benessere o malessere.
Nella storia umana è intuibile come, fino ad ora, siano complessivamente prevalsi i sentimenti di benevolenza e amore rispetto a quelli di odio e distruzione, alla luce del fatto che abbiamo comunque fra le mani un mondo, ed è senz’altro da sperare che lo si abbia anche a passare in avanti. Pur considerando il risvolto  entropico dell’esistenza, che con la complessità determina una frammentazione delle situazioni, a fronte di una scarsezza di risorse primarie, la disponibilità a farsi carico di ciascun problema che si  venga a ingenerare, permette di guardare in una luce diversa la propria storia e quella collettiva, per far sì che la carica di bene prodotta possa giungere ad aprire costantemente spiragli risolutivi.
Le ragioni della civile convivenza, dell’amore, della benevolenza, della salubrità vanno costantemente rimarcate, prese in cura, incrementate, in quanto non è automatico il prevalere di esse per un loro astratto valore, ma tale possibilità è affidata alla responsabilità di ciascuno fra i viventi, per rendere tali termini concretamente attuali, nel loro significato, nel valore di sostanziale differenza che può esistere fra vivere e morire, fra ammalarsi e stare in  salute, fra distruggere e costruire.
L’energia vitale vibra in ciascun  essere; essa è costantemente attiva, produce pensiero, gesti, comportamenti, scelte; si può imparare a guidare il modo col quale essa si manifesta, per far sì che possa produca frutti di benessere, di realizzazione personale e sociale. Come la vita ci è stata offerta in dono, è auspicabile avvertire l’anelito di offrirla ulteriormente in avanti, sia geneticamente, mediante la procreazione, sia anche affettivamente,  mediante le scelte che favoriscono il suo concretizzarsi in ogni momento.
Il dare continuità alla vita è strettamente connesso alla funzione e al ruolo genitoriale: ogni adulto è chiamato ad una genitorialità,  che dovrebbe includere anzitutto la capacità di generare vita in sé stessi, e favorirla, per quanto possibile, anche intorno a sé, negli altri. Anche il bambino, fin dalla nascita, è generatore di vita; a variare fra l’adulto e il bambino è il grado di responsabilità  che per il bambino e l’adolescente è affidata prevalentemente ai genitori, mentre si reputa che l’adulto l’abbia ormai acquisita e fatta propria.
Responsabilità è essenzialmente capacità di dare risposte; e le risposte sono il frutto della conoscenza: se si sa si può rispondere, se si sa ci si può assumere una responsabilità. Scarso senso di responsabilità rispetto alla funzione di essere generatori di vita e di essere genitori la si può cogliere essenzialmente come scarsità di conoscenza e quindi difficoltà o impossibilità a offrire le risposte per le problematiche che si è chiamati ad affrontare.
Conoscere è, ad un tempo, aprirsi al mondo per percepirsi come parte di esso, e cogliere il mondo come parte di sé.
Tale esperienza di ricerca integrata fra se stessi e il mondo è strada che la psicologia può aiutare a realizzare, per la necessità di reperire in ogni momento e circostanza lungo tale percorso rinnovati spazi nel cuore dell’uomo e nelle relazioni che aprano spiragli di futuro.
I –ESSERE E  FARE

 

Discernere la realtà da ciò che è immagine di realtà, far sì che le immagini mentali che derivano dall’esperienza abbiano spazio per abitare la realtà soggettiva di chi le sviluppa e non siano in eccessivo ed insanabile contrasto con essa, in questo sta il gioco-lavoro dell’essere adulti, del diventare tali, del riuscire ad essere educatori.
Nel riflessivo “conoscersi” ritroviamo la doppia valenza, del conoscere se stessi e conoscersi reciprocamente in un rapporto interpersonale o di  gruppo: è questo il primo ed essenziale passo a cui è assoggettata ogni eventuale ulteriore scelta di cambiare qualcosa di sé o dei rapporti in atto. Il desiderio e la pratica reale del “conoscersi” può generare entusiasmo; solo a partire da ciò si può acquisire credibilità nei rapporti, soprattutto fra adulti e nuove generazioni.
Le problematiche psicologiche sono oggi amplificate dalla complessità delle condizioni di vita e da cambiamenti profondi e costanti. nell’organizzazione familiare e sociale. Si è in presenza di una permanente sovraesposizione stimolativa dovuta ai mezzi interattivi, contatti immediati e mediati con molteplici mondi, idee, immagini, suoni e parole. Valorizzare ciò che può umanamente arricchire, evitando ciò che potrebbe costituire un elemento d’eccesso, non assimilabile e pertanto dannoso, è possibile a condizione di conoscere profondamente se stessi e disporre di un senso critico adeguato. In assenza di ciò, il miscuglio interattivo generalizzato arreca confusione che sommandosi ad eventuali problemi personali di base non adeguatamente affrontati, diventa una miscela esplosiva di prima grandezza, per cui la crisi che giunge non è più semplicemente tale, ma si trasforma in bufera se non proprio tsunami emotivo.
La conoscenza di sé presuppone la voglia e la capacità di guardarsi, osservarsi, raccontarsi, stare a riflettere, vedere come si può essere altrimenti da come si è, in piccoli gesti e modi di essere; sperimentarsi in altro modo, per come si possa respirare diversamente allorquando sull’onda di una narrazione il respiro si rarefà; provare con una pausa a vedere il pensiero che si frammette, l’urgenza che da sfondo diventa primo piano, e in questo procedere, avvertire la diversa connotazione emozionale che può determinarsi. Non si sono affrontati tutti i problemi del mondo, e neppure tutti quelli impellenti alla porta, ma uno, quello essenziale, perlomeno, quello che bussa o sfonda per entrare – il bisogno emergente – ecco che lo si può cogliere, affrontare, risolvere se vi è spiraglio, altrimenti convincersi almeno della sua ineluttabilità, cercando per quanto possibile di conviverci, ed evitando di restare schiacciati da esso. Ridurre l’ansia, la tensione e lo stress rispetto alle aspettative che la vita comporta diventa essenziale per favorire uno sviluppo energetico.
La capacità creativa a questo può anzitutto giovare, a offrire il senso delle potenzialità e del limite nelle cose e  nel fare, in se stessi e negli altri. Sempre più spesso il sovraccarico di ansie per le cose da fare determina il senso di smarrimento per non riuscire poi ad affrontarle adeguatamente; con conseguente delusione e scoraggiamento. Ma tale smarrimento è di solito una originaria relazione smarrita, che a sua volta causa quello conseguente. Pertanto, alla ricerca della relazione smarrita, è il bisogno da riconoscere, per quella traccia su cui incamminarsi in ricerca di un sé più autentico in una relazione più vivibile.

 

II – RELAZIONE PER IL CAMBIAMENTO
 Psicologia è fondamentalmente voglia e capacità di guardarsi per come si è, come in uno specchio, lo specchio della relazione interpersonale. Curare le relazioni, attivarle e svilupparle in maniera adeguata è base fondamentale di equilibrio in ragione del fatto che scorgendosi per come si è, si può scegliere di essere diversamente, di più o di meno, per quel che di buono che può  migliorare o per gli eccessi da ridimensionare.
Due diversi atteggiamenti con variegate sfumature possono caratterizzare il proprio modo di essere, di vivere e guardare la realtà: il ritenere se stessi ed ogni altro essere umano protagonisti di una propria personalità, carattere, destino, mondo, realtà particolare che implica, da un lato, un adeguarsi ad essa per le caratteristiche insite, ma che al contempo riserva un margine più o meno ampio di trasformazione e cambiamento; altro e diverso atteggiamento è invece quello di ritenere l’essere umano soggiacente ad un destino, un carattere dato a-priori e complessivamente non modificabile, presente in un mondo in cui le cose sempre, comunque  le decide qualcun altro – o se stessi per altri –, in una realtà nella quale occorre solo conformarsi. Sul terreno socio-politico potremmo dire che il primo atteggiamento è riferibile allo spirito della democrazia, mentre il secondo a quello dei fondamentalismi. A livello psicologico però il problema non è schematizzabile nello stesso modo; verrebbe da dire che il cammino per diventare interiormente democratici – e non solo come aderenza politica – è realmente ancora lungo, ciò perché democrazia è lo spirito di libertà interiore che trasfuso sul piano sociale e politico potrebbe garantire la giustizia, la libertà, la realizzazione di una società nazionale ed universale. Se così non è, e persino nei paesi d’ispirazione democratica vi sono angosciosi problemi di tenuta della democrazia, insieme a tanti altri di natura sociale e politica, ciò è indice del fatto che alle dichiarazione di intenti verso l’opzione della libertà e della democrazia è necessario poi che vi corrisponda un cammino ed una crescita di tutti, o perlomeno di tanti, verso traguardi di maggiore libertà interiore e realizzazione personale, con l’obiettivo che ciò comunque diventi patrimonio di tutti i cittadini di una comunità e di una nazione.
L’esile e quasi insignificante differenza che può esserci fra adattarsi, da un lato, o conformarsi, dall’altro,  alla realtà, lo possiamo cogliere ad un certo punto come determinante: possiamo ritenere che l’adattarsi ha un margine attivo richiesto al soggetto per riuscire a tanto; quel margine è via di salvezza estrema, e può includere varie possibilità attuative, ivi comprese  persino pratiche di contestazione o, per taluni casi, addirittura di  rivolta sociale. Il conformarsi è l’essere in una corazza e il diventare essa stessa, abito di cemento forgiato per l’individuo, come modo di vedere, sentire ed essere, ovvero anche, fare in modo che l’altro sia come lo si vorrebbe; ed è il subire se stessi o l’adottare l’atteggiamento del dominio sull’altro, sia anche proprio figlio o partner. Oberato dalle imposizioni, sopraggiunge la rinuncia a realizzarsi soggetto, si indossa la corazza, ci si presta a farsela calare addosso, e la si cala a propria volta addosso ad altri, si diventa conformi a essa:   ed è la morte dell’anima e dei sensi; da qui  la persona sarà se stessa e un’altra al contempo, ma non sa chi essere; il conforme è lo spaesato, perso a se stesso e al mondo, una vita sprecata per nutrire la fame di dominio di chi ha preferito divorare quest’essere per sentirsi di poter dominare qualcuno.

 

III-  DIVERSI  MONDI PER UNA IDENTITÀ
 L’identità di volto,  nome e carattere, per ciascun essere umano, include anche delle differenziazioni nelle modalità di essere,  pensare e  rappresentarsi, in se stessi e verso gli altri. Per cui quell’identità che  è  data alla nascita, è da intendersi anche come un traguardo da conquistarsi con l’intera propria vita.
Il riconoscimento delle diversità in Sé, per tendere alla realizzazione dell’identità, mediante un percorso di relazioni interpersonali soddisfacenti è il grande campo della ricerca e del lavoro psicologico. 
È nelle modalità di funzionamento della mente che possiamo scorgere  le due dimensioni essenziali lungo le quali si conglobano e dipartono le differenziazioni di Sé, e che sono:  la temporizzazione e la laterizzazione. Temporizzazione, sono le età del cervello umano, da quello limbico, preistorico,  fino alla parte evoluta, la corteccia. La laterizzazione è la funzionalità dei due emisferi: quello destro, dell’immaginazione e della fantasia, e quello sinistro, della razionalità e dell’ordine. Lungo il piano cartesiano,  l’intersezione fra le due dimensioni si determinano quattro aree dimensionali cerebrali:
AREA ARCAICA, dall’intersezione fra cervello limbico ed emisfero destro: 
AREA DEL PASSATO, dall’intersezione fra cervello limbico ed emisfero sinistro: 
AREA STORICA, dall’intersezione fra corteccia ed emisfero sinistro: 
AREA FUTURA, dall’intersezione fra corteccia ed emisfero destro.
Ciascuna delle quattro aree ha proprie precipue caratteristiche, che si ravvedono quali:
AREA ARCAICA: fossilizzazioni, ancestralità,
paure, violenza;
AREA DEL PASSATO: rigidità, sedentarietà,
conformismo;
AREA STORICA: razionalità, linguaggio verbale, logica, numerazione;
AREA FUTURA: creatività, innovazione e scoperte, fantasia, creatività, intuizione.

 

 

 

Le aree dimensionali cerebrali

 

In considerazione del prevalere di qualcuno degli atteggiamenti individuati come specifici per ciascuna delle quattro aree, è  possibile inquadrare come appartenente prevalentemente ad essa  il carattere di un soggetto.  Pur potendo solitamente prevalere uno o l’altro dei vari aspetti, e riconoscendo quindi il carattere in una delle date aree, è da dire che  le quattro dimensioni, in realtà, appartengono ad ogni soggetto, anche se una fra le altre può di solito prevalere. Tale coscienza di includere in sé le quattro dimensioni, con la consapevolezza di quale sia quella in cui in un dato momento ci si ritrova ad essere, per quello che si fa, per il tipo di idea che sopraggiunge, il comportamento che si adotta,  ciò determina l’attivazione della QUINTA DIMENSIONE, che chiamiamo COSMICA o PLANETARIA: questa è lo spazio della trascendenza, della preghiera, della poesia, dell’arte, della gioia e del coraggio, dell’amore profondo, dell’orgasmo e dell’agape ad un tempo.
Le aree  dimensionali cerebrali possono costituire, quindi, dei codici o paradigmi per leggere e comprendere il tipo di pensiero, gesto, azione che in una data situazione si determina e realizza. La stessa situazione o gesto si può connotare in maniera diversa in ragione del paradigma che si utilizza.  Una  semplice mela fra le mani, per capirci, la si può  sperimentare sotto più profili: quello della razionalità, mediante la valutazione del peso, dimensione, forma,  colore, caratteristiche energetico-nutritive, costo, provenienza, ecc.; ma contemporaneamente anche coglierla per aspetti  emozionali, quali il sapore e il gusto, e rievocativi: il ricordo di una mela un giorno, la mela in un proverbio, in un racconto ecc.. Quella mela farà senz’altro prevalente una  fra le possibili connotazioni che la riguardino al momento, ma questa non esclude la presenza delle altre, in angoli celati della mente, ma che non mancano di determinare degli effetti sul funzionamento mentale ed in definitiva anche sugli atteggiamenti e comportamenti del soggetto.
L’equilibrio della mente è il frutto anche della possibilità di rendersi conto di quale area dimensionale sia attiva in un certo momento o situazione per il flusso mentale che si determina e il comportamento conseguente. Cosa determini  l’attivazione prevalente di una certa area dimensionale dipende, per ciascuna circostanza, dalle caratteristiche intrinseche di personalità del soggetto e  dal rapporto che egli ha con il contesto ambientale. Quella mela, fra tante, al mercato generale della frutta non è considerata da nessuno, finché un bambino, passando furtivo, la prende e fugge via nascondendosela in petto, sedendosi  poco più in là su un gradino ad assaporarla… quando da un’immagine una storia prende forma!
IV – PAROLA/SEGNO CHE UNIFICA E DISTINGUE
I due contestuali atti di unire e separare, distinguere  e mettere insieme,  rendono possibile il contatto e la comprensione del reale.  Come il rigo di scrittura ha bisogno dello sfondo pulito per risultare comprensibile. Siamo a Kurt Lewin e alla teoria del campo, e siamo alla Gestalt, come il gesto che da forma a un movimento,  il gestire che da forma ad una situazione,   la  gestazione,  il dare forma ad una vita.
Il segno di un germoglio, la γ greca, iniziale di  γένος, nascita, è  radice di Gestalt, il dare e prendere forma.
Il linguaggio, come elaborazione ed attivazione  di elementi biochimici in dimensioni atomiche o sub atomiche  a livello cerebrale e neurovegetativo va colto a tutti gli effetti come  un’azione in grado di dare forma all’essere e ai rapporti.
A partire da ciò   va superato il dualismo  per il quale la parola  sarebbe  in antitesi al fare, proprio perché essa è anche il frutto della produzione di quegli elementi chimici altrettanto concreti. Le parole, al pari di  ogni azione e accadimento della vita,  nel loro generarsi, si connotano come gesti dinamici in grado di generare energia.
Sul terreno di ricerca della comunicazione umana si può cogliere il linguaggio nella sua capacità di determinare variazioni profonde nello stato di ciascun soggetto in interazione, per due elementi insiti in sé: per la sua connotazione semantica e per l’energia pneumodinamica che lo contraddistingue. Al valore del segno corrisponde l’energia pneumodinamica che è la sua intrinseca capacità di determinare possibili influenze sulla modalità  respiratoria, sullo stato emozionale, nonché sulla condizione complessiva del soggetto.  Pertanto:

 

le parole dicono <> le parole agiscono
le parole raccontano  <> le parole suscitano
Il loro valore semantico  <> la loro energia pneumo-dinamica
La scia riflessiva che ne scaturisce ci può aiutare ad incontrare in maniera più consapevole la parola che sboccia/ sbocca, cogliendola come fatto prodigioso che può determinare in maniera sostanziale il dato di realtà: siamo ciò che diciamo, che riusciamo a dire, che riusciamo ad ascoltare nell’intimo, per portare alla luce, generare, far nascere; o per converso ferire, danneggiare, uccidere.

 

Una certa modalità di comunicazione può favorire il benessere respiratorio, il suo tranquillo fluire; mentre un’altra modalità può invece  determinarne un affaticamento fino addirittura ad un suo possibile blocco.  “Il respiro mi respira”, nel Training Autogeno Respiratorio è l’espressione di una pienezza respiratoria in una situazione di tranquillità; mentre, solitamente, “sono rimasto senza respiro”, è quella riferita invece a situazioni che includono una certa difficoltà.
Da un punto di vista psicologico, le modalità comunicazionali sono strettamente connesse con il carattere del soggetto che le realizza. Al tempo stesso il tipo di comunicazione che si determina ha profonde influenze nel determinare aspetti del carattere dei soggetti che ne sono coinvolti. Un certo tipo di  comunicazione contribuisce a sviluppare ed arricchire il carattere e le relazioni, mentre un altro involge e disarticola.

 

V – INTEGRAZIONE DELL’ESPERIENZA INTEGRAZIONE DELL’ESSERE
Il corpo vivo ha integrità in sé; in morte ci si decompone e disgrega. Sviluppare l’integrazione è favorire quindi la vita e le relazioni.
Integrazione, a livello psicologico, è la possibilità/capacità di integrare le aree dimensionali della mente che hanno un riferimento diretto nell’esperienza. Il linguaggio verbale, al pari delle arti, può essere colto, nella sua essenza potenziale, quale elemento di integrazione prodigiosa fra le aree dimensionali della mente, sia sulla traiettoria di laterizzazione, fra fantasia e razionalità – fantasia per cogliere l’elemento discorsivo all’interno del mare magnum del dicibile, e razionalità, affinché quell’elemento  sia comprensivo nell’espressione -, che, anche, su quella della temporizzazione, che colga cioè l’aspetto della contestualizzazione, attinente cioè la relazione e il discorso, e dell’intima condivisibilità,  costituisca un riferimento per quanto intimamente si avverte.
La parola, quindi, nel mentre attiva le varietà delle aree dimensionali, favorisce in maniera prodigiosa l’integrazione della mente in se stessa e quindi il proprio equilibrio.
Difficoltà a stabilire contatti efficaci sul piano linguistico – sia ciò determinato da atteggiamento introversivo o come uso deformato del linguaggio in funzione dominante o soggiacente – limitano ed ostacolano notevolmente la possibilità di accrescere la coerenza mentale.
La parola, colta come linguaggio ed arte, favorisce la possibilità di divertire/divertirsi, che costituisce, in fondo, quel divergere, il passare dall’attivazione  di una all’altra delle aree dimensionali della mente.
Molto può giungere quindi a sviluppare la coerenza della mente, che è, di fatto, opportunità di salubrità per l’essere,  al pari di una guida che integri i saperi e le esperienze – teoria immaginativa ed esperienza misurabile – per guidare adeguatamente il soggetto e le comunità  lungo percorsi di benessere e di realizzazione.
Guida della mente, ben altro irretirla e assoggettarla. È la libertà che permette la possibilità di pervenire a guidare il flusso del pensiero, offrendo ad esso dei riferimenti costanti, da trarre dall’esperienza, dalla sensibilità e dagli obiettivi di vita di ciascuno. Ed è guidando la mente che si può giungere ad un sempre più elevato grado di libertà della mente, e quindi di possibilità, a sua volta, di far sì che i flussi mentali si potenzino, la capacità di divergere aumenti, che si attraversino con maggiore dimestichezza le aree dimensionali e si pervenga in tal modo a quella quinta, che è la fonte dell’essere profondo, da cui scaturisce il bene essere, il bene stare, e il fare bene. Infatti, come da
γένος  gestazione e nascita /  gesto e gestire / dare e prendere forma / gestalt;
anche da γένος   generosità, offerta di vita e di bene.