Diritto alla salute dei cittadini, autonomia ed integrazione della psicologia pubblica toscana

di Enrico Salvi
direttore U.O. Psicologia A.U.S.L. n.12 di Viareggio, Consigliere dell’Ordine degli Psicologi della Toscana
Atti del Convegno: “Psicologia, psicologi, aziende sanitarie, P.S.R. 96-98: quale psicologia per la Regione Toscana?”, Organizzato dall’Ordine degli psicologi della Toscana

1. Sfondo

Punto di partenza è la domanda: come può essere conosciuta, discussa, utilizzata, l’esperienza delle U.O. di Psicologia?
Molto spesso incontro stupore nei diversi interlocutori, connesso alla mancanza di conoscenza delle attività degli psicologi, sia per quanto attiene a pratiche, sia valori.
Nonostante la nuova cultura sanitaria “bio-psico-sociale” e l’avvio dell’aziendalizzazione, l’assenza di una consolidata tradizione di pubblica amministrazione in sanità fa emergere prevalentemente particolarismi professionali ed individualismo rispetto alla pratica clinica. I rapporti tra risorse-attività-risultati, in termini di efficienza ed efficaca, la definizione di indicatori per la valutazione delle prestazioni risentono dell’approccio “riparativo”.
In tale contesto gli spazi della dimensione -psico- del modello proposto dall’O.M.S. sono ridimensionati dalle chiusure culturali degli apparati amministrativi regionali.
A fronte dell’aumento dell’incidenza di forme patologiche legate a stili di vita ed alla nuova complessità della domanda che ricerca servizi personalizzati e di qualità, diventa così difficile intervenire parallelamente sulla domanda e sull’offerta.
Il diritto alla salute non è di carta; l’attenzione all’aspetto psico-relazionale (comunicazione, attenzione, cortesia, informazione, rispetto della privacy) nel rapporto con il paziente connota l’accesso: in regime aziendalistico le persone possono scegliere i servizi cui affidarsi. Questi, a loro volta usciti dal monopolio, devono definire scale di priorità, obiettivi verificabili, strategie. Conflitti, alleanze, nuove prospettive e realizzazioni, fanno già parte del presente e di un futuro prossimo in cui saremo valutati nella rispondenza all’incremento del benessere dei concittadini.

2. Professionalità psicologica

Il tema dei valori e disvalori, la serietà e l’impegno, la credibilità e l’affidabilità, diventano questioni sempre più rilevanti. Lo spazio della “psicologia pubblica” si gioca sul tema della “qualità percepita” da parte dei cittadini, sulla possibilità di una “cura” multidimensionale (non solo farmacologica), sulla promozione della salute.
Nei rapporti tra malattia-dolore-sofferenza-benessere-sicurezza, al di là del paradigma della “guarigione”, cruciali divengono gli stili di vita nella comunità.
E’ nell’ambito di una cura “umana”, basata sul principio etico di autonomia, che la stessa psicoterapia può divenire una risorsa.
Le presenze di psicologi in sedi istituzionali (Consiglio dei sanitari, Direzione aziendale, etc.) rappresenta una opportunità per mettere a disposizione patrimoni di conoscenza e di intervento.
La strada intrapresa di responsabilizzazione specialistica e gestionale delle Unità operative di Psicologia, arricchisce le passate esperienze centrate solo su ruoli di consulente o formatore. Le politiche di “Sviluppo umano” proposte dall’O.N.U., per l’incremento delle possibilità di convivenza, implicano che le politiche sociosanitarie stesse considerino risorse umane da valorizzare sia quelle dei cittadini sia quelle dei professionisti, sia le organizzazioni che le comunità locali.
Appartengono al passato, in termini epistemologici, le scissioni tra razionalità/cognizione/volizione/pensiero-emozioni/affettività/sentimento/aspetti psicodinamici -corpo-azioni/interazioni/scambi. Oltre il mito della razionalità, il mondo delle istituzioni e degli affetti richiede nuove considerazioni.
In una tale prospettiva l’attività clinica delle U.O. di Psicologia, a partire dalle prestazioni monoprofessionali si articola in corresponsabilizzazioni interprofessionali, si inscrive nella promozione della salute, contribuisce alla formazione psicologica, ed attraverso la consulenza psicologica collabora con la complessiva organizzazione del lavoro sanitario nell’Azienda U.S.L..
Analoghe attenzioni dedichiamo come psicologi agli Enti locali, al volontariato ed al privato sociale.
In questo scenario, riduttivo è il ritorno al passato psichiatrico, come sembra volere la Regione Toscana, privilegiando esclusivamente la nostra operatività nell’ambito del D.S.M..
Le competenze delle U.O. di Psicologia si estendono oltre la psicologia clinica e di comunità, attraversano la psicologia della salute, arricchiscono la cultura gestionale-organizzativa.
Particolare attenzione necessitano i “livelli di assistenza in termini di prestazioni da erogare” per quanto attiene la specificità degli Psicologi ed il contributo alla realizzazione dei Progetti-obiettivo regionali:
– il recupero, la riabilitazione ed il reinserimento sociale dei disabili;
– la tutela della salute mentale;
– la prevenzione delle dipendenze e l’assistenza a persone tossicodipendenti o dipendenti da alcool;
– la tutela materno-infantile,
– la tutela della salute degli anziani.
I progetti obiettivo della Regione Toscana presentano una disparità di strumenti organizzativi, ed una penalizzazione delle attività “materno-infantili” e rivolte ai disabili, cui storicamente abbiamo contribuito.
Per quanto attiene alla “Organizzazione” l’esperienza delle UU.OO. di Psicologia della Regione si è caratterizzata per la sperimentazione della struttura organizzativa “a matrice” che ha favorito sia l’autonomia e l’unitarietà dell’attività degli psicologi, sia la valorizzazione della specificità dei contributi nell’integrazione organizzativa nei singoli ambiti dei Progetti-obiettivo. In tale contesto gli psicologi hanno potuto accedere alla responsabilità sia dei Dipartimenti Salute Mentale, sia dei Sert, sia dei G.O.I.F. per l’handicap.
Il “mantenimento dei livelli raggiunti” dalla Psicologia in Toscana, in merito agli “strumenti operativi per il conseguimento degli obiettivi previsti”, nella situazione attuale implica il tener conto della disciplina introdotta dalla L.R.T. 1/95, di organizzazione delle U.S.L., che sorregge l’impostazione del P.S.R. 96-98.
La direzione dell’U.O. di Psicologia comporta particolari attenzioni ai rapporti tra “strutture organizzative”, “meccanismi operativi”, “comportamenti”.
Le innovazioni, quali la struttura a “matrice” con la connessa doppia dipendenza degli psicologi (di tipo tecnico-professionale dall’U.O. di Psicologia e di tipo progettuale-organizzativo anche dai responsabili di altre strutture organizzative) richiedono la valorizzazione della dimensione di ricerca, capacità di argomentazione e di presa di posizione culturale-professionale, sintesi interne ed esterne, politiche di alleanze su obiettivi.
Non sono più sufficienti logiche centrate sulle singole prestazioni psicologiche per individui nè tantomeno per le altre strutture organizzative, siano esse Unità operative, dipartimenti o gruppi di lavoro interdisciplinari.
Da un punto di vista funzionale, al fine di raggiungere gli obiettivi organizzativi (pianificazione-organizzazione-monitoraggio) poniamo attenzione ai problemi ed alle domande dell’utenza e del contesto. Ciò richiede una specifica logica di tipo inventivo-ermeneutica, per progettare interventi e strutturare settings funzionali agli obiettivi negoziati, finalizzati ad una concezione di benessere “situato”, per la promozione dello “sviluppo umano”, a partire dal tema centrale della qualità della convivenza.
Una tale impostazione richiede una complementarietà fra ricerca e applicazione in ambiti quali la psicofisiologia, i processi cognitivi, emotivi e motivazionali, la psicologia dello sviluppo e dei processi sociali, etc.. La coscienza di quello che facciamo si può estrinsecare anche attraverso “narrazioni”, “dati di attività”, “resoconti”, come modalità particolari per la restituzione delle informazioni.
Nei servizi pubblici, ove viga la logica del “terzo pagante”, la contestualizzazione dell’azione professionale è legata alla complessità del rapporto committente-utente-tecnico, in quanto organizzazione e tecnica sono in stretta interdipendenza; ciò richiede tempo per pensare/ricercare, per poter connettere bisogni individuali, simbolizzazioni affettive, dimensione psicodinamica e psicoambientale.

3. Conclusioni

In un tale quadro di riferimento diventano possibili proposte realizzabili su temi scottanti per la sanità pubblica in Toscana (questioni bioetiche, tutela minorile aspetti legali e mediazione familiare, “malati terminali”, anziani e non autosufficienti, neuropsicologia, disturbi alimentari, disabilità di apprendimento in età scolare, abuso di sostanze e medicalizzazione dell’adolescenza, etc.).
Le Unità operative di Psicologia toscane hanno rappresentato il primo centro autonomo italiano di pratica clinica e di ricerche psicologiche nei servizi pubblici; a fronte della frammentarietà e molteplicità di voci hanno consentito la coesistenza di differenti prospettive, con proprie metodologie ed aree privilegiate di indagine, per descrivere ed interpretare il mondo psichico. Il dialogo scaturito non è stato puramente formale, laddove è riuscito a limitare il rischio di incidere solo marginalmente sui presupposti teorici che ogni psicologo adotta nella propria pratica.
La prospettiva del Dipartimento di Psicologia rappresenta lo strumento indispensabile per consolidare il contributo autonomo ed integrato degli psicologi al diritto alla salute dei cittadini, e per realizzare concretamente le acquisizioni dei Progetti obiettivo e delle Azioni programmate della Regione Toscana, delle Aziende sanitarie e degli Enti locali.

NOTE

1.

Ricordo le Proposte relative al “Piano Sanitario Regionale 1996-1998” che abbiamo inviato alla Regione Toscana come Ordine degli Psicologi della Toscana.
“…La proposta che presentiamo prevede una articolazione organizzativa della presenza degli psicologi nei singoli Progetti-obiettivo attraverso la costituzione di specifiche “strutture organizzative professionali”: “Unità Operative” laddove lo richiedono il volume di attività storicamente svolta e la possibilità di competere per la direzione della “struttura organizzativa funzionale” Dipartimento salute mentale, dipendenze, così come per l’handicap;
“Sezioni” per gli altri Progetti-obiettivo, laddove la funzione può essere opportunamente “derivata”. Una ulteriore “sezione” va prevista per il complesso delle attività che si estrinseca come “funzione operativa comune” nell’ambito del Dipartimento Ospedaliero.
… Per ogni azienda ospedaliera chiediamo la presenza di una U.O di Psicologia…
In termini di costi, questa proposta che scaturisce da un diverso criterio per la costituzione delle Unità operative di Psicologia ha una incidenza equivalente a quella prospettata dalla Giunta Regionale con soglia operativa di 50.000 abitanti nella zona, e per la sola Salute Mentale.
Infine, come strumento per “conseguire un livello direzionale adeguato e una forte integrazione delle varie modalità operative” l’Ordine degli Psicologi ha già in passato richiesto il Dipartimento di Psicologia. Solo con questa struttura organizzativa diviene possibile proseguire il percorso iniziato dalla Regione Toscana con le UU.OO. di Psicologia e che tanto consenso ha riscosso nella comunità scientifica degli Psicologi italiani, facendo della Toscana un indiscusso ed “invidiato” punto di eccellenza nello sviluppo professionale della “Psicologia pubblica”. Con la strutturazione dipartimentale, usando nuovamente la struttura organizzativa “a matrice”, si ottengono i seguenti vantaggi: a) flessibilità nella gestione integrata intersettoriale delle risorse umane e tecnologiche; costante coordinamento tecnico-scientifico, formazione, ricerca, didattica; b) possibilità di coadiuvare, con le proprie competenze di psicologia dell’organizzazione, al livello degli staff della direzione aziendale e sanitaria, le attività di pianificazione strategica e di valutazione delle attività, per migliorare i livelli qualitativi, quantitativi ed economici del sistema; c) differenziare l’offerta verso prestazioni psicologiche più immediatamente fruibili attraverso l’accesso diretto dei cittadini, non più sottoposti ad impropri e sempre più complessi percorsi che garantiscano continuità ed unitarietà degli interventi psicologici. …”

2.

Questo è l’ultimo intervento effettuato in qualità di Consigliere dell’Ordine degli Psicologi della Toscana.
L’esperienza accumulata in materia mi ha portato a riflettere su tematiche quali l'”autorità e il potere” dell’Ordine, il suo ruolo di interfaccia tra mondo professionale e comunità toscana, a partire dalle aspettative da chiarire continuamente, per lo sviluppo della professione.
Il profilo dello psicologo dell’area sanitaria si deve articolare con quello di altre aree quali quella dell’educazione, del lavoro, legale, etc..
Il ruolo dell’Ordine di indirizzo culturale, finalizzato alle garanzie deontologiche, si dovrà confrontare anche con gli aspetti di VRQ, verifica e revisione della qualità delle prestazioni psicologiche.
La gestione e l’organizzazione della quotidianeità, in termini di amministrazione, è stata rilevante.
I rapporti con Istituzioni, sindacati, associazioni, rappresentano ambiti di lavoro da ampliare.
L’Ordine è un possibile spazio di riflessione, di incontro su metodologie unificanti, è una occasione di dialogo tra le culture psicologiche, tra le operatività nel pubblico e nel privato.
L’elaborazione della proposta di Dipartimento di Psicologia ha incontrato scetticismo. Sono convinto che dobbiamo sempre più guardare in prospettiva, al di là di interessi contingenti e locali.
La precedente frammentazione e dispersione degli psicologi ci costringeva all'”indifferenziazione” professionale in cui tutti facevano tutto, si è fatta strada una nostra “differenziazione” isolata di tipo libero-professionale pur nei pubblici servizi, obiettivo da consolidare è che il processo di “individuazione” si realizzi con modalità di intervento autonome e connesse alle altre professionalità.
In un bilancio emergono sempre luci e ombre, questo Consiglio ha avuto vita difficile, la sua stessa storia va affrontata come esperienza da cui imparare, segnata dalla fase pionieristica di istituzione nascente, da necessità di organizzazione peculiari, dalle scadenze dell’art. 35 per il riconoscimento dell’attività psicoterapeutica, da consiglieri non svincolati dalla provenienza sindacale, da leader sensibili alla personalizzazione dei conflitti, da questioni di legalità e funzionalità, dall’attenzione ai rapporti tra i consiglieri non disgiungibile dai compiti e dagli scopi per cui siamo stati eletti, dall’organizzazione del lavoro da inventare, da programmi e obiettivi da definire, da tempi da rispettare, da necessità di “sinergie”, etc..
L’augurio al prossimo Consiglio è che faccia tesoro dell’esperienza. Buon lavoro!