Piccoli sogni simili: 1. Introduzione a una ricerca

Piccoli sogni simili

1. Introduzione a una ricerca

di Adriano Alloisio

Una serie di puntate lungo alcuni meandri del sognare, una ricerca nella quale vorrei coinvolgere gli ormai rari ascoltatori di sogni, e in particolare quei pochissimi che hanno maturato via via dei dubbi su certi atteggiamenti automatici dell’interpretare, sedimentatisi in più di un secolo di colloqui psicoanalitici. Per altro anche Jung ammetteva che riguardo al sogno non tutto fosse chiarito, e che non sarebbe bastata una vita per poter venire a capo di tutti i suoi misteri.

Non si troveranno però in questo spazio interpretazioni, specie se per interpretazione si intendono predicati del tipo  “Questo sogno dice chiaramente che…”,  ma mi limiterò ad additare una particolare zona d’ombra e alcune tracce per attraversarla, nonchè gli interrogativi irrisolti che suscita. Una ricerca, appunto.

E’ esperienza comune di noi ascoltatori di sogni, con un orecchio alla voce e alla personalità individuale del sognatore e con l’altro alla memoria delle decine di migliaia uditi e trascritti, che  ci sembri a volte di aver già ascoltato di certe situazioni o certe trame, un personaggio che muore per poi risollevarsi dalla bara, un gabinetto che non si trova, una macchina che viene rubata, una scarpa persa, un ascensore che precipita… sogni o frammenti che si ripetono molto simili in sognatori diversi…

Ma sì, certo, anche in quei casi sollecitiamo associazioni, chiamiamo in aiuto quadri interpretativi di scuola, prendiamo spunto dalla particolare situazione del sognatore e della nostra relazione con lui, e qualcosa di ragionevole riusciamo sempre a imbastire: ma non ci viene qualche dubbio quando quel certo sogno ci sembra di averlo sentito altre volte da altri sognatori? In questi casi il valore dei riferimenti individuali impallidisce, e quelli generalmente adottati sono spesso di una banalità sconcertante. Quando, alcuni decenni fa, ai miei esordi come analista, mi trovai di fronte a sogni molto simili tra di loro, fin per certi dettagli, e provenienti da sognatori diversi, di personalità e storia molto differenti, ne fui spiazzato.

Il problema non è tanto dato dalle somiglianze, l’esistenza delle quali – se ne erano già accorti Artemidoro e la saggezza popolare – ha sempre guidato l’interpretare i sogni pur nella loro inesauribile diversità; ma dall’interrogativo: da quale terreno psichico, comune a tanti sognatori che nulla sembrano avere di comune tra di loro (neppure l’analista), nasce un sogno come quello in cui. ad esempio, si perde una scarpa o ci si ferisce un piede, o si resta intrappolati in un ascensore impazzito?

Sempre che, ad esempio nei primi due casi, non ci si voglia accontentare di semplicistiche metafore del tipo: ‘si sta incontrando un ostacolo e il cammino viene rallentato’, buone in ogni evenienza, o di rinvii più psicoanalitici del tipo “si sta facendo riferimento al complesso di castrazione”. Vedremo più avanti come un terreno comune potrebbe essere quello mitologico, dove però questo tema (che in realtà è più complesso di come l’ho presentato e che prende il nome di ‘monosandalismo’) non trova posto, che io sappia, tra gli archetipi classici.

L’individuazione di classi di immagini, i cosiddetti ‘simboli’, alle quali far corrispondere dei significati di base è stato il binario seguito da ogni teoria interpretativa, nonchè uno dei principali incipit della storia della psicoanalisi – vedi gli oggetti lunghi e appuntiti come significanti del fallo, in Freud – dove l’esistenza di una classe viene determinata sia da un interesse a priori per quel tipo di significati, sia – una volta fatte le debite astrazioni – dall’effettivo ricorrere con una certa frequenza  di quelle immagini nei sogni.

Ma più che di un’immagine, nel caso della mancanza di una scarpa ci troviamo di fronte a una trama: la scarpa viene persa (vedi Cenerentola),  cercata, a volte inutilmente, a volte sostituita con una di tipo diverso, e quindi spaiata.

La tradizione interpretativa ha registrato il ripetersi non solo di certe classi di immagini, ma anche di trame, che per Freud diventano i ‘sogni tipici’  (vedi ad esempio il sogno di cadere, di essere nudi in mezzo alla gente, di dover dare di nuovo un esame già superato, di perdere i denti..), per i quali – egli afferma – non avrebbe senso parlare di processi di rimozione. Il significato di queste trame non può, sempre per Freud, essere svelato dalle associazioni del sognatore, ma può esser rintracciato nelle radici della cultura e del linguaggio, in mitologemi, nonchè in esperienze infantili a tutti comuni, specie se coinvolgenti il corpo; i sogni di nudità, ad esempio, rinvierebbero alla prima infanzia, quando il bambino amava esibirsi davanti ai genitori, o il sogno di volare a quando i genitori giocavano in tal modo con lui.

Scrive Freud: “Anche il riferimento alle esperienze infantili mi sembra risultare chiaramente dall’analisi di psiconevrotici. Non sono però nelle condizioni di indicare quali altri significati – forse diversi per ogni persona, nonostante l’apparenza tipica di questi sogni – possano essere legati nel corso della vita al ricordo di queste sensazioni e vorrei arrivare a colmare questa lacuna con un’accurata analisi di esempi validi. A chi si meravigliasse che lamento della mancanza di materiale, nonostante la frequenza per l’appunto dei sogni di volare, cadere, strappare i denti e così via, debbo spiegare che non ho fatto esperienza su me stesso di tali sogni, da quando ho rivolto la mia attenzione al tema dell’interpretazione dei sogni. I sogni dei nevrotici che sono di solito a mia disposizione non sono però tutti interpretabili  (la sottolineatura è mia), e spesso non sino al fondo della loro mira recondita.” (Op 3, 253)

Che poi, nel corso degli anni, alcuni dei sogni ‘non interpretabili’ siano andati a ingrossare le file di quelli interpretati, ha poca importanza nel momento in cui voglio sottolineare che Freud ammetteva l’esistenza di una lacuna nel suo impianto interpretativo, qualcosa che non poteva essere riportato al rimosso, e che a suo avviso riguardava l’esperienza infantile legata al proprio corpo.

Pure in Jung troviamo sogni tipici, anche se non li chiama così, dove ora la fonte delle immagini è l’archetipo. Ma non tutte le trame ripetitive che incontriamo sono riconducibili agli archetipi ormai classici che Jung ha individuato, i quali inoltre producono, più che trame, immagini dalle multiformi valenze e coniugabilità.

Sembra dunque esserci un buco, una zona cieca, dove stanno sacche di ‘non interpretabilità’, almeno a oggi, e che non hanno a che vedere neppure con una junghiana indicibilità del simbolo; sembrano anzi stare in un universo pre-simbolico, non si prestano al lavoro associativo anche per via della loro generale diffusione al di là dei contesti e delle storie individuali, sacche delle quali pertanto resta oscura la mira recondita.

La situazione mi apparve densa di interrogativi fin dai primi mesi, in quanto mi sentii presto assediato da ‘motivi tipici’, ben più numerosi di quelli proposti dalla letteratura; i quali, situazione molto imbarazzante, trovavano interpretazioni del tutto diverse da scuola a scuola. E neppure mi riusciva di far derivare da archetipi tutte le trame ripetitive che incontravo, da quando una macchina si trasforma in bicicletta, a quando in bagno non riusciamo a sottrarci allo sguardo della gente; o dove il sangue mestruale invade l’ambiente, o lo stesso sangue si accompagna a una gravidanza, o gli ascensori restano incerti tra il precipitare e lo sforare sul tetto, solo per fare qualche altro esempio (ma si potrebbe continuare a lungo:  le inspiegabili code d’attesa agli sportelli , gli eventi naturali come le ondate che si abbattono sul litorale nel generale fuggi fuggi, il ricorso a gabinetti alla turca da parte delle sognatrici, i parti gemellari….etc etc.)

Mi venne il dubbio che fossero situazioni oniriche ricorrenti per me ma non per i colleghi: tuttavia constatai che se le segnalavo ai colleghi, anch’essi finivano per accorgersene, solo che ciascuno di loro tendeva a rilevare maggiormente i temi e le immagini ai quali riteneva di poter dare un’interpretazione, piuttosto che quelli che sembrano inspiegabili, specie se apparivano banali, finendo così per ignorare questi ultimi o per dimenticarli. Gli interpreti, soprattutto se non avvertiti al riguardo, possono non accorgersi di queste trame ripetitive, e spesso infatti esse passano inosservate come ovvie riprese di accadimenti della vita quotidiana: se l’amico abita all’ultimo piano appare ovvio, già a partire dal tono del racconto, che si prenda l’ascensore; oppure vengono accolte come elementi casuali, sterili, disturbanti rispetto alla linearità di un’interpretazione, e in essa di conseguenza incastrati in qualche modo, se non ignorati a favore delle immagini più simboliche e parlanti.

Accade che i sogni siano costellati anche da molte altre trame ripetitive, si pensi solo a tutte quelle che girano attorno alle relazioni affettive, con i famigliari, con i partners, etc, ma da un lato esse si prestano maggiormente a essere lette alla luce di circostanze individuali, e poi in merito le psicologie del profondo hanno detto molto, nè intendo sovrappormi o contestare le teorie interpretative che sono state avanzate.

Se ripenso a quali motivi tipici mi si sono imposti all’osservazione, ritrovo sopratutto gli accadimenti dove il corpo è il principale protagonista, anche in relazione a quelle sue estensioni che sembrano appartenere a un altrove, contrapponendoglisi, come gli elementi naturali, le case, i veicoli, gli oggetti materiali.

Una volta definiti, sia pure ancora nebulosamente, gli oggetti della ricerca, parenti dei motivi tipici freudiani e dei motivi archetipici junghiani, mi riferirò ad essi con il nome di onirèmi.

Gli oniremi non sono dunque categorie di immagini, bensì di processi, dove le immagini si dispongono in trame, che solo occasionalmente si cristallizzano in immagini statiche: sognare una persona zoppa è un caso particolare dei sogni in cui viene rappresentata l’origine della zoppia e gli accadimenti che incontra; stare in un ascensore non è un onirema, mentre lo è l’insieme dei suoi movimenti e delle sue vicende, che sono tipiche; etc.

Gli oniremi possono  presentarsi:

– isolatamente, in brevi sogni dei quali occupano buona parte della trama (vedi nella prossima puntata gli esempi di monosandalismo). Sono questi i casi in cui l’onirema si presenta meglio all’osservazione e può essere definito come tale.

– come tracce isolate in sogni più lunghi e complessi

– in sogni in cui si trovano  aggregati  oniremi diversi (ad esempio troviamo spesso una caduta associata a una gravidanza, ambedue oniremi che più frequentemente si trovano singolarmente).

E’ il terzo il caso il più interessante: oniremi diversi tendono a raggrupparsi in uno stesso sogno, quasi a comporre una trama più complessa, in sè non così frequente come i suoi elementi componenti presi individualmente, ma neppure unica. In tal modo gli oniremi, proprio in quanto passibili di aggregazioni e di reciproci link, si impongono con un primo particolare interesse. Rimando agli esempi che mostrerò nel seguito il compito di illustrare il senso di questa affermazione, che è il filo rosso di questa ricerca. Basti dire al momento che queste aggregazioni consentono di fare delle congetture (solo delle congetture) sull’esistenza di processi inconsci, non simbolici, e non necessariamente destinati alla coscienza, costituenti una sorta di metabolismo psichico, che emergerebbero, frammentariamente o integralmente, nell’alambicco onirico. Tutto questo, forse non è superfluo ripeterlo, vale per un insieme molto limitato (ai ‘temi tipici’, appunto) del materiale onirico che viene prodotto. Nessuna ricerca, quindi, di nuove teorie sul sogno, ma l’isolamento di un limitato insieme di fenomeni – gli oniremi – per i quali, e solo per loro, le teorie sul sogno non sembrano essere sufficienti, pur non venendo contraddette, ma se mai associabili ad auspicabili ampliamenti di prospettiva.

(continua nelle puntate successive)

18 Risposte a “Piccoli sogni simili: 1. Introduzione a una ricerca”

  1. […] Introduzione a una ricerca;  2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico; 3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni […]

  2. […] Introduzione a una ricerca;  2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico; 3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni;   7-  Il bambino è servito in tavola; […]

  3. […] Introduzione a una ricerca;  2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico; 3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni;   7-  Il bambino è servito in tavola; 8. Dalla parte dell’occhio; […]

  4. […] Introduzione a una ricerca;  2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico; 3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni;   7-  Il bambino è servito in tavola; 8. Dalla parte dell’occhio; Venivo aggredita da due uomini; […]

  5. […] Introduzione a una ricerca;  2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico; 3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni;   7-  Il bambino è servito in tavola; 8. Dalla parte dell’occhio; 9 – Venivo aggredita da due uomini; La testa di Orfeo  […]

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