6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni

 

Riprendo da un sogno già citato:

 

teq adr0341 Un grande camino acceso. Delle mani vi appoggiano sopra una culla di legno scuro. La vedo come se – a partire dal centro – si stesse incendiando. Il mio sguardo va verso sinistra, in basso, e vedo un passaggio nel muro, un tunnel …

 

Culla e fuoco, dunque; ancora più espliciti nei seguenti:

 

xxx adr0138 Siamo io e mia figlia., con la sensazione di essere inseguite. Io sono diretta in un posto che so che ci separerà, cioè è un posto dove si viene cremati, ma l’affronto con voglia. Lascio mia figlia in una stanza raccomandandole di mettere sul letto un piatto con dentro della cenere e lei nascosta sotto il letto per far perdere le tracce ai due uomini che ci inseguono. Poi mi ritrovo con l’angoscia di dover affrontare il forno, che è una culla. Ho in braccio il corpo lungo e nudo di mia figlia. e dovrei depositarlo in questa culla di metallo, ma mi viene l’angoscia, la paura e il grosso senso di vuoto e il non senso dell’azione. L’infermiera sollecita e S. guarda come un agnellino. Mi sembra di aver deciso per la fuga.

 

las adr 0133 Sono la madre di quattro bambine. Arriva lentamente ma inesorabile un “quadrato di fuoco”, con una lancia nel mezzo. Questo distruggerebbe tutti se io non sacrificassi la bambina più piccola, che ancora non cammina, e che forse è la causa di tutto questo. Me ne vado, chiudo la porta, e lascio la bambina sul letto. Ho un grande dolore, e ne parlo con mio marito. Egli dice che avrebbe pensato lui a pulire la stanza, e questo me lo fa apparire un mostro. Ma mi fa capire che tutto è frutto della mia immaginazione, come se fossi pazza, ma io so che non è vero. Mi immagino la bambina carbonizzata e senza occhi.

 

L’ipotesi di Garma mi rimanda a due miti, di origine molto diversa e tanto più sorprendenti per una singolare somiglianza: il mito greco del ratto di Proserpina, e quello egizio di Osiride (ma radici culturali comuni non possono escludersi). In ambedue c’è una dea, rispettivamente Demetra e Iside, che va alla ricerca di un oggetto d’amore, la figlia Proserpina rapita dallo zio Ade nel primo caso, e il corpo dello sposo Osiride, assassinato dall’invidioso fratello Seth, per usurpargli il regno, nel secondo. Ambedue le dee, nel loro vagabondare disperato sulla Terra, travestite da mendicanti, vengono ospitate nel palazzo di una coppia regale, e in ambedue i casi vengono addette all’educazione del figlioletto della coppia. Al quale nottetempo esse dedicano cure particolari, rosolandolo su di un braciere ardente, per renderlo immortale. Operazione che viene interrotta quando i genitori – sempre in ambedue i casi – le colgono sul fatto. Le intraprendenti governanti stanno per venir licenziate seduta stante, quando esse, piuttosto arrabbiate per il loro progetto incompiuto, rivelano la loro natura divina.

Già Frazer aveva colto l’identità di questa parte dei due miti, ricollegandola ad usanze in occasione di una nascita, diffuse in tutto il mondo.[1]

Sottolineo che in ambedue i miti il contesto è il tentativo di recuperare alla luce qualcuno che si trova nel mondo degli Inferi, tentativo che in entrambi i casi riesce a metà (Proserpina ritornerà dalla madre solo per una parte dell’anno, l’attività di Osiride resterà confinata nel mondo dei morti, sia pure volta a fornire energia al mondo della natura), così come incompiuta riesce l’impresa di rendere immortale il bambino. Frazer limita la funzione di quel rito all’allontanamento delle influenze nefaste, mentre gli scopi dichiarati nell’Inno omerico dedicato a Demetra sono molto più ambiziosi, quelli di liberare il bambino dal bisogno di cibo e bevanda, e di renderlo immortale come un dio. Ricordo che il fallimento dell’operazione di rendere invulnerabile (e quindi immortale) il bambino colpisce anche Achille, per via della sua incompleta immersione nello Stige.

Fluttuante, non sempre ben definito è il confine tra gli dei e gli uomini, tra la mortalità e l’immortalità, che presuppone – questa seconda – un versante soprannaturale della natura umana. Ritornerò nel seguito su questa domanda cruciale, osservando come nel mito e negli oniremi essa si sviluppi attraverso categorie alimentari (Tantalo si chiedeva: gli dei sanno distinguere le carni umane, non commestibili, da quelle animali? In altre parole: in cosa differisce la mia carne da quella dell’animale? e se c’è differenza, cosa ho io di speciale?).

E’ possibile che il fuoco cui il bambino viene sottoposto vada apparentato alla nascita della percezione di un certo livello di coscienza, che – avvertendosi una discriminante tra l’uomo e l’animale – ha probabilmente suggerito l’idea di una natura non-animale e quindi ‘altra’ dell’uomo, e potenzialmente immortale. A questo proposito distinguerei tra la capacità di rinascere, attribuita dagli antichi cacciatori agli animali uccisi in operazioni di caccia, dalla percezione di una componente soprannaturale della natura umana, proiettata sugli dei.

Non sappiamo se il fuoco che mette l’uomo sulla strada mai compiuta dell’immortalità, e nel quale si forgiano le fondamentali contraddizioni della natura umana, sia una metafora prodotta dall’inconscio, che riscrive in tal modo la storia dell’evoluzione verso la coscienza, o anche corrisponda davvero a un qualche decisivo evento neuropsichico, una sorta di big bang che ci ha differenziato dagli animali e di cui resterebbe una traccia nel nostro cervello.

Salvo che per pochi mitici fortunati personaggi, il costo di una compiuta immortalità sembra essere stata la messa in questione della corporeità, almeno in un orizzonte immediato. E  però alla fine il sacrificio da consumare è ancora lì, come un compito di deificazione che continua a riproporsi, o da rinnovare, percepito in contrapposizione a una materialità alla quale non si può rinunciare.

Anche ammessa una congettura di questo tipo, restiamo per ora con l’interrogativo del perchè l’onirema rievocherebbe l’evento, o lo renderebbe nuovamente attuale. Ha forse a che fare con l’emergere. o anche con la manutenzione, di un ulteriore livello di percezione della coscienza? Espressione, questa, da prendere con le molle, che vuole dire tutto e nulla. In quanti e quali modi può essere percepita una coscienza? E’ un tema delicato, che dovrebbe essere anzitutto introdotto da alcune centinaia di pagine, ovviamente scritte da qualcuno che ne sapesse molto più di me  (ad esempio da Antonio Damasio: Il Sè viene alla Mente – Adelphi): gli oniremi ci trascinano giù, a perderci verso mappe primarie, al confine con le neuroscienze, risucchio dal quale devo difendermi, per non smarrirmi subito lontano dal mondo delle immagini; con il rischio che, all’opposto, riferimenti ‘alti’, facciano prendere il volo per il simbolico, che invece non abita ancora in queste regioni. Non sembra esserci via di scampo, se non quella di attenersi il più possibile alle immagini del sogno (e qualche volta del mito), e alle loro reciproche somiglianze.

In ogni caso – che questo bambino scottato alla fiamma nasca da una fantasia o da un evento della nostra evoluzione individuale o antropologica – si tratta di una scena angosciosa che l’Io del sogno tenta di rimuovere, in quanto in essa sembra giocarsi la sopravvivenza della corporeità, vedi il piatto con la cenere posto sul letto per depistare gli inseguitori, come a dire: la bambina sembra che sia stata bruciata, ma è nascosta sotto al letto e quel piatto è solo uno stratagemma. Ma anche: se la bambina è bruciata, e la cenere lo testimonia, essa è pure viva (di nuovo uno ‘stato di sovrapposizione’): una duplicità che ritroviamo nel mito, dove – se il bambino, secondo alcune versioni, è stato lasciato bruciare da Demetra, adirata contro la madre – il fratello Trittolemo sarebbe stato invece colmato di doni, una sorta di demiurgo che avrebbe insegnato agli uomini la coltivazione del grano.

 

Apprendiamo, dal sogno di Las, che causa di tutto è una ‘bambina che non cammina’, e che va sacrificata sul fuoco. Tornerò presto sul tema del ‘non camminare’, ma prima devo presentare qualche altro sogno. [2]

xxx adr0052 Mi trovo in una casetta di montagna e fuori c’è la neve. Sono a tavola con mia madre e una mia amica, quando mi accorgo di essere incinta. Ho una visione in trasparenza del feto che mi sorride. Guardo la mamma e vedo che è fuori di sè, imbarazzata e agitata e, improvvisamente, sento che devo partorire. E’ un parto precipitoso e irregolare: il bambino mi esce fuori dall’ombelico, come se fosse un baco da seta e contemporaneamente annerisce,brucia. Disperata, mi volgo verso mia madre per chiedere aiuto, ma lei non ha parole se non per rinfacciarmi che è tutta colpa delle sigarette che io non avrei dovuto fumare. Sono presa dal panico e alla fine mi devo rassegnare che il bambino è morto. Sono molto addolorata.

xxx adr0054 Mi trovo in un sotterraneo (…).. Quando mi dirigo verso l’uscita scopro che l’unica uscita di questo sotterraneo consiste in un tunnel verticale di mattoni rossi, come una ciminiera, all’interno della quale bisogna arrampicarsi. Questa salita è penosa e faticosa: sotto c’è il fuoco e non posso fermarmi se no mi brucio. Inoltre devo fare tutta la risalita con le braccia e temo di non riuscirci a causa di una mia antica colpa: non avrei dovuto fumare durante la gravidanza. Alla fine esausta arrivo fuori e mi sveglio agitata.

Il bruciare all’interno di un luogo chiuso, e uscirne spegnendosi, è – accanto al problema del fumare in gravidanza – un tema che apparenta strettamente i due sogni. E come nel primo l’uscita è designata esplicitamente come un parto, per quanto singolare,  nell’immagine della salita nella ciminiera non sarà difficile leggervi qualcosa di simile. Nel primo l’Io del sogno assiste all’uscita di qualcosa dal proprio corpo, nel secondo è lo stesso Io del sogno che compie la faticosa operazione di uscire; cosicchè nel primo lo sdoppiamento tra Io del sogno e bambino consente a quest’ultimo di morire, ciò che nel secondo – per via dell’identificazione tra bambino nel canale di parto e Io del sogno – viene evitato, sia pure attraverso a un grosso sforzo muscolare.

Ci si può chiedere del perchè nel primo sogno il parto non segua la sua strada naturale: una ragione può ravvisarsi nel fatto che non si tratta di un parto, ma di due immagini successive, prima quella del bambino dentro l’involucro e poi quella del bambino fuori: e solo in questo secondo momento l’Io del sogno si accorge che il bambino sta bruciando; forse già lo sapeva la nonna la quale, quando il bambino è ancora dentro,  è ‘imbarazzata e agitata’, come se avesse colto qualcosa che l’Io del sogno non vedeva, o non voleva vedere. Se il contenitore è trasparente, vuol dire invece che c’è qualcosa che deve essere visto, e che non può ridursi all’immagine stereotipata del bambino che sorride.

 

Più ‘realistico’ sembra il feto di questo sogno, dove – da notare – in apertura si parla di qualcosa che viene cucinato sul fuoco:

elh adr 0282 Sto a dormire nella casa di X. Questi è cieco, ma se la cava lo stesso, guida la macchina, come se questa avesse un radar. La mattina  a X vengono date alcune incombenze, come versare l’acqua della pasta, o pesarla (…). Quando torno vado al piano di sopra, dove della gente sta facendo un esperimento con una donna. Attraverso una sonda, si vede su un video cosa c’è nell’utero: c’è un feto con un volto da teschio, e sul teschio si stanno formando delle cartilagini, della carne. Il feto apre la bocca, sembra gridare. Ha un volto sofferente, come segnato da un’esperienza fondamentale, e galleggia nell’utero. Qualcuno dice che nell’utero il feto grida e prega.

Il baricentro del processo è dunque, come si poteva ormai prevedere, il bruciare nella culla- pancia-fornace, laddove l’uscire, come il salire nel canale di parto-ciminiera, corrisponderebbe alla scelta  di ‘non bruciare’, o di bruciare solo  a metà, e quindi di spegnersi,  come per il bambino del mito. Quanto al tema del salire avrò modo di parlarne in puntate successive.

E le sigarette? Il ‘baco da seta’ annerito dopo essersi incendiato ricorda più una cicca che un neonato; ma il punto è: perchè fumare in gravidanza (ossia porre sul fuoco il bambino) impedirebbe l’uso delle gambe, in particolare in una arrampicata? (devo fare tutta la risalita con le braccia e temo di non riuscirci a causa di una mia antica colpa: non avrei dovuto fumare durante la gravidanza).

In quest’altro sogno, ad esempio, il ‘canale di parto’ è una manica, e quindi – nel contesto di questo onirema –  il luogo di una non-gamba.

 

cmi adr0108  (…) Infilo nella manica del mio cappotto viola la mano con la sigaretta accesa. Siccome il polsino è stretto esce la mano senza sigaretta. Temo che la sigaretta rimasta dentro mi bruci il cappotto o il golf. Invece una signora seduta, con il suo intervento l’ha deviata. Aggiunge: ‘temevo di non farcela perchè eri un po’ spostata’. Sono molto incuriosita e accetto di sottopormi a un suo esame. Mi fa sdraiare; prende una brocca, temo che ci sia dentro del profumo. Mi rassicura che c’è acqua, il profumo l’ha usato per disinfettare le mani. Mi versa lentamente l’acqua sugli occhi. Agli inizi mi agito un po’ perchè temo che il trucco degli occhi mi bruci, e poi perchè è una situazione un po’ straniante; ma riprendo il controllo di me e rimango ferma. Lei smette e dice: ‘bene, è una vittoria della vita’. (…)

 

Quell’accenno alla ‘vittoria della vita’…?  di solito viene da esprimersi così quando si salva un bambino a rischio, o comunque è la reazione di fronte a una nascita, specie se laboriosa.

La sigaretta, forse ancora accesa, che esce (o non esce) a fatica da un tubo-manica, ci rimanda sia alla fuga su per la ciminiera infuocata, sia al bambino-baco da seta che esce bruciacchiato e annerito dall’ombelico. Mi si conferma, dato il quadro generale, che quel bambino è molto simile a un mozzicone di sigaretta, laddove in tutti e tre i sogni alle sigarette si fa cenno.

Si propone così, naturalmente solo nel contesto di questo onirema, l’equivalenza ‘sigaretta = bambino’, dove ‘fumare in gravidanza’ = ‘incendiare la culla del bambino’. Nel contempo la salita a forza di sole braccia si apparenta al percorso nella manica, e cioè le braccia vengono adottate al posto delle gambe. Ricordando che nel sonno profondo degli animali a sangue caldo le afferenze agli arti motori vengono inibite, consentendo che il sogno possa svolgersi in assenza di deambulazione, si può fare l’ipotesi che l’impossibilità di usare le gambe corrisponda a una fase del sonno (e del sogno), dove l’Io del sogno alleggerisce la sua presenza, entrando in una sorta di trance, in questi casi aiutata dalla rievocazione dell’esperienza di leggera trance che da svegli si attraversa fumando. *

 

Ancora fenomeni luminosi (che Angel Garma mette in corrispondenza con il trauma della nascita) aprono questo sogno:

beq fra0001 Mi trovo in una struttura simile a una USL ,c’era una luce bianca, fredda, un po’ astratta. Mi metto in fila per il prelievo appoggiandomi a dei pannelli di vetro smerigliato al di là dei quali c’era una forte fonte di luce, anche questa bianca, e dall’altra parte una balaustra d’acciaio. Il prelievo veniva fatto in due punti della caviglia, con due stantuffetti verdi, uno appena sopra il malleolo, l’altro appena sotto, uno a destra e l’altro a sinistra. Ho sentito un mancamento appena mi hanno tirato via il sangue. Dopo di ciò mi trovo ad avere scavata via da un lato del piede, per il lungo, una sezione di carne a forma rettangolare della profondità di circa un centimetro e che seguiva tutto il piede.(…) Mi domandavo perchè mi avessero portato via un pezzo di piede. (…) A un certo punto mi ritrovo in un’altra parte (…) Dei ragazzi stanno preparandosi uno spinello seduti su un muretto. Uno dei due teneva in mano un pezzo di hashisch lungo, stretto e morbido. Chiedo loro dove l’avevano preso: ero sempre più spaesata. Sentivo il bisogno di fumare, per cui ottenuta la risposta sul luogo dove potevo comprare il fumo (…)

 

Ma perchè chiedersi: ” dove avranno preso quell’hashisch?” Viene l’idea che quel pezzo di hashisch lungo e morbido non sia altro che il pezzo di piede che è stato ritagliato, cioè che sia lo stesso piede a essere fumato: vedremo tra breve un sogno in cui la gamba è anche una sigaretta. Qui resta tra l’altro da capire perchè dal piede venga preventivamente tolto il sangue, dove uno spunto per una spiegazione – per altro insufficiente – potrebbe venire offerto dalla deafferentazione nervosa degli arti inferiori durante il sogno.Abbiamo anche il tenue indizio di un collegamento tra amputazione del piede e parto fornito da questo sogno:

 

xxx adr0095 In vacanza. Una ragazza andava in trance, e durante la trance si affettava il piede destro, come se fosse coppa o prosciutto. Quando si svegliava era tutto normale. Ma aveva il piede più lungo del normale. Io dovevo partorire; ero in ospedale ad aspettare questo bambino che avevo fatto. Ero convinta che fosse un maschio.  L’infermiera arriva con una bambina (…).

 

Se vi è una relazione tra l’amputazione del piede e il parto, ne risulta che la nascita sarebbe assimilabile a una castrazione, e quindi nasce una bambina (compensata però in questo caso da una ‘ricrescita’ del piede, una specie di figlio maschio fantasma). L’essere donna sembrerebbe quindi il prodotto di una castrazione, a partire da un’originaria maschilità: vi ritornerò tra breve.

 

Il rapporto tra la sigaretta e le gambe è complesso, come si può vedere da quest’altro sogno:

adq adr0005 Un antico egizio si fa trasportare in una portantina costituita da una cassa completamente chiusa. In occasione di una sosta chiede, dall’interno, in che località si trovi, e gli viene risposto con la parola “sigaretta”. Da questo egli arguisce che si trova in Italia. Stupito, io mi rivolgo ad una donna al mio fianco, filologa, per sapere il perchè di tale deduzione. Costei mi spiega che sigaretta è equivalente ad Appennini, e mi mostra un bassorilievo scolpito sul fianco della cassa raffigurante un capro, lungo la zampa anteriore del quale è scritto “sigaretta”. Avvicino lo sguardo, e vedo che la zampa è divisa in due tronchi all’altezza del ginocchio, i quali terminano, sulle due parti affacciate, con una forma frastagliata a pettine. Nel sogno so che quel punto, all’incirca corrispondente all’articolazione, è una sinapsi.

 

L’antico egizio, rinchiuso nella cassa, apprende di stare in una ‘sigaretta’ (il nome viene pronunciato come risposta alla sua domanda, e sta anche scritto sopra la cassa); d’altra parte  nella raffigurazione sulla cassa la sigaretta è anche una zampa, ed è equivalente – ci viene spiegato dalla filologa –  alla dorsale appenninica, una specie di osso dentro lo Stivale; e tutto ciò allude al segreto contenuto della cassa, un egizio che si fa trasportare in portantina perchè evidentemente non ha l’uso delle gambe. Tuttavia… se la zampa è rappresentata sul sarcofago, vuol dire che lì dentro essa non c’è, così come dell’antico egizio c’è solo la voce, ragione per la quale non lo possiamo vedere. In altre parole, l’antico egizio sta viaggiando nel regno dei morti.[3] Il sarcofago è dunque anche uno stivale che racchiude una gamba, la funzione della quale non è di camminare (e infatti l’antico egizio viaggia in portantina). Si rafforza così l’equivalenza tra ‘sigaretta’ (e quindi ‘bambino che brucia’) e  ‘gamba che non cammina’.

Osservo che non vi si dice che la gamba non può camminare, ma essa viene rappresentata con tutt’altro, una sinapsi, operandosi così una sostituzione della funzione del camminare, che per noi è invece la principale. [4]

La gamba, all’altezza dell’articolazione del ginocchio, presenta qualcosa di simile a una giuntura sinaptica: l’induzione di un’azione meccanica diretta (quella che servirebbe per la flessione dell’arto) ha lasciato il posto a una trasmissione dove la materia – le molecole neurotrasmettitrici all’interno delle sinapsi – si fa veicolo di un’informazione. Un passaggio troppo cervellotico? Leggiamo questo sogno:

 

elh adrc144 In montagna, a un banco vendita chiedo delle sigarette. Mi risponde la donna: “le sue sono là”. Comprarsi le sigarette voleva dire andare a cercarle in uno sportello di un grande armadio bianco, fatto appunto di tanti sportellini in file. Il mio è in alto a sinistra e lo raggiungo con una scala. Lo apro, e ne vedo molte. Sono collocate in piedi, in file verticali, e sono colorate: di grige e di azzurre. Ma molte sono storte, ammaccate, mezze fumate, e un via vai di formiche che sembrava se le stessero mangiando. A ben vedere le azzurre erano in questo stato, come se fossero “attivate”, mentre le grige erano disattivate. Le formiche andavano sulle azzurre.

 

Forse che quelle sigarette non ricordano i neuroni, (che si accendono e spengono, si caricano e scaricano come sigarette ad ogni boccata) e quelle formiche i neurotrasmettitori? Lo vedo, è un collegamento che può apparire folle: ma un po’ meno se si pensa che l’azione del fumo è non-meccanica, e agisce su recettori del sistema nervoso. Come l’inibizione della capacità motoria delle gambe contribuisce allo sviluppo del processo onirico sostituendo immagini al movimento reale del sonnambulo, così la meccanica materiale della gamba sembra venir sostituita dalla funzione di veicolo di informazioni ‘non materiali’ all’interno di una sinapsi, un po’ come avviene con le molecole del fumo, con la loro azione incantatrice.

Del resto tutto il sogno dell’antico egizio si snoda attraverso una catena di sostituzioni esplicite, a partire dai riferimenti al fumare e al camminare: da ‘sigaretta’ a ‘Italia’ (lo stivale) e da lì ad ‘Appennini’ (l’osso della gamba), e poi all”osso’ di una zampa diviso in due da una ‘sinapsi’. A monte, negli altri sogni, la sostituzione del bambino (che brucia quando è dentro e non visto, e si spegne quando esce e diventa visibile) con la sigaretta accesa – spenta, un ciclo alimentato dal ritmo vitale del respiro; a valle la sigaretta-bambino sostituita da una gamba, che a sua volta viene esentata dalla sua funzione meccanica e ritmica deambulatoria per diventare una sorta di modello di trasmissione dell’informazione, attraverso processi ritmici di carica e scarica.

Se si sta all’interno di una prospettiva simbolica la traduzione delle immagini di parti del corpo procede dalla parte verso il tutto, dal concreto verso l’astratto: facilmente all’occhio viene associata la capacità esplorativa e conoscitiva della mente, alla gamba l’equilibrio, o il procedere, al pene la capacità fecondativa, etc.: anche se siamo ancora nel territorio del segno, il percorso è aperto verso il simbolo. Invece in una prospettiva oniremica la traduzione delle immagini procede in senso opposto, dove l’immagine della gamba punta a condurci verso una delle sue molteplici funzioni costitutive della sua storia, lungo un percorso di senso inverso a quello evolutivo, verso un’origine.

Non abbiamo molti mezzi per rifare questo percorso a ritroso.

Uno di questi è la conoscenza dell’embriogenesi, dove i precursori dei nostri organi  migravano di qua e di là, separandosi e associandosi. Un altro è il cercare di percepire gli strati più profondi del nostro corpo vissuto, che abbiamo conosciuto nella prima infanzia.

Ad esempio: mentre le braccia possono essere vissute come  appendici fortemente appartenenti al tronco, e di conseguenza la loro indipendenza apparire naturale, le gambe se ne dipartono come se il tronco potesse venir diviso sagittalmente, e quindi ci suggeriscono un nostro essere divisibili in due. Se il nostro corpo è vissuto come un Uno,  le gambe, a differenza delle braccia, o degli occhi, affacciano l’idea che dai piedi alla vita siamo anche un Due, ossia una coppia di elementi simmetrici; se per un verso questi sono legati, per gli stessi riflessi deambulatori, a costituire un’unità, come se fossimo delle Sirene, per un altro questa unità è bipartita, e il subentrare di un’asimmetria come il monosandalismo assume una particolare forza, mette in evidenza un Due e la sua rottura: non una coppia dove ciascun elemento è neutro o al più cooperante rispetto all’altro (come per le braccia), non più un Uno isolato, come il tronco o la testa, ma un ‘Uno di Due’, un  Uno che resta dalla sottrazione di un suo gemello da un Due: il che può essere visto come una forma di castrazione. (Ma esiste una seconda forma di castrazione: l’eliminazione dell’Uno per ricostituire un Due originario).

Tengo a ripetere che questo tipo di dinamiche primarie, che si sarebbero via via inscritte contemporaneamente nel corpo e in mappe cerebrali con l’emergere dei vari organi e delle loro funzioni, hanno probabilmente fatto da stampo a dinamiche della mente, guidandone lo sviluppo e la manutenzione. Gli oniremi, a mio avviso, attingono forme e funzioni a tale territorio.

A ben guardare, l’opposizione tra  maschile (l’Uno) e  femminile (il Due) fa capolino nei sogni dei quali stiamo parlando.

La zampa scolpita sulla cassa egizia viene detta appartenere a un capro (e non a una capra). Là il sognatore era un uomo; ma ora è una donna che fa quest’altro sogno:

pab ser0011 Mi trovo nella casa dei nonni. Nel cortile c’è una specie di gru che porta in alto. Chiedo al nonno di farmi salire. Salgo su un seggiolino pericolante. Dopo un po’ arrivo nel giardino, che è in alto, e qui mio cugino mi mostra delle bare. Sono belle, con strani disegni sul coperchio. Su alcune è disegnata la zampa di un cavallo, e mio cugino mi dice che quelle bare sono per i maschi. Su altre sono disegnate altre zampe di animali, sulle quali vi è un volto di donna, o forse è il muso di un bue.

 

Quindi le bare degli uomini contengono – in forma di sigarette da fumare – zampe di animali maschi, quelle delle donne portano rappresentato il muso di un bue (le due corna sono evidentemente un Due).[5] Sempre a proposito di maschile/femminile, vediamo questo sogno di una donna:

ror adr0098  Sono sul letto con una ragazza. Io ho il pene, e la ragazza me lo accarezza facendolo diventare molto grosso. Però non provo nessun piacere; la ragazza se lo mette dentro. Nella stanza c’è il padre della ragazza. Poi in un bar, da un portacenere, si sviluppa un incendio. Le persone bruciano, il fuoco passa dall’una all’altra, si attacca. Per spegnerlo mi butto in un canale, e tengo a galla una ragazzina. Io rimango ustionata ad una gamba, vorrei che una mia amica mi consolasse.

 

Ritroviamo il collegamento tra la sigaretta e la gamba (l’incendio nasce da un portacenere, e quindi da una sigaretta, e diventa l’ustione a una gamba). Immediato è poi collegare il pene, e il suo movimento alternativo, con il movimento del fumare. Potremmo limitare l’indagine a un ambito di riferimenti oro-genitali, ma in tal caso non si capirebbe il perchè dell’ustione sulla gamba.

Ritengo che in prima istanza il riferimento al pene non riguardi un problema sessuale della sognatrice,  ma sia un anello della catena circolare di equivalenze: bambino/pene in un contenitore – sigaretta – incendio – gamba – nascita (la ragazzina tenuta a galla), dove nessun anello va considerato di significato prevalente rispetto agli altri.

E tuttavia ci si deve chiedere: perchè l’Io del sogno di questa donna si trova dotato di un pene?

Se ritorniamo alla congettura che il bambino sul fuoco corrisponda al formarsi di una percezione di coscienza e quindi, di conseguenza, di una natura più che animale, converrà differenziare a seconda del genere questa percezione originaria, laddove – scrive

E. Neumann – per entrambi la coscienza è avvertita come maschile e l’inconscio come femminile, e di conseguenza la coscienza verrebbe vissuta come propria per l’uomo ed estranea per la donna. Leggiamo in proposito: Dobbiamo rilevare una differenza essenziale nella struttura del maschile e del femminile, differenza che fin’ora non è mai stata sottolineata in misura sufficiente. Cioè il maschile sperimenta la struttura ‘maschile’ della coscienza come una realtà a lui propria, e l’inconscio ‘femminile’ come qualcosa di estraneo, mentre la donna si pone di fronte all’inconscio femminile come a una realtà propria e sperimenta la sua coscienza come qualcosa di ‘estraneo’. (Eric Neumann – Storia delle origini della coscienza, pag 123 in nota -Astrolabio).

 

Forse è per questo che nel sogno Ror si rapporta al rinforzarsi di una coscienza di sè come all’esperienza di un pene estraneo: un’estraneità maschile, da un lato capace di innescare un incendio che ci investe, e che dall’altro non evita il rinnovarsi di una sorta di castrazione (la gamba ustionata, come forse una sigaretta fumata, o il piede tagliato) che riporta l’Io del sogno al suo versante femminile, rappresentato come l’acqua dalla quale emerge la ragazzina.

 

C’è da presumere che la ciclicità della donna si accompagni alla predisposizione a un’oscillazione ciclica da maschile a femminile  (facendo qui coincidere il femminile con il non-maschile della fase perimestruale, in cui il maschio – quale figura interiore – viene per l’appunto allontanato, o castrato).

In tal senso sembra parlarci il sogno seguente:

 

olf adr0010 (…) Io faccio la mantenuta. Incontro un giovane che vuole prendermi con sè. Lo avverto che così facendo si prepara un futuro di sofferenza, quando la nostra storia finirà, perchè allora lui mi chiederà amore e io non gli darò più nulla. Allora il giovane, o forse io, appoggia la sigaretta accesa sulla mia gamba, producendo un foro nella calza. Questa calza forata la terrà con sè, come fosse una parte di me, quando io “non gli darò più nulla”. Così andiamo a casa di lui, e questo rapporto che doveva essere di indifferenza da parte mia invece si dimostra fatto di grande innamoramento. Però inizia la guerra,il giovane deve partire e io stessa gli affretto e gli organizzo la partenza. (…) La guerra però ritarda. Io sento una grande nostalgia per il mio uomo e decido di raggiungerlo. Però non so nemmeno con precisione dove sia. La guerra è finita, la vita torna alla normalità. Sono in giro con due amiche (…) Scelgo tre paste, di cui due simili, una a forma di gallo e l’altra di gallina. Uscendo sbocconcello la cresta del gallo, e così sembra un uovo (…)

 

Leggiamo a partire dal finale: dalla coppia gallo-gallina approdiamo alla coppia uovo-gallina (dove non sembra esserci differenza tra i due, possono essere due uova come due galline), o anche da un XY a un XX:  una volta sottratto l’elemento maschile, il prodotto è una femmina (una bambina).

In realtà l’elemento maschile è stato semplicemente allontanato (andare in guerra = andare nel mondo dell’al di là, come l’antico egizio). In questo al di là la gamba è una calza, cioè è vuota (e la sua funzione non è quella di camminare), si è svuotata al contatto con la sigaretta, anzi è diventata sigaretta, ossia si è consumata con il fuoco (come la gamba ustionata del sogno precedente).

In rozza sintesi: se si ‘fuma in gravidanza’, si aliena (viene fumato) il proprio essere maschile e ci si trova a dover ritrovare una propria natura femminile (ossia si generano bambine). Una dialettica che si autorappresenta su di un terreno primario di archeo-gambe.

Tutto qui?

 

Cosa però faccia l’innamorato della mantenuta, là in guerra con la sua calza forata, non mi è per nulla ancora chiaro. In altre parole: cosa avviene nell’al di là? E perchè mai quel rituale della sigaretta da consumare, quel fuoco in cui ardere il bambino, o anche sacrificare un fallo, al fine di rientrare in una cornice femminile?  O forse non si tratta solo di questo, e c’è qualcosa di più che sbocconcellare la cresta del gallo.

Non credo che arriverò a rispondere a tutti questi interrogativi, ma forse si riuscirà a fare qualche piccolo passo in più.


[1] In un suo saggio del 1893 (La Giovinezza di Achille ) si legge:

 

 (…) ciò sarebbe certificato dai miti di Demetra e di Iside, le quali ricorsero ognuna allo stesso identico artificio per rendere immortali gli infanti reali affidati alle loro cure.

Tutte queste storie probabilmente sono una proiezione fiabesca dell’antico costume di far passare il neonato attraverso le fiamme, o di tenerlo sollevato per qualche istante al di sopra di un mucchio di brace, con il proposito di allontanare da lui ogni possibile

influenza nefasta. Usanze del genere sono ancora diffuse in molti angoli del

mondo. (…) L’arcaica usanza greca di correre attorno al focolare tenendo in

braccio il bambino nato da cinque giorni o da una settimana al massimo, potrebbe essere considerata una variante della vecchia prova del fuoco. Parrebbe tuttavia che il rito più antico e più rozzo, una volta abbandonato dagli stessi greci, si attardi ancora all’interno delle loro leggende sulle divinità. (…)  (traduzione di Giacomo Scarpelli)

[2] Questi due sogni mi sono stati riferiti da un collega molti anni fa, e non sono in grado di ricostruire se appartengano o meno alla stessa sognatrice; in ogni caso si illuminano a vicenda

 

[3] Per V. Propp (Le radici storiche dei racconti di fate – Bollati Boringhieri 1992) la gamba ossea è spesso l’attributo della maga che sta a guardia del passaggio nell’al di là.

 

[4] Dalla puntata precedente: Se sogno una mia gamba, pur non essendoci dubbio che la percepisca anzitutto come quell’organo che uso per camminare, sono condizionato anche da come la percepivo nella primissima infanzia, quando ancora una gamba non serviva per camminare: ma come la sede di piacevoli sollecitazioni e scariche, lungo le due gambe alternativamente.  Nel cervello il riflesso dell’alternanza (e qui sono mie supposizioni) – consolidatosi con varie esperienze, prima tra tutte la suzione – si potrebbe essere esteso ai rami motori, pronto a fornire lo stampo e gli strumenti per la strutturazione mentale di altre alternanze: sì/no, prima/dopo, l’uno/l’altro, uno/due….L’oscillazione tra due poli è infatti una dinamica di base per accogliere le opposizioni.

 

[5] Secondo Kallir la prima lettera dell’alfabeto, aleph ,  da cui la nostra A, indicativa del genere femminile, era originariamente una A rovesciata  a immagine della testa di un toro (Alfred Kallir – Segno e disegno – Psicogenesi dell’alfabeto- Spirali 1994)

 

 

13 Risposte a “6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni”

  1. […] Introduzione a una ricerca;  2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico; 3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni […]

  2. […] del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni;   7-  Il bambino è servito in tavola; 8. Dalla parte […]

  3. […] del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni;   7-  Il bambino è servito in tavola; 8. Dalla parte dell’occhio; Venivo aggredita da due […]

  4. […] sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni;   7-  Il bambino è servito in tavola; 8. Dalla parte dell’occhio; 8 bis – Sintesi delle […]

  5. […] sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni;   7-  Il bambino è servito in tavola; 8. Dalla parte dell’occhio; 8 bis – Sintesi delle […]

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