Piccoli sogni simili – Sintesi delle prime 8 puntate

di Adriano Alloisio

Con l’Agosto alle spalle, è difficile avere ancora  presente il labirintico ingresso nel mondo degli oniremi, e pertanto prima di proseguire dedico una puntata al riassunto del percorso già proposto.

 

1 –  Piccoli sogni simili – Definizione del campo di ricerca

I ‘piccoli sogni simili’ sono quei sogni che abitano  una nicchia della produzione onirica (non più del 5% di quelli raccontati in analisi) ma dei quali tutti noi abbiamo fatto esperienza – e io ne sono stato particolarmente incuriosito – per il loro ricorrere in forma più o meno simile indipendentemente dal sognatore.

Un elenco a solo titolo esemplificativo, e alla rinfusa, che stranamente ricorda quello dei temi tradizionalmente citati dai popolari ‘dizionari di sogni’, a partire da Artemidoro:

   salire e cadere (tipicamente con l’ascensore), volare

   diventare zoppi, perdere le scarpe

   svenire, addormentarsi

   perdere un occhio

   essere incinte, partorire gemelli

   perdere sangue, tipicamente mestruale

   contemporaneità di mestruo e gravidanza

   fare la doccia

   infezioni, ferite, fuoriuscite di sostanze estranee

   caduta di denti,  tagliarsi i capelli

   andare in gabinetto e non potersi sottrarre allo sguardo pubblico

   affrontare ondate paurose

   condurre veicoli inadeguati e che si trasformano strada facendo

   dover sostenere un esame già dato

   dover attendere in coda

   aver a che fare con coppie di oggetti uguali

   avere a che fare con morti che resuscitano

…e altri

Data la generalità del loro ricorrere, inutile è il lavoro associativo, che presuppone un sottostante significato individualizzato, ed è quindi vano aspirare a una loro ‘interpretazione’ (nel senso: il sogno significa che…), dalla quale attenderci lumi sulle vicende psichiche che ci assediano. Freud si era accorto dell’esistenza di sogni ‘non interpretabili’ (l’espressione è sua; come volare, o trovarsi nudi in pubblico), e li aveva chiamati sogni tipici, rinunciando in questi casi alla teoria del riemergere del desiderio infantile rimosso, e riandando invece alle esperienze infantili con il proprio corpo.

Anche in Jung troviamo motivi onirici non individuali, a partire da quelli mitologici, dove ora la fonte delle immagini è l’archetipo. Ma non tutte le trame ripetitive che incontriamo sono riconducibili agli archetipi ormai classici che Jung ha individuato, i quali inoltre si manifestano, più che con trame strutturate, con immagini dalle multiformi valenze e coniugabilità.

Ho chiamato oniremi queste trame ripetitive, oggetto della presente ricerca, parenti dei sogni tipici freudiani e dei temi archetipici junghiani.

Nei sogni le immagini sono liquide, trascolorano le une nelle altre, e pertanto i confini di un onirema sono sfumati, e vengono definiti dall’insieme delle sue varianti (ad es. il cadere: ma in quanti modi si cade? e cosa c’è giù in basso?); ma vi rientrano anche le astrazioni: stando alle sole immagini, senza tener conto di quanto l’Io del sogno sentenzia su di esse, non c’è molta differenza tra una donna grassa e una incinta; dopo di che potrei trattare le ‘donne grasse’ come ‘incinte’, o viceversa; e così pure non c’è differenza tra una persona ‘morta’ e una ‘addormentata’, tra il ‘sangue’ e un non meglio definito fluido di colore rosso. In altre parole, nell’individuazione dell’onirema si dovrà spesso scavalcare le definizioni dell’Io del sogno e del narrante.

L’interesse maggiore dello studio riguarda la tendenza di più oniremi a essere presenti in uno stesso sogno (ad es.: spesso una caduta, o una posizione elevata, si accompagnano spesso all’immagine di uno specchio d’acqua sottostante), formando associazioni che si ripetono, disegnando così una rete di trame più complesse ricorrenti, anche se meno frequenti.

Il lavoro successivo riguarda la formulazione di congetture sulla funzione di queste trame, immaginando che il segreto riguardi un processo psichico nelle retrovie della nostra mente, una sorta di alchimia non destinata alla coscienza, e di cui ogni onirema isolato sarebbe un possibile frammento quasi casuale, ma che concatenandosi con altri contribuirebbe a una funzione complessa.

2 – Un esempio: il monosandalismo

Nel sogno gli arti superiori non vengono che raramente messi a fuoco in quanto luogo di accadimenti specifici, e quindi raccontati, a differenza di zoppie, ferite e amputazioni alle gambe, perdita o ricerca di scarpe (monosandalismo).

Circoscrivere una tematica verificando l’esistenza di un terreno comune a un insieme di sogni è un primo atto interpretativo, che chiamo ‘interpretazione di primo livello’: si rileva cioè che un certo insieme di immagini costituisce una trama ripetitiva, individuando così un onirema (Levi-Strauss, Propp, Ginzburg hanno colto il ricorrere del monosandalismo nei miti e nelle favole – vedi Achille, Cenerentola – e ne hanno fatto oggetto di studio).

Interpretazione di secondo livello: la formulazione di una congettura relativa a quale processo psichico corrisponda un onirema. I suddetti ricercatori hanno visto negli accadimenti agli arti inferiori il segno del transito attraverso l’al di là, lo stesso mondo dei morti che Propp suggerisce nella sua analisi strutturale delle fiabe, lungo il percorso iniziatico dell’eroe. La zoppia sarebbe il marchio di un’avvenuta iniziazione, di una sapienza acquisita (come in Giacobbe, azzoppato dopo la lotta con l’angelo). Restano le domande: a cosa corrisponde per la psiche l’al di là?  che significa un’iniziazione? Sul piano simbolico sono state date articolate risposte: valgono anche per i sogni che non trovano risposta in un’interpretazione accessibile all’Io, per quei ‘piccoli sogni simili’?

Ogni volta che sogno di perdere una scarpa attraverso un’iniziazione? E se anche fosse così, quale livello della psiche ne verrebbe toccato? Si potrebbe usare ancora una parola del genere, nata sul terreno delle vicende dell’eroe?

Sono orientato a pensare che gli oniremi ci portino all’interno di processi inconsci e destinati a restare tali, rinnovatori di un metabolismo di funzioni psichiche, e –  nel caso del ‘passaggio nell’al di là’ – percepiti dall’Io del sogno come un momento di una propria crisi e destabilizzazione (vedi anche J. Hillman, “Il sogno e il mondo infero”).

3 – 4  – Un personaggio del tutto particolare: l’Io del sogno

Vengono qui premesse alcune considerazioni su di una figura onnipresente, che ritroviamo in quasi tutti i sogni, e che non riguarda solo gli oniremi.

L’ essere – noi sognatori – presenti nel nostro sogno è così connaturato al sognare che non verrebbe neppure da porsi delle domande sulla natura e sulle funzioni di questo personaggio, l’Io del sogno, al quale in genere la psicoanalisi attribuisce il ruolo di rappresentare una parte inconscia dell’Io della veglia, e quindi un aspetto nascosto e da decifrare della personalità

Credo che sulle funzioni dell’Io del sogno sappiamo ancora poco.

Questo personaggio si rivela essere dotato di una scarsissima consapevolezza di sè, quasi al livello di coscienza non riflessa. In genere non si chiede – nel sogno – perchè sia lì, e quale sia la sua storia immediatamente precedente, l’incipit del racconto essendo quasi sempre un “mi trovavo….”; le sue intenzioni in genere non sono espresse, o sono a corto raggio, e raramente hanno poi l’esito prefissato. I vissuti sono raramente coerenti con la natura e l’intensità degli stimoli che sembrano esserne la causa: un genitore che muore cadendo da un balcone può lasciare indifferenti, ma un cassiere che non dà il resto giusto può scatenare crisi di disperazione o di violenza.

Per un altro verso esso porta con sé – di volta in volta con estensione e intensità variabili – alcuni contenuti e alcune funzioni della personalità vigile, come barlumi di intenzionalità, la registrazione dei propri vissuti, degli sprazzi di memoria, spingendo così l’interpretazione verso un’assimilazione all’Io della veglia. Quest’ultimo così tende a prendere per vere e giustificate le emozioni provate nel sogno, e ne orienta in tal senso la lettura.

L’Io del sogno condivide con l’Io della veglia un principio di realtà grazie al quale cerca di vedere ciò che gli capita attorno con la coerenza dei criteri conoscitivi della veglia, come il principio di non contraddizione, il principio di causa effetto, la temporalità, etc.; ma se, come quasi sempre accade, questa coerenza viene meno, egli senza indugi è pronto a cambiare percezione, o trovare normale ciò che sarebbe impossibile su di un piano di realtà, eliminando l’assurdità intrinseca della contraddizione. Sarà, se mai, l’Io narrante a meravigliarsi  (“…che sogno strano ho fatto…”),

Constatare senza troppa meraviglia che un gatto parla o un morto resuscita non è ammettere una realtà contraddittoria, ma essere entrati in un registro magico nel quale può sciogliersi qualunque stranezza, destandoci nel sogno al più le reazioni di un bambino che ascolta una favola.

Da un lato l’Io del sogno non capisce molto di quanto gli va accadendo, nè si fa troppe domande in proposito, pronto ad accettare anche le cose più strambe; da un altro affiora  una sua partecipazione nel dare una forma il più possibile accettabile agli eventi, riconducendo lo sconosciuto a un conosciuto: se sognamo una vecchia, fin nel resoconto da svegli cerchiamo di darle un volto noto, “assomigliava a mia nonna…”.

Stando a una lettura molto diffusa, l’alterità alla quale l’Io del sogno deve far fronte è rappresentata sopratutto da personaggi minacciosi, nemici, per lo più sconosciuti, come il ladro, l’uomo di un’altra razza, il nazista, o anche da animali pericolosi.

Eppure con tutti costoro è in genere possibile una relazione, esistono dei linguaggi comuni, dei gesti comprensibili, inclusa una reciproca violenza.

Diverso il tipo di relazione dell’Io del sogno con l’ambiente fisico.  Questo è per lo più neutro: una strada, un grande magazzino, una spiaggia, un salotto, come fossero cornici utili ma non indispensabili per contestualizzare la vicenda. Ma quando le tubature dell’acqua si mettono a perdere, il mare diventa tempestoso, l’ascensore impazzisce, le scale diventano impraticabili, una pila di piatti crolla, l’auto va spontaneamente a marcia indietro, o una coppia di loschi figuri ci insegue… l’ambiente esce dalla sua topografica neutralità, diventa un soggetto attivo che si presenta radicalmente altro rispetto all’Io del sogno: uno scenario (d’ora in poi lo chiamerò così) che gode di autonomia e che spesso si impone nelle vicende in modo ostile, non essendoci possibilità di interlocuzione; e l’Io del sogno deve spesso fuggire, ripararsi, scoprire che nulla corrisponde alle sue aspettative, inventarsi nuove vie di uscita.

Siamo cioè di fronte a un altro livello di alterità. Materialmente coinvolto in questa conflittualità è quasi sempre il corpo, sia quello dell’Io del sogno sia che venga spostato su altri personaggi, caratteristica che si ritrova tipicamente negli oniremi: a partire da come può muoversi, fino a ciò che fisicamente gli accade: malattie, ferite, cadute, amputazioni, fuoriuscite di fluidi, escrezioni, ingestioni, iniezioni, fratture o distacchi di parti, vicissitudini degli indumenti, gravidanze, mancamenti, interventi chirurgici…  etc.; la casistica è sterminata.

Nella nostra ricerca  porremo particolare attenzione al corpo. Lo incontreremo come:

– corpo  dell’Io del sogno: quell’immagine e quell’esperienza che l’Io del sogno attribuisce a un proprio corpo, e che diventa il luogo dove viene ricavata la massima sovrapposizione e interazione tra lo Scenario e la soggettività dell’Io del sogno.

Il corpo dell’Io del sogno funziona come un’intercapedine, una terra comune allo Scenario e all’Io del sogno, zona di contatto e di reciproco scambio; è la sede di processi misteriosi dove gli organi  non sono quelli della nostra fisiologia nè quelli delle simbologie tradizionali (ad esempio: l’occhio non è simbolo di una capacità di visione profonda).

– corpo di altri personaggi. Perchè l’alterità possa venir riconosciuta come tale bisogna che si incarni in immagini che restino sufficientemente distanti dall’Io del sogno, altrimenti essa si perde in un vissuto di identità in cui le differenze scompaiono. Bisogna cioè che la relazione tra i due poli, Io – Altro, venga mantenuta nel quadro di una distanza. Se il corpo dell’Io del sogno è il terreno sul quale più efficacemente l’alterità può sbarcare per farsi presente, esso è anche il più rischioso per la riuscita dell’operazione, in quanto l’emotività messa in campo nell’Io del sogno, direttamente investito da un’invasione nel suo corpo, può interferire con quello sbarco. Pertanto questo può diventare possibile:

– mediante alienazione, o scissione di parti del corpo, dove una gamba o un occhio non vengono vissuti come strettamente appartenenti all’Io del sogno ma come altre parti con cui entrare in relazione.  Gli oniremi spesso fanno riferimento a organi precisi, come gambe od occhi, in parte slegati dalle loro funzioni nella realtà fisiologica.

– mediante produzione di altri personaggi che si incarichino di rappresentare eventi corporei; costoro dunque non corrispondono necessariamente a proiezioni con finalità difensiva, ma al contrario a momenti di un processo assimilativo, che richiede per sua natura la distanza dall’oggetto.

 Anche se non si sta qui parlando di presa di coscienza ma di un inconscio incontro tra parti della mente, va osservato come l’adesione emotiva dell’Io del sogno agli accadimenti corporei possa avere l’effetto di focalizzare l’attenzione sulla concretezza dell’evento, che verrà riletto poi dal sognatore nei termini di un immaginario evento simile nella veglia, mandando ancora più fuori strada l’attribuzione di senso all’onirema.

Se l’Io del sogno non riesce ad accogliere, anche opportunamente elaborata, la duplicità Io – Altro, esso può entrare in crisi, e il suo senso di sè vacillare. La crisi non è espressa da un’incertezza sulla propria identità (“…non so se io ero io o mio marito…”), ma dal fatto che può venir meno il personaggio in grado di porsi quella domanda. Questo stato può trovarsi, ad esempio, in un Io del sogno che si addormenta.

5 – Biancaneve era morta o dormiva?

Quasi sempre  vediamo che coloro che sognamo come morti, nello stesso sogno  di lì a poco sono vivi e vegeti. Oppure stanno a metà, sono nella bara ma parlano, si muovono; o partecipano al loro stesso funerale. L’Io del sogno di solito si accorge della stranezza della cosa, ma non ci fa caso più che tanto, e non si spaventa.

Se nella veglia il pensiero è governato da modalità sequenziali, nell’inconscio dobbiamo supporre che vigano modalità parallele (tipiche dell’emisfero destro), e che quindi non valga il principio di non contraddizione: un personaggio può essere sia morto che vivo.

Dirò pertanto che quel personaggio è in uno stato di ‘sovrapposizione’ (termine preso a prestito dalla fisica, in veste di metafora) di morte e di vita.

L’esistenza simultanea dei due stati viene rappresentata in modo paradossale (il morto si mette a parlare), oppure dispiegata nel tempo come una successione morte – vita dello  stesso personaggio, adeguandosi così alla logica sequenziale dell’Io del sogno. C’è anche un’altra via d’uscita: attribuire i due stati a personaggi diversi, dove più spesso a restare vivo è l’Io del sogno.

Siamo forse in territori della psiche dove le opposizioni incominciano appena a prendere forma. Mentre il simbolo (junghiano) è un punto, posto all’infinito, di arrivo e di sintesi al fondo di un conflitto tra opposti, nel nostro caso il morto-vivo-addormentato è un luogo originario, una sorta di cellula staminale, dove gli opposti sono ancora sul punto di differenziarsi (e dove morto non è distinguibile da addormentato).

Per indicare quello stato di sovrapposizione tra morte e vita  userò l’espressione trance onirica.

Osservo che le immagini che suggeriscono all’Io del sogno l’interpretazione ‘morte’ subiscono vicende non diverse da quelle di altre immagini dove sono rappresentati stati alterati di coscienza, tipicamente sognare di dormire, svenire e altri.

Si tratta di trame dove sembra verificarsi un indebolimento della presenza a se stesso dell’Io del sogno, il non essere più in accordo con lo spazio e con il tempo esterni, il possedere una coscienza offuscata, paralizzata o del tutto inabilitata, se non a rischio di esistenza; situazioni che – seguendo J. Hillman – sono tipiche di un “passaggio nell’al di là”, o “passaggio nel mondo dei morti”.

Il ‘mondo infero’ non ha dunque un’esistenza  – per così dire – oggettiva, ma i suoi confini sono relativi alla prospettiva che ha l’Io del sogno sulla propria permeabilità all’estraneo, facendo così della trance onirica un onirema tutto particolare, in quanto possiede un nocciolo che dipende dalle caratteristiche del sognatore.

Qui di seguito propongo un elenco tutt’altro che esaustivo delle situazioni in cui parlerò di trance onirica, e che raggruppo secondo due filoni.

Stando a un primo filone è lo Scenario a funzionare come elemento estraniante o paralizzante: L’Io del sogno resta  integro, ma il suo rapporto con la realtà si fa difficile: egli si perde materialmente, o non sa più dov’è e perchè è lì, non ha più il senso dell’orientamento, o entra in situazioni angoscianti senza sapere se ne potrà uscire. Possiamo mettere in questa categoria anche i casi nei quali l’Io del sogno deve confrontarsi con il tempo, sopratutto quando si sente in ritardo, o quando ‘si ferma’ perchè è in attesa forzata in una coda:

entrare in un tunnel di cui non si scorge l’uscita

essere in ritardo, aver l’orologio che si guasta; distorsioni del tempo

attraversare un confine e trovarsi in un paese sconosciuto

essere in una situazione labirintica

dover stare in coda

trovarsi in situazioni di grande pericolo

venir aggrediti da morti-viventi, del tipo degli zombi

Il secondo filone comprende i casi in cui sono le facoltà dell’Io del sogno, e in particolare del suo corpo, a indebolirsi, o a minacciare di venir meno:

venir presi da vertigini

cadere (o temerlo, essendo in un luogo esposto alla caduta)

avere difficoltà di respiro

sentirsi morire (o temerlo, prevederlo)

addormentarsi

venir drogati (o temerlo)

essere ubriachi

svenire, venir presi da un mancamento alle gambe e cadere a terra

non vederci più

I due filoni in parte si sovrappongono quando la situazione esterna mette a repentaglio il corpo, come nei sogni di salite impraticabili o di rischio di cadute, o di aggressione da parte di zombi.

Si verifica di frequente che la morte venga spostata su di un altro personaggio, con l’effetto di sciogliere così lo stato di sovrapposizione.

Cosa possiamo supporre che sia il ‘mondo dei morti’? Forse un luogo di enti per i quali nel complesso dell’Io non esistono codici di decifrazione, e che per essere avvicinato richiede all’Io del sogno il sacrificio dell’interezza della sua stessa presenza, della sua identità, sacrificio che viene spesso rappresentato con una castrazione (come il monosandalismo)

E cosa dovrebbe avvenire entrandovi?

Per J. Hillman una delle funzioni della trance onirica sarebbe quella di portare l’Io (attraverso l’Io del sogno) alle soglie di un al di là, per smussare l’atteggiamento ‘eroico’ della coscienza, per cui ciò che si sottolinea è il passaggio, e non ciò che potrebbe avvenire dopo.

Ma vi sono diversi sogni, nei quali la trance, o la percezione dell’avvicinarsi di un pericolo mortale,  si manifesta con l’apparire di una luce innaturale, o di un’esplosione, o da una forte scossa elettrica, o di un incendio.

 

Secondo Angel Garma i sogni dove appaiono luci e abbagliamenti avrebbero la loro radice nel ‘trauma primario’ della nascita (l’abbagliamento in particolare ripercorrerebbe il momento in cui il neonato viene a contatto con la luce), che fornirebbe così la falsariga per la messa in scena di conflitti e di traumi attuali.

A parziale conferma, non mancano sogni nei quali al tema della luce improvvisa o dell’esplosione si accompagna il tema della nascita o di uno stato prenatale.

Che la nascita sia un momento massimamente traumatico non c’è dubbio, ma in esso non si manifestano solo forze distruttive tali da essere le sole a lasciare una traccia: se siamo al mondo, è perchè siamo in quel momento anche diventati sede di forze evolutive decisive, che hanno avuto la meglio. Perchè dunque sarebbero rimaste attive solo tracce traumatiche negative?

 

6 –  Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni

Si sviluppa qui la congettura che quelle luci, che a Garma hanno fatto pensare all’abbagliamento che coglie il bambino alla nascita, abbiano a che fare con fiamme a questi destinate.

Si ricordano antefatti mitologici (miti di Demetra e di Iside alla ricerca di Proserpina e di Osiride) dove il fuoco mette il bambino loro affidatogli sulla strada incompiuta dell’immortalità, come se lì si forgiasse una fondamentale contraddizione della natura umana (l’uomo è un animale o un dio?). E nel sogno? una metafora prodotta dall’inconscio, che riscrive in tal modo la storia dell’evoluzione verso la coscienza, rievocando un qualche decisivo evento neuropsichico, una sorta di big bang che ci ha differenziato dagli animali e di cui resterebbe una traccia nel nostro cervello… ma a che scopo riattualizzarlo? Ha forse a che fare con l’emergere di un ulteriore livello di percezione della coscienza, o anche, più semplicemente, con la manutenzione dei livelli acquisiti?

Sono stati riportati i sogni dove si incontra

1 – un bambino abortito bruciacchiato, e

   – l’indicazione di non fumare in gravidanza

2 – la fuga lungo una ciminiera infuocata, e

   – la salita faticosa a sole braccia per aver fumato in gravidanza

L’aver fumato in gravidanza e la fuoriuscita da un contenitore-condotto in un contesto di fuoco, apparentano i due sogni; assieme ad altri sogni qui non citati, siamo autorizzati a pensare che si tratti di un onirema, e a trattare i due sogni, un po’ come se si trattasse di uno stesso sogno; di conseguenza penso che il parto del sogno 1 possa essere attribuito anche al sogno 2, e si possa ritenere il mancato uso delle gambe del sogno 2 un’immagine pertinente anche al sogno 1, benchè ivi non compaia. Queste ipotesi, esemplificative del tipo di lavoro che si può fare con gli oniremi, possono non incontrare l’accordo di molti interpreti.

Se si aggiunge un altro sogno:

3 – una donna fa fatica a far passare in una manica la mano che tiene la sigaretta accesa

   – la sigaretta sparisce e nel seguito la situazione viene definita “una vittoria della vita”

Il percorso della sigaretta nella manica assomiglia alla fuga nella ciminiera, e la ‘vittoria della vita’ fa pensare all’esito di un parto difficile. Le associazioni precedenti (parto, fuoco), vengono dunque confermate nella loro coerenza, e sollecitano il sospetto  che il bambino sia la sigaretta stessa, sospetto che ci poteva cogliere già con il primo dei tre sogni, e cioè che – limitatamente a questo ambito – fumare equivalga a porre sul fuoco il bambino. Ma perchè, come si dice nel sogno 2), fumare in gravidanza (ossia porre sul fuoco il bambino) impedirebbe l’uso delle gambe?

A questo punto sono stati fatti intervenire altri sogni.

4 – Un antico egizio si fa trasportare in una portantina (e quindi non usa le gambe), chiusa come una cassa

   – Egli si trova in una località di nome “sigaretta”

   – Sigaretta,viene detto nel sogno, equivale ad Appennini, ed è anche il nome posto sul  bassorilievo di una zampa di capro fatto sulla cassa.

La gamba, messa fuori uso, è diventata la zampa di un animale maschio, e porta il nome di ‘sigaretta’.  La sigaretta. dunque, oltra a essere il bambino, è anche una gamba maschile (che qui calza uno Stivale).

Di conseguenza se la sigaretta viene fumata il bambino viene bruciato e la gamba non può più funzionare da gamba.

5 – In un medesimo sogno, riportato nella puntata, si ha a che fare con un pezzo di carne amputato da un piede e con un pezzo di haschisch da fumare, che ne è la evidente trasformazione.

6 –  Su bare destinate a maschi è rappresentata la zampa di un cavallo. Sulle altre, un volto di donna e/o il muso di un bue.

Quindi il fatto che in 4) si trattasse di un capro e non di una capra non è casuale.

Si conferma che siamo in un al di là, e che c’è una questione maschio-femmina centrata sulla presenza o meno di una gamba. Allora gamba = fallo, direbbe Freud. Già, ma ricordiamo che bruciare il bambino, nel mito, serve a renderlo immortale, e quindi non siamo nel contesto di un ‘complesso di castrazione’.

6 –  una donna introduce un proprio pene in un’altra donna

   –  da un posacenere si sviluppa un incendio

   –  essa si ustiona una gamba

   –  una bambina viene salvata dall’acqua

 

Usando l’equivalenza gamba-sigaretta, possiamo associare la sigaretta accesa  (il posacenere che genera un incendio) alla gamba ustionata. Ma questo accade con l’introduzione di un pene in vagina, ed è dunque lì che si sviluppa l’incendio: il pene è allora lo stesso bambino; si allunga di conseguenza la catena delle equivalenze: sigaretta, bambino, gamba, pene, dove il bambino che viene consumato col fuoco si conferma così essere un maschio. Ma infine dall’incendio emerge il salvataggio di una bambina

Ne segue che il fuoco opererebbe una trasformazione in senso femminile del bambino che nasce – la bambina salvata dall’acqua – (al che si comprenderebbe la violenta resistenza dei mitici genitori al rito del fuoco cui Demetra-Iside sottopone il bambino).

Fumare in gravidanza equivale dunque a mandare in fumo la maschilità, rinunciare a una “dimensione maschile in favore di una femminile”, espressione che ho virgolettato perchè al momento resta ancora vuota di senso, essendo per ora sconosciuto il valore di ‘maschile’ e ‘femminile’ al livello degli oniremi.

  Ma se fumare in gravidanza significa, in base al mito, anche temprare il bambino sul fuoco per farlo diventare immortale come un dio, questo potenziale destino apparterebbe al femminile – il contrario, dunque, di una castrazione – , e proprio questa eventualità terrorizza e viene esorcizzata.

Sempre in questa puntata si riporta il sogno:

7 – Una ragazza andava in trance, durante la quale si affettava il piede destro, come se fosse coppa o prosciutto. Quando si svegliava aveva il piede più lungo del normale. Io dovevo partorire; ero convinta che fosse un maschio.  L’infermiera arriva con una bambina (…)

 

che ancora ci conferma che dall’amputazione di una gamba nasce – con delusione della madre – una bambina.

Il riferimento al prosciutto non è casuale. In un sogno riportato nella 4a puntata l’Io del sogno si stacca due tranci di carne della gamba per prepararsi la cena: la gamba, dunque, diventa cibo. La gamba che, tagliata, produce l’haschisch da fumare, o la carne da mangiare suggerisce l’idea di una reincorporazione del bambino o di una sua parte. Se ne riparla nella puntata successiva.

Se si sta all’interno di una prospettiva simbolica la traduzione delle immagini di parti del corpo procede dalla parte verso il tutto, dal concreto verso l’astratto: facilmente all’occhio viene associata la capacità esplorativa e conoscitiva della mente, alla gamba l’equilibrio, o il procedere, al pene la capacità fecondativa, etc.: anche se siamo ancora nel territorio del segno, il percorso è aperto verso il simbolo.

Invece in una prospettiva oniremica la traduzione delle immagini procede in senso opposto, dove l’immagine della gamba punta a condurci verso una delle sue molteplici funzioni costitutive alle radici della sua storia, lungo un percorso in senso inverso a quello evolutivo, verso un’origine, che supponiamo aver alimentato funzioni mentali della quale sarebbero le trascrizioni.

Non abbiamo molti mezzi per rifare questo percorso a ritroso, nè per averne le prove.

Uno di questi è il cercare di percepire gli strati più profondi del nostro corpo vissuto, che abbiamo conosciuto nella prima infanzia.

Mentre le braccia possono essere vissute come  appendici diramantesi dal tronco, e di conseguenza la loro indipendenza apparire naturale, le gambe se ne dipartono come se il tronco potesse venir diviso sagittalmente, e quindi ci suggeriscono un nostro essere divisibili in due. Se il nostro corpo è vissuto come un Uno,  le gambe, a differenza delle braccia, affacciano l’idea che dai piedi alla vita siamo anche un Due.

Le gambe, se riandiamo ai primissimi mesi di vita, ancora lontane dalla funzione deambulatoria, rimandano ai primi aggiustamenti dei riflessi di alternanza, prototipi – certo non gli unici – delle dinamiche psichiche di duplicazione, riflessione, contrapposizione, sintesi, etc.; dinamiche che ho riassunto sotto il cappello di dinamiche del Due e che – è sempre una congettura – avrebbero contribuito alla formazione e al funzionamento della mente, e ora – forse – alla sua manutenzione ed evoluzione.

In tal senso le gambe sono il primo caso qui messo in evidenza di parti del corpo in via ipotetica assunte in sè, quasi come codici operativi, o geroglifici di un linguaggio, più per una loro funzione parziale emersa per prima nel loro percorso ontogenetico che per le funzioni mature integrate nel resto dell’organismo, come la stazione eretta e lo spostamento.

Se per un verso questa simmetria  viene percepita come un’unità, come se avessimo il corpo delle Sirene, per un altro questa unità è bipartita, e il subentrare di un’asimmetria come il monosandalismo assume un particolare rilievo, mette in evidenza la rottura di una simmetria: non una coppia dove ciascun elemento è neutro o al più cooperante rispetto all’altro (come per le braccia), non più un Uno isolato, come il tronco o la testa, ma un ‘Uno di Due’, dove c’è un elemento simmetrico messo in disparte. Questo tipo di dinamiche primarie, che si sarebbero via via inscritte contemporaneamente nel corpo e in mappe cerebrali con l’emergere dei vari organi e delle loro funzioni, hanno fatto – questa è un altra congettura di base relativa agli oniremi- da stampo a dinamiche della mente, guidandone lo sviluppo e la manutenzione.

 

7 –  Il bambino è servito in tavola

 

La trama dell’onirema: una madre mette a cuocere un bambino per darlo in pasto.

Che si tratti di un onirema, basterebbero a provarlo questi tre sogni, scelti tra diversi altri simili, e che qui riassumo:

– Partorisco due gemelli.

A casa ci sono tutti i parenti invitati a pranzo.  Offro la pizza a tutti per festeggiare.

 Mi accorgo che la pizza è costituita dai gemelli stessi. Così i parenti mangeranno la pizza e quindi anche tutti i bambini.

Penso con sgomento che i bambini – pizza verranno consumati ad esaurimento. Per salvaguardare la continuità dei bambini cucino una minestra.

 

– Sono in montagna con una coppia di amici. Lei è incinta

Il bambino è nato. Io prendo in braccio la donna   e l’amico prende in braccio il bambino.

(la donna è quindi nell’impossibilità di usare le gambe)

Nel rifugio l’amico dice che ha messo il bambino nel forno, per riscaldarlo;

tira fuori dal forno cibi abbrustoliti e bistecche.

Poi arriva una donna con il bambino in braccio: ‘allora era uno scherzo!?’

Mi trovo dal mio analista (…) il quale  mi dice che sugli autobus “misti” si trova a disagio, perchè le donne lo evitano.

Gli faccio notare che le nostre gambe si stanno toccando (…).  Tra me e il mio analista gesti affettuosi.

Muoiono molti bambini; c’è un bimbo di 2-3 anni nella cassa; sgambetta e si alza(…).

Mi passano davanti i vari tipi di sepoltura dei bambini nei secoli.

Nella prima immagine c’è un tavolo per fare la pasta. Nella seconda compare il tavolo, la farina, la sfoglia fatta, i bambini morti. Nella terza c’è tutto questo più la sfoglia che ricopre i bambini morti. Nella quarta, infine, compaiono i bambini morti nella cassa, avvolti dalla pasta.

Parlo con qualcuno e gli dico che la pasta verrà messa nel forno.Quello ribatte: “Che schifo! la pasta si mischierà con gli umori dei morti!”

 

Dal primo e dal secondo si deduce che in realtà i bambini sono due, dal secondo in particolare si vede che solo uno dei bambini è stato arrostito, trattamento diversificato che – come visto nella precedente puntata – colpisce spesso i gemelli e le coppie di bambini.

Compare così un altro onirema del quale tratterò estesamente in futuro, e al quale ho dato il nome di ‘doppia gravidanza’. Non si tratta però solo di gravidanze, ma anche di parti, o di bambini piccoli già nati.  E ‘doppio’ non significa che abbiamo a che fare sempre con gemelli; e neppure sempre con due bambini: a volte troviamo un bambino assieme a un animaletto comparso lì per caso, o una coppia di animaletti.

Naturalmente il ‘forno’ non è cosa diversa da un ventre materno, e lì – in quell’ ‘al di là’ infuocato – nel terzo sogno si dice debba compiersi una temuta digestione: il mescolamento della pasta con l’umore dei morti, ossia della carne con il sangue. Nella prima parte del sogno si allude a un altro mescolamento, di un uomo con una donna (a causa degli autobus ‘misti’, come i forni) attraverso le gambe. Si ribadisce dunque che in questa alchimia le categorie di maschile e femminile vengono messe in gioco, un mescolamento che chiama in causa le gambe, e diventa ‘schifoso’ se evoca quello tra carne e sangue.

Gli oniremi non sono ben confinabili l’uno rispetto all’altro, ma – se poniamo attenzione all’insieme dei sogni che gravitano su di essi – sono legati tra di loro con continuità, non in modo lineare ma come in una rete. Una rapida sintesi della rete vista fin’ora:

Il bambino messo sul fuoco – della precedente puntata –  riappare nel bambino da mangiare, e lo ritroviamo ora nelle vicende culinarie dei due gemelli, a loro volta legati all’onirema della doppia gravidanza. Si è visto anche come questi oniremi ruotino attorno al motivo chiamato da Hillman  ‘passaggio nell’al di là’, già segnalato in altri contesti, inclusi il mito, il rito, la fiaba. Appartiene a questo ambito quell’evento che ho chiamato trance onirica, quella morte-sonno dell’Io del sogno, che – come tutte le morti oniriche – si fonda su di una sovrapposizione tra due stati, di presenza e assenza, che nulla ha a che vedere con il concetto di morte che abbiamo nella veglia.

La strada seguita grazie ad altri oniremi ci ha portato a collegare il fuoco su cui veniva esposto il bambino in culla, situazione assimilata a una cosiddetta gravidanza, a un impedimento che accade alle gambe, dove le stesse gambe, o una di esse, può prendere fuoco, anzi può essere assimilata a una sigaretta mezzo fumata, in una girandola di oniremi capaci di confluire l’uno nell’altro, e nella quale ho messo in evidenza – appunto – la rete di connessioni tra “bambino – gravidanza – fuoco – gamba – sigaretta”.

Sia i piedi che vengono mangiati, che le sigarette di cui si aspira il fumo, si ricollegano al tema di questa puntata, il bambino che viene messo in forno per essere mangiato, processo che può essere sintetizzato come una reincoporazione..

Si è visto per ultimo che viene sollevata un’incertezza sul sesso del bambino, con l’esito di un passaggio dal maschile (sperato) al femminile (deprecato), quasi fosse l’esito del processo che ha visto il bambino messo a contatto con il fuoco.

Mi viene da pensare che il tipo di preparazione visto nell’ultimo sogno sia assimilabile a un ‘calzone’, ossia che il risultato dell’operazione sia di segno maschile (come la gamba – sigaretta della puntata precedente). Si tratta di bambini che vengono rivestiti in modo tale da diventare ‘maschi’, e che quindi possiamo pensare non essere stati in precedenza  di sesso definito, oppure essere destinati a essere bambine.

Sembra che lì la commistione con il maschile incontri dei problemi (negli autobus misti l’analista viene rifiutato, il contatto tra pasta e umori dei morti è schifoso), e che l’Io del sogno cerchi di mascherarla con l’erotizzazione del rapporto edipico con l’analista.

Che in ordine di tempo il primo sistema di conoscenza sia l’incorporazione lo sappiamo anche dal bambino piccolo, che conosce il mondo mettendoselo in bocca.

Sappiamo pure che non dobbiamo pensare al poppante come a un essere che prima soddisfa le sue esigenze biologiche di nutrimento e che solo dopo, quando sazio, incomincia a spalancare gli occhi sul seno e sulla madre. Il bisogno di sopravvivere ingoiando latte, e il piacere che ne deriva, agli esordi coesistono con il bisogno di espandersi, e cioè di conoscere. Mangiare e conoscere per il poppante sono indistinguibili.

Assumiamo dunque il ‘mangiare il bambino’ nell’ottica non di un negativo regresso all’oralità, ma dell’incorporazione di qualcosa d’altro da sè, secondo l’originaria finalità nutritiva-conoscitiva del mettere in bocca.

E perchè il pasto ha per oggetto dei bambini? Credo che – sopratutto per le donne – il bambino sia legato alla percezione che il corpo ha della possibilità di rigenerarsi, e di conseguenza così pure la mente, incorporando in nuovi sistemi funzionali i propri prodotti, e dove fin dall’inizio ciò che si può rigenerare è un Due, cioè qualcosa che contiene sempre come nucleo vitale la possibilità dell’autoriflessione e della contrapposizione.

Nell’al di là si verifica allora un ‘mescolamento’ tra un maschile e un femminile? un sistema conoscitivo deve perdere i propri confini identitari per includere funzionalmente un altro sistema conoscitivo col quale è venuto a contatto. Perdendo i propri confini, viene meno anche la capacità di ciascuno di questi sistemi che si ‘sposano’ di vedere quanto accade loro, di poter fare da specchio alle loro stesse nozze, evento  che dunque si svolge fuori dal loro sguardo, vissuto ma non visto, e anche per questo forse appare  svolgersi in un al di là; ed è terrorizzante come una morte, proprio perchè dissolve un’identità. In linguaggio psicoanalitico, saremmo di fronte a una scena primaria.

 

8 – Dalla parte dell’occhio

 

Strada facendo in questa prima rete di oniremi ho tralasciato un dettaglio che a tratti fa capolino: le vicissitudini di un occhio che ora viene asportato, ora risucchiato dentro il corpo, come se venisse in qualche modo – esso pure, come il bambino – incorporato.

Rileggiamo in parallelo due sogni, in particolare confrontando i passi evidenziati con uno stesso colore:

1- Un uomo punta una pistola premendola contro la schiena nuda di una donna.

 Con un movimento dentro- fuori, crea un buco a forma di occhio e arriva fino al rene.

Il rene sembra un bottone che – pigiato – tira verso il basso una corda, e questa corda è collegata all’occhio sinistro della donna.

L’occhio della donna viene risucchiato all’interno cadendo giù.

Io urlo e gli chiedo almeno di tamponarmi l’orbita nuda.

Lui prende delle pinze da chirurgo, e dell’ovatta che immerge nell’alcool, dopo mi infila l’ovatta nell’orbita vuota. Il dolore è allucinante, e urlo, urlo.

Lui tira fuori dal buco, all’altezza del rene, il mio occhio e lo mette su un piatto bianco.

 

 2- Un medico mi visita. Mi gira, e mi massaggia la schiena, e in un punto basso sulla spina dorsale trova un inspessimento che mi fa male. Mi sveglio, e più mi massaggia più mi deprimo e piango.

Vado in bagno, e per asciugarmi le lagrime uso lo stesso cotone usato per il massaggio.

 Mia sorella mi avverte che è imbevuto di una sostanza tossica.

 

Oltre alle analogie segnalate (con il colore) ve n’è un’altra: nel primo sogno il buco nella schiena e l’occhio sono collegati da un cordone; nel secondo il cotone usato per la schiena è lo stesso di quello che viene usato per l’occhio, dove dunque occhio e schiena vengono accomunati da uno stesso fluido con il quale vengono in contatto e da una stessa azione.

Ciò che nel secondo sogno non avviene è la caduta dell’occhio (testo in verde). Non avviene perchè c’è un processo che si è arrestato, forse per l’angoscia provata dall’Io del sogno?  Un terzo sogno:

 3- Un camino acceso. Sopra, una culla di legno che si incendia

In basso a sinistra un tunnel dove un uomo carponi si muove per raccogliere la cenere

Un serpente eretto con occhi bianchi sporgenti

L’occhio di un uomo è scivolato all’interno, come può accadere con le bambole

al suo posto nella fessura c’è la presenza irritante di uno scarafaggio

Qui ritroviamo l’occhio che scivola all’interno.Inoltre viene naturale vedere il movimento dell’uomo che raccoglie la cenere carponi nel tunnel come una forma di un va e vieni, analogo a quello del massaggio o della pistola nel buco della schiena.

Se poi leggiamo quest’altro sogno:

4- Un uomo mi segue in bagno e mi masturba.

Voglio raggiungere l’orgasmo, ma questo non si verifica.

Fuori una bimba piange e urla perchè, giocando con delle amichette, ha perso un occhio.

I medici hanno dovuto asportarglielo all’istante. E’ disperata.

Si definisce un filone vagamente erotico, che si può ritrovare raccontato in una gamma di varianti, come una penetrazione in un buco della bassa schiena, o come uno sfregare, o rovistare in una cavità, o una masturbazione. La cavità può essere anche l’orbita, che può diventare sede di un bruciore (che ci ricorda il ‘fuoco’).

Questo non ci autorizza a dire che l’occhio sia  “simbolo” di un organo sessuale (o viceversa); ma orbita e vagina in certi contesti onirici condividono alcune caratteristiche, e – almeno fino a un certo punto – possono essere considerati equivalenti. E quanto all’occhio, può anche essere un uovo, o un alambicco abitato da un homunculus,…. un bambino.

Ce n’è abbastanza per apparentare i quattro sogni, in quanto tessuti in una stessa rete di oniremi. Ma nel terzo appare un’immagine inedita rispetto ai due precedenti, la culla infuocata (l’onirema del bambino sul fuoco). Come mai negli altri non c’è nessun bambino che brucia?

Per vedercelo, occorre cogliere alcuni elementi che fanno da cerniera.

Pongo le seguenti equivalenze (la seconda delle quali, nella relativa puntata, è stata giustificata tramite etimologie e sogni):

orbita che brucia = culla infuocata nel camino

occhio = bambino (nell’orbita-culla)

L’occhio-bambino viaggia all’interno, come incorporato:

5 – Riproduzione assistita. La dottoressa vede con un apparecchio radiografico delle ‘pasticche’ nei miei lobi frontali, sono gli embrioni che hanno attecchito lì.

Mi introduce attraverso  al collo un lungo ferro per raggiungere gli embrioni, toglierli dalla testa e metterli nell’utero.(…)

 

La migrazione di una coppia di embrioni, dalla testa, in una posizione frontale come due occhi, fin nell’utero, ci riporta alle migrazioni che si verificano con le cellule dei protoorgani  nella fase embrionale. Operazione che ha punti in comune con il sogno seguente, nel quale ritroviamo l”esplosione’ (o l’incendio):

6 – Una donna, che sembrava un cadavere, ha quattro occhi, due sta per perderli e due sono nuovi, grazie a un trapianto.

– si deve pulire una caldaia dall’interno; allo scopo si ripete un movimento di entrata uscita

– la caldaia scoppia, nell’incidente muoiono due bambini.

– si va nel reparto di ostetricia.

 

…dopo una serie di tentativi fino a che la caldaia scoppia. Muoiono due bambini; poi, se si va nel reparto di ostetricia, vuol dire che altri ne potrebbero nascere: come i due occhi che cadono lasciando il posto ai nuovi. E quei movimenti ripetuti per fare pulizia?

Rientrano in questa falsariga delle immagini che possono riferirsi a un evento sessuale, qualcosa di simile a una masturbazione, rappresentata anche come un semplice sfregamento.Mi riferisco ai sogni con il movimento di va e vieni della pistola nel buco sulla schiena, il massaggio sulla schiena, l’uomo che fruga nel tunnel. Al momento non so fare nessuna ipotesi interpretativa in proposito.

C’è comunque da chiedersi perchè il rapporto sessuale non sia rappresentato esplicitamente, dal momento che non siamo in contesti – quelli delle sognatrici e della loro cultura, nonchè della cultura collettiva – in cui una rimozione del genere sia necessaria, nel sogno come in un racconto in analisi. Sembra infatti che l’azione che viene messa in evidenza sia invece anzitutto quella dello ‘sfregamento’, e che questa venga solo in seconda battuta riletta in chiave sessuale.

Viene in mente che la prima forma di relazione che coinvolge il neonato è il contatto epidermico, ora aggressivo (come i vestiti, o la luce), ora consolatorio (come il calore, il contenimento e la carezza), ma anche con propriocezioni irritanti del corpo (come le prime forme di escrezioni); tuttavia lo sfregamento fondante ogni contatto successivo, e motore di ogni senso vitale,  è quello della bocca con il capezzolo. E se si stesse parlando di una riattualizzazione di questa esperienza, perchè in un registro così doloroso?

La ‘nascita-esplosione’ si ritrova in sogni con ‘uova esplosive’:

 

– Ero minacciata e inseguita da un uomo; mi rifugiavo in casa e prendevo un fucile, sparavo e caricavo il fucile con uova.

 

– In una casa avviene un’esplosione

Una coppia, che non si è messa al riparo, viene disintegrata

Io sono un pesce che depone uova e poi muore

Un maschio le feconda, nascono nuovi pesci

 

– Il mio gatto è moribondo, con la pancia squarciata per il lungo.

Un uomo mi spiega che è opera di mafiosi che vogliono coinvolgermi in un lavoro

Costoro hanno scoperto che le uova contengono una sostanza esplosiva, se ne possono fare armi.

 

E a proposito di incendi vale la pena ricordare il sogno della sigaretta che sparisce nella manica…

 

(…) Temo che la sigaretta rimasta dentro la manica mi bruci il cappotto.

Invece una signora seduta, con il suo intervento l’ha deviata.

 Mi fa sdraiare; prende una brocca, temo che ci sia dentro del profumo.

 Mi rassicura che c’è acqua, il profumo l’ha usato per disinfettare le mani.

Mi versa lentamente l’acqua sugli occhi. Agli inizi mi agito un po’ perchè temo che il trucco degli occhi mi bruci. Lei smette e dice: ‘bene, è una vittoria della vita’. (…)

 

malgrado l’andamento rassicurante, si parla di fuoco e di occhi che bruciano, oltre che della probabile nascita di un bambino. E ritroviamo le sigarette.

Abbiamo allora sogni in cui il viaggio del bambino-occhio, accompagnato da un intenso vissuto di sofferenza, si conclude nel fuoco, e altri in cui l’accento viene messo in una sorta di nascita. Due nascite di tipo diverso? Ricordo che di solito i bambini sono due, con opposti destini, e può essere che il sogno segua ora la strada dell’uno, ora quella dell’altro.

Va tenuto conto che i sogni dei quali si sta parlando, qui e nella puntata precedente, sono stati fatti tutti da donne: siamo alla caccia di un sottostante processo mentale che ha a che fare con la produzione/assimilazione di qualcosa che oscilla in un suo identificarsi con una categoria femminile o maschile.

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10 Risposte a “Piccoli sogni simili – Sintesi delle prime 8 puntate”

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