4. L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno

di Adriano Alloisio

(Puntate precedenti: 1. Introduzione a una ricerca2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico; 3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno )

L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno

 

…scopro che i ladri sono entrati in casa. Mi ricordo però che uscendo non avevo chiuso a chiave la porta, anzi l’avevo accostata…

 

Volendo parlare dei motivi tipici, gli oniremi, va prima inquadrata la struttura di base di questi ‘piccoli sogni simili’, struttura che ha comunque molto in comune con quella di ogni sogno. Comune a tutti è quel personaggio chiave, già chiamato in causa nella puntata precedente, che viene indicato con “Io del sogno”.

L’ essere presenti nel proprio sogno è così connaturato al sognare che non verrebbe neppure da porsi delle domande sulla natura e sulle funzioni di questo personaggio, al quale in genere la psicoanalisi attribuisce il ruolo di rappresentare una parte inconscia dell’Io della veglia, e quindi un aspetto nascosto e da decifrare della personalità. Se è un sogno, è ovvio che ci siamo dentro anche noi in prima persona, che altro c’è da dire?

Eppure anche un frammento banale come quello appena riportato pone qualche interrogativo all’interprete.

Il ladro che penetra in casa – motivo a chiunque riconoscibile come tipico – è da intendersi come l’irruzione di istanze, ancora estranee al complesso dell’Io, che si fanno presenti, minacciandolo nella sua compattezza.

E allora come interpretare la disattenzione di quella porta lasciata aperta? Un’inconsapevole collusione da parte dell’Io del sogno con quelle istanze, oppure, non volendo ammettere falle nelle potenzialità del proprio sistema difensivo (le porte ben chiuse non lasciano mai entrare i ladri!), ecco che lui si inventa una dimenticanza per nasconderne la fragilità (non avevo chiuso bene la porta)?

Credo che sulle funzioni dell’Io del sogno sappiamo ancora poco. Abbiamo già visto che anche sulla questione fondamentale del rapporto tra l’Io del sogno e l’Io della veglia non c’è accordo neppure tra gli epigoni di uno stesso caposcuola come Jung, e neppure sappiamo se l’Io del sogno sia uno strumento fatto ad hoc per il sogno, o se ce lo ritroviamo anche con funzioni permanenti che agiscono nella veglia. Si tratta tuttavia di questioni che escono dai confini di questa ricerca, che si limita a orientarsi verso trame elementari, gli oniremi – i ladri che ci derubano ne è uno -, alle prese con l’attività neutralizzante e oppositiva dell’Io del sogno.  Mi sono quindi attenuto a una distinzione esplicita tra Io del sogno e Io della veglia, escludendo dalla ricerca la relazione tra le due funzioni, rinunciando così a trattare di un utilizzo pratico di questo tipo di sogni:  pertanto non mi interesserò di un’eventuale funzione degli oniremi come messaggio alla coscienza per venire da essa decifrati, mentre terrò viva la congettura che essi possano agire alle spalle dell’Io, tentando di modificare il suo modo di funzionare. Nell’ipotesi che avanzo gli oniremi dunque non sono l’esaudimento di un desiderio  rimosso, non  hanno una funzione simbolica, nè hanno come destinatario un’attività interpretativa della coscienza  (ma non escludo che a partire da essi, in tempo reale, il sogno possa via via derivare immagini e trame con funzioni simboliche). In ogni caso sono però orientato a vederli portatori di attività trasformative.

 

Processi di assimilazione

 

Nella puntata precedente ho accennato al fatto che l’Io del sogno si manifesta mostrando gravi limitazioni – diciamo così – mentali. Da un lato egli non capisce molto di quanto gli va accadendo, nè si fa troppe domande in proposito, pronto ad accettare anche le cose più strambe; da un altro affiora  una sua partecipazione nel dare una forma il più possibile accettabile agli eventi: di solito ciò che lo disturba maggiormente è che essi non ubbidiscano al principio di non contraddizione, se è vera una cosa non può essere vera anche l’opposta, e l’Io del sogno si affanna come può a tagliar via i versanti contradditori e inquietanti, e a ricondurre lo sconosciuto al conosciuto. Se sognamo una vecchia, fin nel resoconto da svegli cerchiamo di darle un volto noto, “assomigliava a mia nonna…”. E’ infatti più inquietante accettare che fosse davvero una sconosciuta, e già nel sogno cerchiamo di attribuirle un’identità: non sarà un’identità a caso, ma comunque sarà in genere un’identità sovraimposta a un’originaria vecchia sconosciuta; nel sogno tuttavia da quel momento la vecchia assumerà effettivamente tutti i connotati, ad esempio, della nonna, e al sognatore apparirà come se la ‘nonna’, fosse il risultato del suo aver aguzzato lo sguardo, e non di un’inconsapevole manipolazione. E se nel sogno appare senza ombra di dubbio un evento assurdo, ad esempio la nonna è vistosamente truccata, questo viene assimilato con il commento: “e’ una cosa assurda”, e l’incontro con l’assurdo si esaurisce lì.

 

Un’operazione che facciamo già comunemente nella veglia nella nostra attività conoscitiva è quella di tentare di assimilare il non noto, l’Altro, a ciò che già ci è noto, essendo ogni novità temuta come destabilizzante, ed essendo l’assimilazione anche la via più rapida per dare una prima rapida risposta alle sollecitazioni del reale. Assimilare significa: grazie anche a qualche gioco di prestigio, constatare automaticamente che in sostanza non c’è nulla di nuovo, e che ciò che già si sa è comunque sufficiente per riconoscerlo e adattarvisi.

E quindi laddove il sogno è luogo di incontro tra un non noto e la nostra presenza e intenzione di ‘esserci’ con continuità, ecco che immagini e trame diventano formazioni di compromesso, che possano essere accettate dall’una e dall’altra istanza, fatto che aveva spinto Freud a teorizzare l’esistenza dei vari meccanismi di rielaborazione operanti nel sogno. Da un punto di vista fenomenologico, sembra infatti che l’Io del sogno contribuisca spesso a dar forma alla realtà che incontra.  Si riscontra in genere che se da un lato l’Io del sogno si comporta rispetto agli eventi come uno che viene sorpreso da qualcosa che deve comunque subire, dall’altro c’è da chiedersi quanto a sua insaputa abbia collaborato a plasmarli in un certo modo. Insomma è un sempliciotto ma anche un furbetto.

L’Io del sogno sembra non sapere nulla dei conflitti che si svolgono dietro alle quinte alla ricerca di compromessi, anche se di solito si trova più allineato con le istanze conservatrici, come se rappresentarle e sostenerle fosse uno dei suoi compiti. Compiti che egli assolve anzitutto con il suo atteggiamento naturalmente acritico, adatto a far passare come cosa nota e naturale i compromessi più singolari, ai quali il suo stesso sguardo contribuisce, con una sorta di inconsapevole interpretazione durante il sogno.

Ma non sempre:

..inforco la moto e corro come una saetta nel traffico evitando le macchine, i paletti e le buche nel terreno, come in uno slalom….

 

qui l’acriticità non è al servizio di un compromesso con l’incontro con l’Altro, ma al contrario viene usata per corroborare la trionfale sicurezza dell’Io del sogno, che sembra inossidabile rispetto a qualunque senso del limite.

In generale la trama di un sogno, ridotta all’osso, può essere appunto descritta come uno scontro e un tentativo di reciproco adattamento tra un mondo altro e l’Io del sogno, adattamento percorso da prevaricazioni dell’una e dell’altra parte, camuffamenti, lavorii dietro le quinte.

 

Mom adr0003 [1] Sono alla stazione e devo prendere il treno per tornare a casa. Viene annunciato che è su un binario diverso, che ora voglio raggiungere attraversando. In mezzo c’è un altro treno, in un primo tempo penso di passarci sotto, ma poi vi salgo con l’intenzione di scendere dall’altra parte. Mentre sono su, le portiere si chiudono e il treno parte. E’ un treno a lunga percorrenza diretto a X….

 

Qualcuno ha teso una trappola all’Io del sogno perchè non tornasse a casa, e l’Io del sogno non è stato molto attento a non caderci. Anzi, se l’è proprio cercata. Così il sogno continua:

 

… Telefono a mia madre, avverto il controllore, il quale mi dice che alla prossima stazione attiveranno un treno apposta per portarmi indietro….

 

Evidentemente si tratta di un Io del sogno che ha potenti santi in paradiso (e cioè è molto ‘forte’ e determinato).

 

…Intanto ci sono degli uomini che fanno qualcosa di losco, io lo vedo, e a quelli non garba.  Poi sono in casa, c’è una festa con amici e il mio fidanzato. Arrivano gli uomini di prima, che vogliono picchiarmi e uccidermi….

 

Forse quell’ignota destinazione evitata avrebbe comportato danni all’identità dell’Io del sogno, e ora però il problema è stato solo apparentemente aggirato e si è ripresentato sotto altra veste, la minaccia da parte di loschi individui.

 

… Scappo sul balcone, mi calo giù, scavalco una rete dopo aver buttato le scarpe con il tacco dall’altra parte, corro via, mi trovo in un grande magazzino di una metropoli, e infine con un ascensore arrivo in un sotterraneo.

 

Il modo di mettersi al riparo rieccheggia la trama di un’avventura rischiosa, buttarsi giù da un luogo posto in alto, essendo la caduta un modo tipico dell’Io del sogno di incontrare la propria perdita di identità. Ma qui ci si limita a perdere le scarpe, segno che comunque qualcosa è successo, alle soglie di una sorta di processo iniziatico, che però – stando al finale – è stato registrato (la discesa nel sotterraneo) ma assorbito senza conseguenze.

Noto di passaggio che questo sogno contiene degli oniremi (salita e caduta, perdita delle scarpe, movimento orizzontale contrapposto a quello verticale), ma la sua struttura, pur essendo tipica (evento dislocante, difesa, riapparizione dell’alterità evitata, fuga) si situa in un quadro che forse va oltre al ricorso agli oniremi, e dove si gioca probabilmente un confronto con l’archetipo materno. Ho fatto ricorso a questo sogno come esempio della multiforme capacità di adattamento dell’Io del sogno nel suo inserirsi nella pieghe della trama, manipolandola.

In questo suo decodificare ingenuo, difendersi, reagire, trovare o accettare aree di compromesso, contribuire a riplasmare a suo uso e per quanto possibile le immagini, l’Io del sogno ha e mantiene una personalità, il suo comportamento si presenta con delle costanti, una specie di stile calligrafico tipico di ciascun sognatore (nell’esempio fatto la sua ‘forza’, la capacità di piegare gli eventi a proprio vantaggio, vedi il treno apposta per lui). Credo che il carattere dell’Io del sogno rispecchi in parte un carattere della personalità del sognatore, da quest’ultimo non riconosciuto; un carattere come può apparire dall’esterno, visto da un occhio altro, e in questo senso viene da dire che riflette dei lati inconsci.

 

Esiste, come sappiamo, una seconda modalità del movimento conoscitivo, quella che Piaget ha chiamato accomodamento: cioè una ristrutturazione del nostro sistema di conoscenza resa necessaria quando il nuovo è così altro che con esso si fa difficoltà a venire a patti. Questo tipo di novità può appartenere sia al modo di rappresentarsi del rimosso freudiano, sia al simbolo junghiano, tant’è che c’è bisogno di un’interpretazione per colmare il divario tra il sogno e “ciò che vuol dire”. Nel caso degli oniremi, che non ritengo portatori nè di rimossi nè di simboli, la novità veicolata potrebbe consistere – come già detto – in una ristrutturazione delle funzioni conoscitive del complesso dell’Io, in zone irraggiungibili dalla coscienza. Di questo parlerò nella prossima puntata, a proposito degli stati prossimi alla morte dell’Io del sogno che affiorano a volte nelle trame del sogno stesso.

 

Il Corpo dell’Io del sogno e lo Scenario

 

Stando a una lettura psicoanalitica, l’alterità alla quale l’Io del sogno deve far fronte è rappresentata sopratutto da personaggi minacciosi, nemici, per lo più sconosciuti, come il ladro, l’uomo di un’altra razza, il nazista, o anche da animali pericolosi.

Eppure con tutti costoro è in genere possibile una relazione, esistono dei linguaggi comuni, dei gesti comprensibili, inclusa una reciproca violenza. Tanto più in un sogno come il seguente, dove l’Io del sogno si muove specularmente rispetto all’Altro, vissuto come violento e minaccioso.

 

cmi adr0073 Sono in casa, sento dei rumori, vado a vedere ma non c’è nessuno. Poi i rumori aumentano e in soggiorno vedo il divano e le poltrone sul terrazzo, e alcuni oggetti mancanti. Intanto un ladro mi trascina sul terrazzo  ha in mano un batuffolo con cloroformio per addormentarmi, ma riesco a girare la testa. Prende allora una fialetta di cianuro, la rompe e vorrebbe farmela inghiottire. Giro la testa, un dito mi si bagna di cianuro, e lo metto in bocca al ladro, che però non ne viene in alcun modo danneggiato.

 

Interessante il vicendevole tentativo di  addormentare l’altro. Ci ritornerò presto.

 

E la relazione con l’ambiente fisico?  Questo è per lo più neutro: una strada, un grande magazzino, una spiaggia, un salotto, come fossero cornici utili ma non indispensabili per contestualizzare la vicenda,  estratte dall’album delle foto ricordo. Ma quando le tubature dell’acqua si mettono a perdere, il mare diventa tempestoso, l’ascensore impazzisce, le scale diventano impraticabili, una pila di piatti crolla, l’auto va spontaneamente a marcia indietro… l’ambiente esce dalla sua geografica neutralità, diventa un soggetto attivo che si presenta radicalmente altro rispetto all’Io del sogno: uno scenario (d’ora in poi lo chiamerò così) che gode di autonomia e che spesso si impone nelle vicende in modo ostile, non essendoci possibilità di interlocuzione; e l’Io del sogno deve spesso fuggire, ripararsi, scoprire che nulla corrisponde alle sue aspettative, inventarsi nuove vie di uscita, o manipolare quella realtà a proprio uso.

Lo scenario, quando è aggressivo, viene vissuto e si comporta come un’alterità che può essere solo subìta, che impone le sue regole; se può capitare di mettermi a lottare con il ladro, non ho mai constatato – parlo ovviamente di sogni – che mi metta a litigare con un ascensore che si muove come impazzito, minacciando la mia incolumità. Si può obbiettare che il sogno trae ispirazione dalla vita della veglia, o addirittura la copia, dove l’ambiente è dotato solo della sua inerzia materiale, e dove con un ascensore non si litiga; ma allora perchè tanti oggetti possono subire trasformazioni che nella realtà non si danno? e perchè a volte nel sogno gli animali parlano? La memoria della vita reale può funzionare come una falsariga obbligata, ma spesso viene elusa, violentata da accadimenti clamorosi e ingiustificati sul piano del ricordo.

 Lo scenario ha le sue radici in una progressiva estensione del corpo, a partire dalla tazza del water e dal locale del bagno (che certa psicoanalisi vede come una rappresentazione del corpo materno, e quindi ancora come un ‘corpo’), via via fino a tutta la casa, cantine e sottotetto inclusi, alla città, alla campagna e ai monti, all’auto, estensioni che tuttavia l’Io del sogno non riconosce appartenere al proprio corpo. Ma, come nell’incisione di Escher (una veduta di Savona), la separazione tra ogni interno e il corrispondente esterno è illusoria e  fluida, mentre all’Io del sogno appare fisicamente ben definita).

Una caratteristica comune degli oniremi è data dal fatto che essi coinvolgono quasi sempre il corpo in modo esplicito: a partire dal come si muove (con quale mezzo e velocità, in orizzontale o in verticale), fino a ciò che fisicamente gli accade: malattie, ferite, cadute, amputazioni, fuoriuscite di fluidi, escrezioni, ingestioni, iniezioni, fratture o distacchi di parti, indumenti e loro vicissitudini, gravidanze, mancamenti, interventi chirurgici…  etc. (la ‘zoppia’, in una precedente puntata, ne è un esempio). La casistica è sterminata, in accordo con il fatto che uno degli ambienti più frequentati dagli oniremi è l’ospedale, o lo studio medico. E quindi si dovrà porre una particolare attenzione al corpo dell’Io del sogno, quell’immagine e quell’esperienza che l’Io del sogno attribuisce a un proprio corpo, e che diventa il luogo dove viene ricavata la massima sovrapposizione e interazione tra lo Scenario e la soggettività dell’Io del sogno.

Relazione tra l’ Io del sogno, il suo Corpo e lo Scenario

 

 

Il corpo dell’Io del sogno funziona come un’intercapedine, una terra comune allo Scenario e all’Io del sogno, zona di contatto e di reciproco scambio (può essere illustrato dall’incisione di M.C. Escher, “Giorno e notte”, dove tra i due fiumi si stende un territorio di scambio tra due mondi opposti)

L’Io del sogno percepisce una netta separazione tra il suo Corpo e lo Scenario. Invece osservando criticamente le trame siamo più vicini alla rappresentazione di ‘Giorno e Notte’ di Escher, dove la transizione è graduale, anzi, i due poli sono costitutivi di una stessa unità.

Tra i momenti di maggiore continuità tra i due poli si possono annoverare i sogni in cui compaiono l’automobile e i servizi igienici.

Con le automobili in particolare l’interazione è molto articolata, la loro contiguità con il soggetto si fonda sulla onnipresente identificazione tra il guidatore e la sua auto. Nell’esempio che segue corpo e macchina si sono addirittura incastrati:

anf adr0075 (…) Sono andata in un negozio per cercare un fasciatoio, e scendo a un parcheggio; mi si affianca una macchina, che mi porta via un pezzo di gamba e un pezzo di braccio, che erano rimasti incastrati nella macchina. Una parte della gambe rivela la muscolatura. Penso: meno male che non c’è sangue. E invece in quel momento la ferita si riempie di sangue, e ne esce molto.

 

Quanto ai bagni, essi chiamano in causa – oltre agli orifizi che mettono in comunicazione l’Io del sogno con l’Altro – anche la superficie che dall’Altro lo separa, la pelle. Ma pelle può essere qualunque superficie che separa il proprio privato habitat dall’esterno, dalle pareti della stanza a quelle della casa,  come in questo sogno:

 

cmi adr0132  Entro in una grande toilette pubblica, forse di una scuola. Mi tolgo l’assorbente e per sbaglio lo butto nel water. Mi secco perchè non ne ho un altro di ricambio, ma poi penso che mi arrangerò con della carta igienica. Sono seduta sul water, e ad un certo punto scivolo dentro fino a toccare la porcellana. Date le mie fobie igieniche, decido di lavarmi e di farmi una doccia. Una coppia di amici mi avvisa che sto bagnando il muro, e mi fanno notare il soffitto tutto umido. Poi, in cucina, noto la macchia sui vetri. (…)

 

Qui viene suggerito un progressivo spostarsi della superficie di contatto del corpo con l’esterno, da un contenitore a uno più ampio, come in una matrioska al contrario:

 

– l’assorbente cade nel water, primo contatto di un interno con un nuovo contenitore esterno

– il contatto si rafforza tramite l’aderire della pelle alla porcellana del water

– attraverso alla doccia tutto il corpo si espone all’ambiente e ne viene investito

– la superficie del corpo con doccia  si ‘allarga’ al muro e al soffitto dell’ambiente, che vengono inumiditi dall’acqua

– l’umidità si sposta ancora più all’esterno, sui vetri della finestra, nuovo confine del corpo.

 

Il corpo dell’Io del sogno…dimentichiamo il corpo come lo conosciamo

 

Avendo voluto citare zone del corpo particolarmente frequentate dagli oniremi ho fatto più volte riferimento agli arti inferiori, restando implicito (almeno per ora) che la funzione menomata è quella della deambulazione. Farò ora alcuni esempi in cui entra in gioco una parte del corpo slegata dalla sua funzione fisiologicamente stabilita.

 

Una sognatrice fa, in momenti diversi, tre sogni. In ciascuno si parla di un Io del sogno addormentato, o sotto anestesia, o paralizzato. Ma mentre nel primo assistiamo a un particolare evento successivo all’addormentamento, nei successivi – a distanza di mesi – sembra che il sogno si fermi prima, memore di qualcosa di troppo doloroso da sopportare.

Soffermiamoci intanto sul primo dei tre, che chiama in gioco un onirema che riguarda l’occhio.

 

Mam adr0013 Vado da un medico omeopata, che mi visita e cerca di fare una diagnosi. Mi gira, e mi massaggia la schiena, e in un punto basso sulla spina dorsale trova un ispessimento che mi fa male. Mi sveglio, e più mi massaggia più mi deprimo e piango. Mi alzo e vado in bagno, e per asciugarmi le lagrime uso del cotone, lo stesso usato per il massaggio. Mia sorella mi avverte che è imbevuto di una sostanza tossica. Allora il medico era un sadico perchè non mi aveva avvertito. Il medico diventa cattivo e dice: “non vedi, quella persona come è conciata, non si merita che le venga data troppa retta.”

 

Lo stato di sonno serve qui per consentire un’operazione, che vediamo mettere in relazione il massaggio alla schiena con la sostanza tossica che provoca bruciore all’occhio. Sembrerebbero due momenti diversi, separati da un risveglio: tuttavia si tenga presente che quando si mette in scena il proprio addormentamento, e quindi ci si risveglia, il risveglio non equivale a un ritorno allo stato di veglia precedente il sonno, ma all’ingresso in una nuova situazione, per la quale il sonno aveva fatto da transito.

Che rapporto ci sarà tra gli occhi che bruciano e quel punto in basso sulla schiena? C’è un altro sogno, di un’altra sognatrice, che propone questa relazione tra due parti così distanti del corpo.

 

xxx mar0030 Un uomo punta una pistola premendola contro la schiena nuda di una donna, all’altezza del rene sinistro. Poi si allontana con la pistola e si mette a parlare con un’altra persona, che gli dice: “meno male che non le hai fatto niente; la pistola è insanguinata!” L’uomo, guardando la pistola, risponde: “hai ragione, eppure ho pigiato solo un po’; ma comunque che vuoi che sia!” L’uomo ritorna dalla donna di nuovo pigiando la pistola contro il rene, questa volta però con molta forza, tanto da creare un buco a forma di occhio e arrivare fino al rene. Il rene però, non è proprio un rene, sembra un bottone che – pigiandolo – tira verso il basso una corda, e questa corda è collegata all’occhio sinistro della donna. Quindi, mentre l’uomo spinge la pistola, l’occhio della donna sembra essere risucchiato all’interno, e questo la fa urlare disperatamente. In quel momento sento di essere quella donna. Urlo e mi chiudo l’occhio con le mani. L’uomo si diverte a fare entrare e uscire la pistola, ma alla fine spinge così con forza che l’occhio cade definitivamente! Io urlo e a quel punto gli chiedo almeno di tamponarmi l’orbita nuda. Lui prende delle pinze da chirurgo, con queste prende dell’ovatta e la immerge nell’alcool, dopo mi infila l’ovatta nell’orbita vuota. Il dolore è allucinante, e urlo, urlo. Lui intanto tira fuori dal buco, all’altezza del rene, il mio occhio e lo mette su un piatto bianco. Quando comincio a riaprire il mio occhio destro e a calmarmi, vedo l’altro mio occhio, grande, enorme, su quel piatto bianco, sembra che mi osservi.

 

Il rimando al sogno di Mam è evidente. Ed è sorprendente il seguente brano, trovato in un libro (Le Immortali dell’antica Cina – Taoismo e alchimia femminile” – C. Despeux -Ed. Ubaldini – pag 163) uscito in italiano un anno dopo il sogno. Anche se prescindiamo dalla terminologia alchemica, si coglie un punto importante:

 

Nel concepimento, una bambina riceve un’oncia di soffio proveniente dal piombo della madre, grazie a cui si forma il rene destro dal quale si diparte un cordone di seta che sale e va a formare le pupille. Dalle pupille si diparte un altro cordone che discende e forma in basso il cinabro-oro.

 

Il corpo onirico è dunque la sede di processi misteriosi cui non possono arrivare nè le libere associazioni nè i rimandi archetipici, e dove gli organi  non sono gli organi della nostra fisiologia nè quelli delle simbologie tradizionali, e  misteriose e inaspettate le relazioni tra di loro.

Ecco allora che altri sogni, pur restando incomprensibili sotto ogni punto di vista, si raggruppano con immagini simili attorno a un onirema, dall’esistenza altrimenti insospettabile:

 

teq adr0341 Un grande camino acceso. Delle mani vi appoggiano sopra una culla di legno scuro. La vedo come se – a partire dal centro – si stesse incendiando. Il mio sguardo va verso sinistra, in basso, e vedo un passaggio nel muro, un tunnel a volta che serve per raccogliere la cenere. Dentro c’è un uomo carponi che si sta muovendo per raccoglierla. L’uomo è grande dentro il piccolo tunnel. Poi vedo un davanzale fiorito, in alto a sinistra; in mezzo c’è uno strano essere, un serpente piccolo di color rosso mattone, per metà eretto, e con gli occhi sporgenti e bianchi. Infine vedo il viso del mio compagno, con il suo occhio destro scivolato in giù (come accade con le bambole), all’interno, e che ha lasciato una fessura dove si è infilato uno scarafaggio, rimasto lì a metà. Fa il tentativo di togliersi l’insetto scuotendo la testa.

 

C’è dunque un uomo che fruga in un piccolo tunnel che si dirama da un camino, e un occhio che scivola all’interno: la situazione non è diversa da quella del sogno precedente. Si aggiungono però elementi nuovi: una culla che si sta incendiando e un serpente in parte eretto. Siamo in pieno mistero, ma sono convinto che questi elementi potrebbero fornire qualche informazione anche per gli altri due sogni, poichè – sia pure con le debite variazioni individuali – abbiamo a che fare sempre con uno stesso sogno di base.

Sapendo che ci muoviamo nel buio fitto, di fronte a un sogno del tipo:

 

lat adr0140 Sono con mio marito e la moglie del mio analista; parlano, lui ha con lei un atteggiamento molto affettuoso tale da sorprendermi e rivolgere loro con gli occhi un benevolo rimprovero.  Sono su un’isola, e mio marito tiene tra le mani un mio occhio. Sono disperata, perchè all’interno lacrima, cerco di arrestare lo stillicidio con un batuffolo imbevuto di acqua ossigenata, ma vedo che non serve a nulla, mentre sono cosciente della perdita di energia, che nel sogno chiamo linfa, essendo il liquido incolore. Cerco un dottore, ma sono su un’isola e la cosa è assai ardua.

 

non vedo con quali elementi potrei avventurarmi in un’interpretazione; e come non notare che in  tre sogni si parla di un fluido immesso dall’esterno (liquido tossico – alcol – acqua ossigenata rispettivamente), e in due di essi di un fluido stillante dall’interno dell’orbita (lagrime – linfa)? E dove mettiamo i rimandi sessuali che, senza troppo sforzo, vengono in mente?

Vediamo però che si può fare l’ipotesi di un medesimo processo, che – a partire da uno stato dell’Io del sogno ancora dormente – nel secondo sogno viene spostato su di un’altra donna, negli ultimi due ancora all’esterno, in un’altra coppia; nel seguito il processo coinvolge sempre di più l’Io del sogno, in un contesto emotivo molto forte (piango – urlo – sono disperata). Tuttavia solo nel secondo e nel terzo il processo sembra superare questi ostacoli emozionali, e arrivare a un esito, la discesa dell’occhio.




Sembra che qui si tratti di un evento oniricamente traumatico, tant’è che nei sogni successivi  Mam cercherà di fermarsi allo stato di addomentamento o paralisi del corpo, senza andare a vedere cosa possa accadere dopo. Il misterioso processo sembra essersi arrestato. Del resto, il primo dei tre sogni di Mam si concludeva con l’uscita del medico: “non vedi, quella persona come è conciata, non si merita che le venga data troppa retta.”  Come a dire: la relazione col medico non funzionerà mai. Previsione che questi due sogni successivi realizzano:

 

 

Mam adr0088  Sono dall’analista. Si svolge un normale scambio di parole, con le pause naturali che separano l’intervento dell’uno da quello dell’altro. So però che prolungando la pausa prima di parlare – e questo avviene – mi subentra una specie di paralisi, come se fossi preda di una sostanza anestetica: la mente è lucida, ma i gesti sono goffi, lenti, e ciò mi dà molto fastidio. Così taccio perchè non riesco più a parlare.

 

Mam adr0111 Andavo dal dentista a farmi togliere un dente, anzi andavo dal suo collega, quello dal quale non andrei perchè fa male. Ma non sentivo neppure l’anestesia. Poi mi trovavo senza corpo, come paralizzata. Un’amica mi vede, ma non s’avvicina, come se non mi vedesse.

 

Allora: l’Io del sogno può viversi come separato da un corpo percepito come anestetizzato o paralizzato. La paralisi in questo caso subentra quando viene meno la relazione con l’analista (del sogno), come se il senso della propria corporeità permanesse solo nella misura in cui essa viene garantita dalla presenza diretta dell’analista. D’altra parte una relazione comporta sempre una castrazione, un dolore – in questo caso il viaggio di un occhio all’interno del corpo. Che sarà mai?

 

Prove di contatto ravvicinato tra Io del sogno e Scenario

 

Perchè l’alterità possa venir riconosciuta come tale bisogna che si incarni in immagini che restino sufficientemente distanti dall’Io del sogno, altrimenti essa si perde in un vissuto di identità in cui le differenze scompaiono. Bisogna cioè che la relazione tra i due poli venga mantenuta nel quadro di una distanza. Se il corpo dell’Io del sogno è il terreno sul quale più efficacemente l’alterità può sbarcare per farsi presente, esso è anche il più rischioso per la riuscita dell’operazione, in quanto l’emotività messa in campo dall’Io del sogno, direttamente investito da un’invasione nel suo corpo, può bloccare quello sbarco.

Ciò che permette un qualsivoglia movimento conoscitivo, a partire da quello di se stessi, è – dopo un primo contatto – la presa di distanza, cioè la separazione del soggetto conoscente dall’oggetto da conoscere; se l’oggetto siamo ancora noi, si deve verificare una sorta di duplicazione, quello sdoppiamento che ad esempio consente il flusso di coscienza durante la  veglia.

(Escher – vedi incisione –  è stato affascinato da queste strutture recursive, che ha poi ripreso  D. Hofstadter in Anelli nell’Io – Mondadori)  La cosa è impraticabile  se soggetto e oggetto restano impastati assieme, come accade quando gli accadimenti al proprio corpo onirico evocano vissuti intensi di ansia o dolore, coinvolgendo intensamente l’Io del sogno.

 

Una sognatrice vede il proprio corpo cospargersi improvvisamente di un folto pelo; nel sogno ne viene fortemente impressionata, e anche raccontandolo ne rabbrividisce. Un’altra nel sogno prova vergogna per un ciuffo di peli che le spunta dal costume: ambedue si risvegliano  angosciate. L’Io del sogno, infatti, assume questi eventi come menomazioni della propria identità, e non come incontri con l’alterità. Una terza sognatrice guarda con curiosità allo specchio il proprio volto dotato di barba: grazie allo specchio e alla duplicazione che ne è resa possibile,  il sogno in questo caso potrà continuare.

 

Sappiamo che l’Io del sogno è scarsamente o per nulla attraversato dalla riflessività, e pertanto la duplicità, sostitutiva della riflessività, può essere ottenuta tramite sdoppiamenti in altri personaggi, oppure mediante alienazione di parti del corpo, dove una gamba o un occhio non vengono vissuti come strettamente appartenenti all’Io del sogno ma come altre parti con cui entrare in relazione.

Due esempi, tanto per tornare al tema monosandalico; dove tra l’altro si osserva come l’alterità può introdursi direttamente nell’Io del sogno, inducendolo ad atteggiamenti automatici e in uno stato scisso, al punto che parti del corpo vengono percepite come assolutamente alienate:

 

olf adr 0029 Mi appresto a preparare la cena. La carne che verrà servita in tavola la devo trarre dal mio piede sinistro. Mi preparo a tagliare il primo trancio con un pesante coltello da macellaio. Sono perplessa e incerta, anche se so che va fatto proprio così. Con un colpo secco asporto la punta del piede, e in effetti non sento alcun dolore. Ora il piede sembra un blocco di carne sul banco del macellaio. Devo tagliare un secondo pezzo fin quasi all’attacco della caviglia. La mano però è incerta e scheggia in più punti le ossa prima di riuscire a produrre il distacco completo della parte. Temo, anche se dentro di me qualcosa mi rassicura, che questi tagli maldestri ostacolino la crescita dell’arto. Noto che, proprio come da un pezzo di carne, non esce sangue dalla ferita.

 

In quest’altro la dislocazione in un altrove è  veicolata da tre immagini: lo spostamento su di un’altra persona, la vacanza (che è una forma di ‘assenza’ dell’Io del sogno, di collocazione in una atemporalità), la trance :

 

xxx adr 0095  In vacanza. Una ragazza andava in trance, e durante la trance si affettava il piede destro, come se fosse coppa o prosciutto. Quando si svegliava era tutto normale. Ma aveva il piede più lungo del normale. (…)

 

Invece, un coinvolgimento più totalizzante dell’Io del sogno con il proprio corpo:

 

tiv adr0112 Non ho la macchina, e vado a lavorare all’ospedale  in bicicletta. (…) Intanto  mi trovo su una scala di marmo, mi gira la testa, cado per terra, gli occhi mi ruotano in senso opposto, ma resto sempre presente. Dalla bocca mi esce della bava bianca e densa. Poi mi trovo nel cortile di casa mia, ancora con X, e con mia madre. Lancio sassi contro X.

 

Si sottolinea: “ma resto sempre presente”. In un sogno abbastanza simile:

 

las adr0035 Mentre sono addormentata mi esce dalla bocca sangue e sangue, denso. Poi mi escono tutti gli organi, e alla fine anche il cuore. Poi penso: il cuore non è possibile, perchè sono viva. E infatti il cuore è ancora dentro.

 

si parla di uno stato sdoppiato, “sono addormentata” ma “penso” che sono ancora viva.

Appartiene allo sdoppiamento il fatto che il cuore sia dentro e anche fuori. Il corpo subisce uno sconvolgimento radicale, mentre l’Io del sogno mantiene una sua presenza.

 

Nei sogni frequentiamo spesso lo studio del dentista. Se nel sogno mi viene strappato un dente, può capitare che sogni di provare dolore; oppure no (ed è il caso più comune). E’ diffuso un certo modo di interpretare, secondo il quale tanto più l’Io del sogno partecipa fisicamente ed emotivamente a ciò che gli accade in prima persona, quanto più avremmo a che fare con una ‘presa di coscienza’ indotta dal sogno. Anche se non si sta qui parlando di presa di coscienza ma di un inconscio incontro tra parti della mente, osservo che l’adesione emotiva dell’Io del sogno vada in direzione opposta alla cosiddetta presa di coscienza: l’emozione, infatti, ha per effetto di fissare l’attenzione sulla concretezza dell’evento, che verrà riletto poi dal sognatore nei termini di un immaginario evento simile occorso nella veglia, sempre più lontano da una traduzione simbolica.

Ma anche nel caso degli oniremi l’impatto emotivo può deviare lo svolgersi dello stesso sogno, intralciando l’evoluzione del processo (perchè l’ipotesi sottostante è quella che un qualche processo avvenga); c’è da ritenere che con una partecipazione emotiva minima, o con uno spostamento dell’azione fuori dal proprio corpo, sul corpo di un altro personaggio (come nel caso della ragazza in trance che si affetta il piede), questo ipotetico processo si possa svolgere senza troppe interferenze.

 

In sintesi al momento possiamo dire che l’Io del sogno può essere animato da diversi livelli di presenza, e con diversi livelli di contatto con il proprio corpo. L’allentamento del contatto può essere reso necessario per consentire una presa di distanza tale da poter continuare il processo onirico, e può sfociare in una apparente dissociazione, realizzata con l’addormentamento, o con lo spaesamento, e anche con uno stato di distaccata contemplazione di ciò che  accade.

In questo quadro ritengo che abbiano funzioni analoghe gli sdoppiamenti dell’Io del sogno che si verificano producendo altri personaggi, e che questi non corrispondano necessariamente a proiezioni con finalità difensiva, ma al contrario a momenti di un processo assimilativo, che richiede per sua natura la distanza dall’oggetto. Di conseguenza passa in seconda linea chi sia il personaggio scelto, in quanto la sua funzione preminente è qui quella di contenitore di un doppio.

Il distacco che si mette in atto quando si produce un alter ego dell’Io del sogno per rappresentarvi lì parti di noi con le quali prendere contatto, è simile a quello che viene messo in atto tra l’Io del sogno e parti del suo corpo, come accade appunto negli oniremi, che spesso fanno riferimento a organi precisi, come gambe od occhi.

 

J. Hillman propone come prima funzione del sogno quella di indurre l’Io – attraverso alle disavventure che accadono all’Io del sogno – ad ammorbidire il senso eroico di sè e la sua conseguente univocità, dove l’evento più traumatico è quello della sua menomazione, rappresentata come il passaggio in un ‘mondo infero’, o ‘mondo dell’al di là’, il mondo della morte di quell’Io.

Un passaggio che si incontra spesso, ricordato in questa puntata in una sua forma ‘debole’, tipicamente con lo stato di sonno. Sul tema dell’Io del sogno e del suo corpo resterò anche la prossima puntata, per parlare di forme più forti del venir meno dell’Io del sogno, tipicamente una sorta di morte, che chiamerò trance onirica, e per cercare di individuare delle prospettive oltre all’ipotesi di Hillman, concernenti la finalità di quella morte.

 

 


[1]  I sogni che vado riportando, qui e nelle successive puntate, sono accompagnati da un codice dove appaiono due sigle  di tre lettere ciascuna, la prima corrisponde al sognatore, la seconda alla fonte (di solito un analista); i sognatori che non vengono differenziati sono contraddistinti tutti da xxx come prima sigla.

 

Puntate precedenti:

1. Introduzione a una ricerca

2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico;

3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno

14 Risposte a “4. L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno”

  1. […] zoppi: esempio di un motivo tipico; 3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i […]

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