17 – Piccoli sogni simili

 

 Peso, caduta, gravidanza              di Adriano Alloisio

In una pagina di Jung si legge: Nelle fantasie degli gnostici ritroviamo una leggenda sull’origine degli uomini (…) Gli arconti femminili legati alla volta celeste, non potendo a causa della rapida rotazione del cielo tenere presso di sè i loro piccoli, li lasciarono cadere sulla terra e ne nacquero gli uomini. Non è escluso che qui vi sia un nesso con pratiche ostetriche barbariche (per esempio far cadere o gettare a terra la partoriente). (La Libido – Simboli della trasformazione – Ed. Boringhieri, pag 313).

Il passo ritorna alla mente leggendo sogni che legano la gravidanza alla caduta:

aur ser0003 Mio padre mi cerca, crede che sia incinta, pretende informazioni dalla mia ginecologa, che però non gliene dà. Scappo all’ottavo piano per buttarmi di sotto e morire di sicuro, mio padre cerca di inseguirmi ma non ce la fa. Mentre salgo gli grido: perchè non mi vuoi bene? 

czz ser0007 C‘era una donna incinta alla fine della sua gravidanza. Stava per partorire e c’era con lei il suo compagno. (…)  lei cominciava a partorire e allora lui la aiutava – ma, come per pudore, davanti a questa scena calava una specie di lenzuolo bianco attraverso il quale si vedevano ormai solo le loro sagome in movimento. Lei partoriva in piedi e lui andava sotto di lei un po’ come un gatto a raccogliere il bambino perchè non cadesse, e io vedevo che lui lo prendeva appunto prima che cadesse. (…)

Tra gravità e gravidanza vi sono dunque altri nessi, oltre a quelli suggeriti dal mito gnostico? Parlando di cadute è immediato chiamare in causa il peso, stante l’onnipresenza degli oniremi del movimento verticale e della caduta, ai quali il peso sembrerebbe logicamente collegato. Ma nei sogni resta ben poco della logica della veglia, e le relazioni tra peso e caduta, e tra caduta e gravidanza richiedono un’analisi approfondita. 

Sogno e sensi

Immagini sensoriali realistiche non mancano nei sogni, ma sono abbastanza rare; fanno eccezione vista e propriocezione motoria, che sono la materia prima del sogno, e fanno pure eccezione immagini sessualmente connotate, che possono essere accompagnate da emozioni molto intense e reazioni fisiologiche; per il resto siamo avvolti da un guscio poco permeabile alle sensazioni. Nelle relative immagini, equidistribuite – vista a parte – per i diversi sensi,  prevale un contenuto di rappresentazione visiva e di pensiero. Anche se stiamo ingerendo un cibo appetitoso, il gusto è per lo più assente, un po’ come quando vediamo in un film delle persone che mangiano.

Da svegli, non a tutti riesce di fabbricarsi – ad esempio – delle impressioni sonore come se le si udisse dal vivo. A meno di non essere soggetti ad allucinazioni uditive, di solito arriviamo a pensare a un rumore o un suono più che a udirlo. A metà strada tra pensare e percepire possiamo mettere in atto delle operazioni che definiremo complessivamente immaginare. Esse comprendono una gamma di sfumature; un musicista, ad esempio, può spingere la sua immaginazione molto vicino a una reale percezione sonora; sempre da svegli, nel caso del gusto l’immagine può produrre un senso di mancanza (l’acquolina in bocca) o di reale disgusto; una fantasia di carattere erotico può mettere in moto reazioni fisiologiche tendenti ad assomigliare a quelle di desiderio o di soddisfacimento che verrebbero chiamate in gioco nella realtà. Più laborioso è l’avvicinarsi con la mente alla realtà di un odore, o di un’impressione tattile.

E nel sogno? La parola più adatta, per quanto di senso non univoco, è ancora immagine, un intreccio sfuocato di sensazioni, specie visive, di intuizione, di elementare cognizione, che tuttavia ci arriva sempre deprivato della sua sostanza rispetto alle percezioni piene della veglia, ricevendo invece altro senso dalla sua cangianza e dalle inusitate relazioni con altre immagini.

Statistiche  ? 

Come sarà chiaro per chi ha letto qualcuna delle precedenti puntate, questa ricerca non fa ricorso ad alcuna metodologia statistica, perchè i testi che ho a disposizione sono disomogenei, in quanto frutto di trascrizioni manuali di racconti orali eseguite da persone diverse;  inoltre sotto il cappello di un onirema vengono messe immagini diverse, raggruppate secondo le astrazioni e i criteri arbitrari del ricercatore, per cui a rigore possiamo avere statistiche di oniremi e non di immagini. Delle decine di migliaia di sogni di cui sono venuto a conoscenza, solo poco più di tremila sono entrati nel mio archivio come possibile materiale di studio degli oniremi, e quindi non in base all’applicazione di oggettivi criteri selettivi. In particolare non sono andato espressamente alla ricerca di sogni con immagini sonore, olfattive, tattili etc., e pertanto immagini di questo tipo sono eventualmente contenute solo casualmente nei sogni del mio archivio, da me scelti e archiviati per altri scopi. Grazie a tale casualità può avere qualche senso estrapolare alcune percentuali desunte dal campione archiviato, e ritenere che immagini attinenti ad esempio a “sforzo o fatica”, “odore o profumo”, “suono o musica o rumore”, “temperatura”,  – nei sogni dell’archivio ciascuna in percentuali  tra l’1% e il 3% -,  conservino questa incidenza anche in un insieme molto più vasto del campione.

Un discorso a sè richiede invece l’immagine del peso, che è stata oggetto di una mia ricerca specifica, nell’ipotesi che fosse il baricentro di un onirema. A differenza di come mi sono comportato ad esempio per l’olfatto, o per l’udito, ho inserito intenzionalmente nell’archivio sogni che nel testo fanno esplicito riferimento alla parola peso (in questo caso  quindi, nessuna arbitrarietà nella definizione dell’onirema).

Per via di questa scelta, la frequenza, dell’1,7%, con la quale compare nell’archivio il riferimento al ‘peso’, è da ritenersi una stima per eccesso della sua effettiva presenza nei sogni della gente: il campione è sbilanciato in quanto comprende sogni scelti ad hoc, mentre la comparsa delle altre immagini sensoriali nei sogni dell’archivio è occasionale. Quindi è da presumere che il ‘peso’, in quanto oggetto di un riferimento esplicito nella narrazione, appaia con frequenza sensibilmente inferiore a quella delle altre percezioni sensoriali. Tale frequenza non comprende i sogni di caduta, a meno che non si dica esplicitamente nel testo che la caduta è dovuta al peso.

La percezione del peso nella veglia

Nella veglia possiamo immaginarci il peso di un corpo sia in modo oggettivo, come se pensassimo al risultato di una misurazione con la bilancia, o al lavoro di una gru, o all’effetto di una sua caduta, etc., sia in modo soggettivo, quando ci immaginiamo muscolarmente coinvolti nel suo spostamento o sollevamento, o in una sua caduta su di noi. Nel primo caso facciamo riferimento principalmente al peso come a una proprietà intrinseca al corpo in questione (peso oggettivo), ponendoci come puri osservatori; nel secondo immaginiamo di esserne coinvolti, ad esempio con l’impiego di un nostro sforzo per controbilanciarlo (peso soggettivo).

La distinzione non può essere netta, e le due modalità di percezione si mescolano in varia misura.

Il discorso cambia se si tratta del peso del nostro stesso corpo.

In relazione al mantenimento della nostra posizione eretta o a un percorso in salita, generalmente spostiamo  la propriocezione sullo sforzo muscolare impiegato, dagli arti inferiori al dorso, e l’idea di un peso oggettivo non ci sfiora . Al punto che restiamo sorpresi per la fatica che devono impiegare un paio di persone per trasportare il corpo inerte di qualcuno, fatica che viene attribuita al peso oggettivo; al contrario, non ci viene da riconoscere come dovuta al nostro peso la fatica (di fatto di gran lunga minore) che facciamo  per trasportare noi stessi camminando: come se – appunto –  soggettivamente non avessimo un peso, avvertendo invece che sopratutto attraverso le gambe spendiamo energia per sostenerci: si tratta di due percezioni diverse. Non ci viene infatti da pensare che quell’energia venga impiegata per contrastare il nostro peso.

Quando si tratta del peso del nostro stesso corpo, prevale dunque una percezione non tanto di un peso da sostenere, come se si trattase di trasportare qualcosa, o di una forza che ci spinge verso il basso, quanto di uno sforzo che dobbiamo impiegare per mantenere la posizione eretta; invece ci si sposta verso una percezione più simile a quella di un peso oggettivo del nostro corpo quando si è in stato di avanzata gravidanza, o quando facciamo un esercizio di rilassamento, o quando da anziani dobbiamo alzarci da una sedia. Che il cervello possa operare in modi diversi se ne può fare esperienza quando si esce dall’acqua dopo aver fatto un bagno in mare, arrancando in modo impacciato sul bagnasciuga, o issandoci a fatica a bordo di una barca: il cervello ha bisogno di un certo tempo per registrarsi nella situazione “non c’è più una forza che spinge in su” e che ci rende più leggeri, e invece avvertiamo di pesare.

Nei sogni 

Gli effetti del peso del nostro corpo ci accompagnano in ogni momento della vita, sia pure per lo più sotto  la forma  della propriocezione dello sforzo per reagirvi, ed è pertanto singolare che nel sogno i riferimenti al peso, come anche quelli alla fatica, siano così rari, più di quelli alle altre percezioni sensoriali.

In circa metà di questi pochi casi il peso è sognato come appartenente al corpo (dell’Io del sogno o di altri), e nell’altra metà a oggetti, ad esempio a borse, al fango rimasto attaccato a una mano o a una scarpa, a un tetto che sotto il suo peso fa crollare tutta la casa… immagini che possono tuttavia venir considerate come riferimenti più o meno diretti al corpo. Rarissimi sono gli esempi di percezione soggettiva del peso del nostro corpo.

Guardiamo il fenomeno più da vicino.

– Il corpo deve realisticamente far fronte al peso di oggetti estranei.

amc adr0001   Stazione ferroviaria. Vedo una ragazza  che porta una pesante vasca di cemento, una specie di lavatoio (come si usavano una volta, all’aperto).  Mi faccio incontro a lei, e glie la prendo, per evitarle la fatica. Era molto pesante, mentre sembrava che a lei non gravasse altrettanto.  La porto a un binario dove sta per partire un treno, e infilo la vasca dentro a un vagone 

edc orn0010 Dobbiamo trasportare un ciocco di legno lavorato come un parallelepipedo in cima a una collina. E’ pesantissimo; forse è sera. Ogni tanto ci scivola giù. Dobbiamo riprenderlo e riportarlo su. Quasi in cima alla collina c’è una costruzione dove pensiamo di lasciare il coso, appoggiato dietro, perchè non scivoli giù. C’erano ostacoli tipo stoppie di mais tagliate, che rendevano difficile la salita, ma non frenavano la discesa del coso se lo si lasciava andare. 

Nel primo dei due casi ci si libera dal peso affidandolo al treno, ossia sostituendo la verticalità con l’orizzontalità; nel secondo ce lo si accolla traducendolo nella fatica di fargli superare un pendio. In un certo senso il portarlo sulla cima in una posizione di quiete è un altro modo per averne ragione, a dispetto dell’attrazione verso il basso espressa dallo stesso scenario (la resistenza delle stoppie). 

– Il peso viene attribuito a oggetti direttamente a contatto con il  proprio corpo, ma come se ne fossero un’estensione:

ald adr0004   Cammino con dei sandali bianchi, e ho la sensazione che siano pesantissimi. Allora li limo con le unghie lungo i contorni per accorciarli: senza riuscirci, ed era un po’ come limarsi le unghie. Venivano male, tutti storti, però erano più leggeri. Provavo anche con una forbice. 

brq ser0001 (…) Io entro in acqua ma il mio salvagente è una grossa pietra e non riesco a stare a galla, faccio tanta fatica (…)

Il peso dei sandali è il peso del piede; il salvagente è un ingrossamento del corpo all’altezza della vita. Nel primo dei due casi il peso è oggetto di un tentativo di eliminazione; nel secondo il tentativo fallisce: ciò che dovrebbe spingere in su, il salvagente, si trasforma in un opposto, una pietra.

– Il proprio peso non viene direttamente percepito, ma constatato in base a conseguenze esterne o a reazioni di altri, il che è un modo per allontanarne una percezione soggettiva: 

mal adra002 (…)  Mi trovo al quarto piano di un palazzo, c’è un balcone, mi affaccio, e la ringhiera cede. Mi ero affacciata perchè sotto c’era dell’acqua con due sorelline che nuotavano, e avevo pensato: “che bello che sanno nuotare dove non toccano”. Mi ritiro dal balcone mentre una vicina mi dice: “per forza che la ringhiera ha ceduto: sei troppo pesante!” Sono molto arrabbiata. (…)

chh adr0155 (…)  C’è una casa in cima a una montagna, che io e X dovremmo raggiungere, all’ultimo piano, con un ascensore esterno, che è poi un’ovovia.  Ce la farà, così pesante, con due persone dentro? 

Nel primo l’Io del sogno tende a negare il proprio peso, rivelato dal cedimento di una ringhiera, e invidia la leggerezza di chi, grazie all’acqua, può levitare senza toccare il fondo. 

– L’Io del sogno può percepire il proprio corpo nella sua globalità come pesante: 

xxx adr0097 (…) Il tempo non basta. Mi sento pesante. Devo fermarmi in un posto con la mia collega X per lavorare. Non riesco per l’ansia. X riordina, fa un lavoro di sintesi. La invidio. Mi fa male l’occhio sinistro, è un dolore insopportabile. Mi guardo allo specchio. Alzando la palpebra vedo che è arrossato e c’è sangue che scende. Decido per il pronto soccorso. X dice che esce sangue anche dalla bocca, e – io penso – anche dalle orecchie. (…) 

Alla percezione del proprio peso, sia pure in forma semi-metaforica, fa seguito una fuoriuscita di sangue, come se il peso fosse un effetto della sua pressione e quindi come se il sangue fosse di per sè l’origine stessa del peso. Sangue, oppure feci liquide: 

elh adrb150 In un ospedale, nel bagno. Voglio fare la cacca nel lavandino ma, per il peso del corpo, dal muro e dagli accessori scende a pioggia un liquido marrone schifoso. Io penso che tutto l’ospedale sia impregnato di cacca, è disgustoso. (…) 

Ritornerò più avanti sull’ipotesi di una relazione tra sangue e peso.

In coda agli esempi fatti si pone la domanda: come mai la percezione del peso, e in particolare del proprio corpo, oltre ad avere una frequenza così bassa e ad apparire spesso in vari modi indiretti, viene sistematicamente allontanata, allorchè invece la percezione – ad esempio – del proprio movimento invade quasi ogni sogno?

Due sono le domande:  se nella veglia la percezione del proprio peso viene spostata su quella dello sforzo impiegato per sostenere la posizione eretta, su cosa viene spostata nel sogno? Perchè l”Io del sogno, del proprio peso, non ne vuole sapere?

Peso, caduta e gravidanza 

Seguirò una traccia offerta da sogni di donne, come al solito i più densi di mistero, e dove – quando si tratta di bambini e di gravidanze – capita che il peso entri in gioco, per lo più accompagnato dal movimento di caduta, o venga negato, dando luogo al volo.

Due cifre relative alla mia esperienza: i sogni che vedono contemporaneamente bambini piccoli  – gravidanze incluse – e movimenti verticali  sono il 19% del totale di quelli con bambini piccoli, e il 9% del totale di quelli con movimenti verticali.

Nel sogno seguente sono proprio i bambini che alla fine con il loro peso riescono a togliere slancio al volo:

xxx ser0059 (…)  Sono fuori da una costruzione che all’inizio sembra un luogo di divertimenti, e poi un carcere, e so che dovrei andarmene ma resto e cerco di non farmi notare. A un certo punto incomincio a essere inseguita e volo via, nuotando a rana; tutto il sogno è una sequenza di fughe, di momenti nei quali spero di essere riuscita a salvarmi. Tanto più volo veloce, o mi  butto da altezze spericolate, tanto più l’inseguitore accelera, si butta con me, mi trova. Sotto le due braccia ho i miei bambini, pesano moltissimo e io non riesco ad alzarmi in volo, mi cascano e io li tengo con fatica. La sensazione è che non finirà mai, e come sempre mi sveglio sfinita. 

E liberarsi della gravidanza partorendo può venire equiparato a volare:

smh adr0011   Facevano la pubblicità del parto nell’acqua (cioè senza traumi, da acqua  a acqua per il bambino, piu’ facile per la donna perchè si pesa di meno): un gruppo di donne con la pancia, felici e sorridenti, si tuffavano nell’acqua sotto la guida di una donna anziana. Poi le stesse erano sedute su  delle sedie. Una di loro tirava fuori un palloncino, faceva delle operazioni e il palloncino si trasformava in una specie di mini elicottero che le faceva volare: a quel punto la donna non aveva piu’ la pancia (…). Pensavo: come sarebbe bello se partorire fosse davvero imparare a volare. Poi mi trovo  con un bambino molto piccolo che è mio figlio. 

La ‘pancia’ si è dunque trasformata in palloncino, ossia il suo contenuto è diventato aria, l’opposto del peso.

Una trasformazione analoga è tentata nel già citato:

brq ser0001 (…)  Io entro in acqua ma il mio salvagente è una grossa pietra e non riesco a stare a galla, faccio tanta fatica (…)

dove il salvagente, pieno d’aria, è un sostituto della ‘pancia’: ma questa volta pesa come una pietra.

La gravidanza può mettere in campo un peso eccezionale che, negli esempi che seguono, viene giocato in modo indiretto e spostato tutto sul bambino: 

anf adr0048   Vengono da me in ufficio una madre e un figlio sulla trentina. Mi chiedono quali sono gli orari dell’ufficio. Li vado a cercare in una stanza attigua, ma quando torno l’uomo se ne è già andato, senza aspettare, e penso che sia un maleducato._La madre invece mi dice che sono molto gentile, e mi racconta che ha avuto un bambino di nove chili.

 elh adrc039 (…) Parlo con mia sorella di mia cugina incinta e commentiamo che è ingrassata troppo, io dico: pesa 110 chili; e penso che deve avere la pancia piena di bambini. Ho le mestruazioni. 

mam adr0067   Mia sorella mi dice: “è vero che mia figlia, appena nata, pesava solo tre chili (nella realtà era sottopeso), ma i figli erano due, e assieme pesavano sette chili; quindi la mia fatica l’avevo fatta”. Poi vengo a sapere che mia madre prendeva due pensioni, e non una soltanto. (…) 

sel adrb024   Sono con mia figlia, incontriamo per strada la madre di un suo compagno.  E’ una donna orientale, ed è agli ultimi giorni di gravidanza. Ha una grande pancia. Squilibrata dal suo peso inciampa e cade. La soccorro, mi rendo conto che sta per partorire. La prendo in braccio, e tamponandole con la mano il collo dell’utero ormai dilatato corro verso la clinica, con mia   figlia. 

Si potrà osservare che nella realtà la gravidanza rimanda a una situazione eccezionale, in cui il corpo cambia peso e baricentro. Ma, con una singolare connotazione di troppo, ritroviamo il peso anche in bambini già nati: 

bio ser0009 In clinica mia madre parla con i medici e le ostetriche, mentre io ho in braccio il mio bambino. Improvvisamente le gambe mi cedono. Tutti guardano se il bambino si è fatto male, e invece è sano e salvo, perchè l’ho raccolto al volo quando era a pochi centimetri dal suolo. Questa scena – caduta e salvataggio – si ripete più volte.

Il riferimento testuale al peso non appare, ma la stessa sognatrice fa un sogno identico dove il peso del bambino è questa volta esplicito nel testo: 

bio ser0011   Ho in braccio il mio bambino, ma lo sento troppo pesante, le braccia non lo reggono, e il bimbo cade a testa in giù. Lo afferro al volo prima che arrivi in terra. Questo si ripete più volte. 

Sembra quasi che caratteristica del bambino sia di dover essere particolarmente pesante, tanto che in caso contrario va gravato con pesi: 

elh adr0011   Ho avuto una bambina di nome Bianca, che ho lasciato in casa del mio compagno.  Entro furtivamente in questa casa per riprendermela. La trovo distesa sul letto con dei cuscini e dei pesi sullo stomaco e sulle gambe perchè stia ferma e non cada 

9 chili, 110 chili, 7 chili in due… all’epoca  solo due di queste sognatrici avevano avuto figli… perchè questi bambini pesano così tanto? E come mai hanno così voglia di cadere? Come spiegare i casi in cui la nascita è così insidiata da una caduta? Tra le due immagini – nascita e caduta – bisogna inserire un ovvio anello di congiunzione: il peso.

Un tempo gli astronauti venivano allenati all’assenza di gravità facendoli galleggiare all’interno di un aereo che – da alta quota – scendeva in picchiata, simulando la caduta libera. Ritengo che nel sogno la caduta abbia la funzione di eliminare ogni propriocezione del peso; e che se i bambini nel grembo o appena nati sono portatori di un peso eccezionale, il modo più diretto per mitigarlo sia quello di farli cadere.

Uno degli effetti della caduta potrebbe quindi essere l’annullamento del peso soggettivo, in particolare di quello provocato dalla ‘gravidanza’. Devo spiegare perchè ho usato le virgolette.

Una parentesi 

Se una donna sogna di essere incinta, un’interpretazione simbolica chiamerà in gioco ciò di cui una gravidanza può essere – appunto – simbolo (o meglio segno):  come il prendere forma di un progetto, una sotterranea crescita psichica, l’espressione di una nuova vita… etc. A me sembra che prima di arrivare ad affermazioni di questo tipo, si debbano fare dei passi indietro. Nel sogno ci sono molti modi di essere incinte.

Esempi: ‘mi vedo incinta, ho la pancia’, ‘non ho la pancia ma so di essere incinta’, ‘ho fatto le analisi di gravidanza’, ‘mia madre mi dice che sono incinta’, ‘sono incinta ma poi la pancia mi si sgonfia’, ‘sono incinta ma ho anche le mestruazioni’, ‘sono incinta e partorisco’, ‘sono incinta e vedo il bambino in trasparenza’, ‘faccio degli esami, e nel mio utero si vede un piccolo teschio’, ‘c’è una bambina di pochi anni, è già incinta’… etc. Allora: mentre nel linguaggio comune la parola gravidanza indica un preciso processo che porta dalla fecondazione al parto, nel sogno essa può essere un intreccio sfuocato di immagini diverse, cui l’Io del sogno dà la sua interpretazione, collaborando quindi col far loro prendere una certa forma riconoscibile. A volte esprime una sua dubbiosità: ‘ero incinta, ma avevo le mestruazioni, e quindi pensavo che fosse solo grasso’; oppure: ‘ero incinta, ma avevo le mestruazioni, e quindi pensavo di essermi sporcata di colore’. Quindi la parola ‘gravidanza’ può riferirsi a un’immagine polivalente già all’interno del sogno, malgrado l’Io del sogno si affanni a definirla in modo univoco, prima ancora di essere simbolicamente polivalente per l’interprete del racconto.

Se quindi si tratta di qualcosa che accade nel teatro onirico prestandosi a interpretazioni diverse da parte dell’Io del sogno (e quindi durante il sogno),  potrebbero essere incluse in ‘gravidanza’ una varietà di altre situazioni, come i gonfiori; e se il gonfiore è l’immagine sottostante, perchè non pensare a un’originaria equivalenza tra gonfiore (a un occhio, a una gamba…) e quanto viene deciso dall’Io del sogno essere gravidanza?

Il fatto che nel seguito del sogno si abbia a che fare davvero con un parto, o con bambini già nati, non è una prova che all’inizio l’immagine fosse davvero quella di una gravidanza, ma un segno che il processo della formazione delle immagini si è evoluto in quella direzione, non necessariamente predeterminata da quella iniziale ma solo come anticipata tra le diverse possibili; evoluzione alla quale possono aver collaborato diversi livelli del complesso dell’Io, attraverso i pensieri dell’Io del sogno.

Che si possa trattare di una gravidanza poco concreta appare ad esempio da questo sogno:

apz adr0052 Sono in un posto in alto, con un amico. Col treno deve arrivare la mia amica omonima, ma non c’era una strada per arrivare su. Ci affacciavamo a un muretto e la vedevamo su una strada bassa, piena di gente. Lui dice: “basta andar giù di qua”, e incomincia a calarsi, appendendosi con le mani. E io: “ma così ti schianti”. Lui si lasciava andare e scivolando arrivava giù in piedi: “vieni anche tu”. Ma dicevo, più che altro pensando che mi dovevo inventare una scusa: “non posso perchè sono incinta”. Lo rivedo di nuovo su, vicino a me. 

Ritorniamo alla caduta 

Icaro – Matisse

Nel quadro di Matisse, Icaro è privo di ali, e quindi sta precipitando dentro un tubo nero; ma se non sapessimo che si tratta di lui, potremmo immaginarne anche un’ascesa. E quel segno rosso, a metà tra una stella e una freccia verso il basso?

Credo che quel segno sia la rappresentazione della nostra più importante incognita.

Nel web ho trovato questo lungo sogno di caduta (che ho tradotto dall’inglese): 

web adr0001 Ero in un piccolo ascensore con altre tre persone, circa. Penso che l’edificio fosse molto, molto alto, 80 piani o giù di lì. In ogni modo entravo in questo ascensore a uno degli ultimi piani. All’inizio si viaggiava verso il basso normalmente, sebbene per una qualche ragione io mi sentissi un po’ nervoso. Improvvisamente ci fu un rumore sordo  (…), e l’ascensore incominciò a cadere. Dapprima lentamente, e poi sempre più in fretta, più in fretta, più in fretta, oh dio mio, qui crepiamo tutti.  Mentre si cadeva tentai di premere il bottone dell’allarme, sembrava che fosse sparito, ma a ogni modo ci riuscii. Le altre persone erano nel panico più assoluto, mentre io cercavo di immaginarmi il modo migliore per uscirne vivo. Man mano si capiva che precipitavamo sempre più in fretta e a un certo punto incominciammo a sentirci senza peso, come se i nostri corpi cadessero più lentamente dell’ascensore.  Una ragazza fu proiettata in alto, era terrorizzata, e poi stava accovacciata sul pavimento vomitando, penso per lo shock…ma mi sentivo così in colpa per lei, pensavo che non le si potesse dare nessun conforto, nulla che la potesse aiutare. Io fluttuavo sopra di lei e cercavo disperatamente di mettermi in una posizione che potesse attutire l’impatto con il terreno. Per un momento pensai che il suo corpo potesse farmi da cuscino nell’impatto, e così fluttuai direttamente sopra di lei, forse egoisticamente, ma io pensavo solo alla mia sopravvivenza. A questo punto il cavo si snodò, e la cabina scese in caduta libera. Per di più le pareti sembravano restringersi attorno a noi, e lo spazio si faceva sempre più piccolo, più piccolo, fino a non essere più grande di una scatola di cartone. Si stava cadendo ma anche soffocando. Non poteva andare peggio, precipitando giù, giù, sempre più velocemente, oh buon dio, aiuto, aiuto, non voglio morire. oh fuuuuckkk nooo stooop it somebody help oh  god stop it pleaaasse noooo I dont want to die aaaaaaah, tutto quello che potevo fare era raggomitolarmi a palla per prepararmi all’impatto. Oh god  NOOOOOOO 

Anche nella realtà, se ci trovassimo in un ascensore in caduta libera, ci vedremmo galleggiare all’interno della cabina, e sparirebbe ogni traccia del peso. Ma qui accade qualcosa di più: l’ascensore si restringe diventando come una scatola di cartone. Ricordando che l’ascensore è una sorta di guscio che riveste rigidamente il corpo, corpo esso stesso, con la funzione di contenere ogni fuga nell’espansione orizzontale (vedi puntata 11), il suo restringersi agisce in senso opposto a un gonfiarsi, segno che la caduta sta lavorando non solo per neutralizzare il peso, ma in senso contrario a un’espansione: ossia contrario alla generazione di nuovo peso: simile a una stella di fuoco, si potrebbe leggere nel quadro di Matisse. E che, rappresentata nel  personaggio femminile di questo sogno, viene ‘sfogata’ attraverso l’emissione di un fluido, che in questo caso invece del sangue appare come vomito.

Una congettura

La caduta, quindi, come un modo per annullare la percezione della generazione di un peso. Credo che ricorrendo alla neurofisiologia del sonno e del sogno si potrebbero giustificare sia la desensibilizzazione rispetto al proprio peso che la reazione in termini di immagini di caduta, così come queste ultime potrebbero trovare dei binari già pronti lungo tracce dell’esperienza della nascita. Il punto è se e come questi elementi vengano utilizzati nella costruzione e nella gestione della materia psichica.

Dobbiamo quindi fare delle congetture sulla generazione del peso. Quelle possibili sono le più varie.  Io ne esporrò una alla quale sono affezionato. Ma è necessaria una premessa.

Siamo (male) abituati a ritenere che alle immagini fondanti l’alfabeto dei nostri sogni – i movimenti, la caduta, la gravidanza, la perdita di sangue… etc – possano venire associati dei significati sufficientemente univoci (e legati alla veglia) per soddisfare il nostro desiderio di interpretazione (un collega mi spiegava: cadere significa innamorarsi).

Una pretesa analoga sarebbe quella di voler caratterizzare, in un dizionario, l’oggetto ‘ruota’ con una definizione onnicomprensiva. Tutti gli oggetti rotanti hanno qualcosa in comune, il ruotare, appunto,  che contribuisce a dettarne le possibili funzioni, che si differenziano però in una gamma sterminata, dalla ruota che permette la dislocazione, alla giostra, alla carrucola, all’ingranaggio, al trapano, alla turbina, al mulino, all’elica… che a loro volta prendono diverse forme a seconda dei contesti in cui il principio della rotazione viene applicato.  Lo stesso dicasi per l’onirema, il quale nasce probabilmente in seguito a un’esperienza fondante – vedasi ad esempio il trauma della nascita, dal quale altri oniremi possono discendere, come forse la caduta –  e che su questa falsariga può poi venir impiegato in una varietà di dinamiche.  Studiare un onirema è un po’ come andare alla ricerca delle caratteristiche essenziali di un oggetto, specie di quelle che ne hanno determinato l’origine, a monte di tutte le specificazioni morfologiche e funzionali che ne sono potute discendere.

Nel sogno l’immagine del peso prende a prestito dalla veglia alcune caratteristiche, forse dalla primissima età inscritte nel nostro cervello, come quella di poter essere annullato dalla caduta libera. La deattivazione della sua percezione, già presente nella veglia se riferita al proprio corpo, e per di più tipica del sonno, la relega nell’ombra, rendendo la sua immagine – anzi, i suoi sostituti – disponibile a contenuti psichici primari, non destinati ad emergere alla coscienza.

La congettura che qui propongo è che l’insorgere del peso sia la manifestazione del formarsi – mi si scusi l’espressione fumosa – di nuova ‘sostanza psichica’- da intendersi sulla linea vuoi di una forza, vuoi di una maggior complessità, vuoi di una maggior integrazione all’interno della psiche, così come potrebbe venire intesa la formazione di un nuovo organismo vivente. In altre parole il peso verrebbe eletto – nel suo spazio d’ombra – a contenitore o espressione della forza espansiva del Sè e della tendenza della libido a incarnarsi: la forza stessa della vita, lungo un suo versante psichico primario e inafferrabile da parte della coscienza.

Una forza gigantesca, quindi, alla quale l’Io, magari non disponendo di un’adeguata capacità di simbolizzazione, attraverso l’Io del sogno deve porre argine, o quanto meno deve trasformare per non soccombervi. Una forza da arginare con la caduta, o da neutralizzare con altre varie forme di concretizzazione; come la ‘gravidanza’: ora gonfiore provocato dalla materializzazione della libido, ora forma organica e vivente. Più precisamente la caduta nasconde il peso, mentre l’ascesa cerca di contrastarlo e nello stesso tempo di stimolarne l’insorgere, e la ‘gravidanza’ lo materializza.

Si è già visto in puntate precedenti  (15, 15.2 ) che si può parlare infatti di una forma primaria della libido che si manifesta sotto due aspetti, una fluida, come il sangue, e una solidificata. Essa può venire originariamente rappresentata come contenuta in gonfiori del corpo – occhi, gambe…, che ho chiamato con il nome comprensivo di ‘gravidanza’, per poi biforcarsi sia sotto forma solida (feto, bambino piccolo o in grembo) che fluida (fuoriuscite di sangue, anche interpretate come aborti, o di altri liquidi); tipicamente si manifesta in una doppia forma, ad esempio con la nascita di due bambini, un bambino vivo e un bambino-sangue, o abortito (puntata 14). Lungo questi binari, sulla falsariga dell’esperienza della nascita, può diramarsi un ampio albero di varianti e di funzioni (come il principio della rotazione meccanica rispetto alle sue applicazioni). Le vedremo in futuro.

Con queste considerazioni ci stiamo avvicinando all’idea che gli oniremi, lungi dal rappresentare un aspetto marginale della nostra vita psichica notturna, peschino nella fucina dove si produce la nostra energia. Dopo tutto le fantasie degli gnostici, mettendo in relazione la creazione dell’umano con la caduta dei bambini, avrebbero un qualche fondamento onirico.

Nota sulla puntata scorsa

Dalle  16ma puntata,”Due vasche comunicanti”, a “Peso, caduta, gravidanza” sembra non esserci alcuna relazione. E infatti per ora non ne ho parlato. Bisognerà vedere come il tragitto tra le due vasche, da piano, si può impennare nella terza dimensione. dove il “passaggio pericoloso” tra le due vasche diventa un vertice dal quale si cade, o si discende, magari con un bambino in grembo.

Puntate precedenti: 1 – Introduzione a una ricerca;  2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni;   7-  Il bambino è servito in tavola8. Dalla parte dell’occhio8 bis – Sintesi delle prime otto puntate; 9 – Venivo aggredita da due uomini; 10 – La testa di Orfeo;  11 – La vocazione segreta degli ascensori; 12 – Traiettorie elementari13 – Simmetrie e corpo nel sogno14 – Ero incinta e avevo le mestruazioni…  15 – Sangue, scrittura, esami… esami del sangue; 15.1  – L’Ombra della Simmetria; sintesi delle puntate 9-13 ; 15.2 – Sangue, bosoni di Higgs e alchimia; 16 – Lo strano caso delle due vasche comunicanti