Piccoli sogni simili: L’Ombra della Simmetria (Sintesi delle puntate 9-13)

di Adriano Alloisio  

                                                                  

Su di un sentierino non battuto di un’isola greca, Milo, l’isola della Venere, vengo fulminato dalla bellezza  di un osso, proveniente da una colonna vertebrale,  probabilmente di una capra, stando almeno al piccolo teschio trovato lì accanto.  Ora mi fa compagnia sul tavolo, con quella sua ricca complessità di forme simmetriche, rigidamente funzionali agli incastri  delle ossa e ai passaggi dei cordoni nervosi negli appositi fori. Simmetrie bilatere…

Simmetrie e corpo nel sogno“: suggerirei la puntata 13  come punto di partenza per una rilettura del percorso fatto più di recente. Simmetria come diffusa struttura costitutiva del vivente, specie del mondo animale. E anche – questa è l’ipotesi – costitutiva di conseguenza di importanti dinamiche prodotte dal cervello tramite il sogno. A queste mi sono riferito come ‘dinamiche del Due’ – un’espressione per indicare sinteticamente sia la simmetria speculare bilatera che un suo contrario, la giustapposizione degli opposti .

Questa lettura riassuntiva seguirà tre percorsi: la simmetria degli oggetti doppi  (vedi 9- “Venivo aggredita da due uomini...”), l’ “ombra” dei movimenti, che si annida nella direzione a loro contraria (vedi 11- “La vocazione segreta degli ascensori“; 12- “Traiettorie elementari“),  e infine – rimandandone un sunto alla prossima puntata – la doppia forma della libido, fluida e coagulata (vedi 14 – “Avevo le mestruazioni ed ero incinta… “; 15 – “Sangue, scrittura, esami…esami del sangue”).

Come porta di ingresso al tema mi sono servito di un onirema, “I due uomini”: l’Io del sogno teme l’aggressione, o viene effettivamente aggredito da una coppia di sconosciuti; può trattarsi di due distinti signori in abito scuro, il fare arrogante e sicuro di sè, o di due ragazzotti male in arnese e dal fare violento. I due della coppia si assomigliano, ma nel corso del sogno si vanno differenziando: uno è più alto, oppure uno è biondo e l’altro è scuro, uno è cattivo e l’altro più avvicinabile; e alla fine, se non sono troppo violenti o se non vengono allontanati entrambi da qualcuno più forte di loro, uno sparisce e l’altro resta sul campo.

Riprendo in proposito un solo sogno, il caso in cui i due uomini si mostrano molto aggressivi, e il sogno diventa un incubo:

 (…) L’analista ordina a due uomini di venirmi a prendere. Sono entrambi vestiti di nero, con la camicia bianca. Entrambi reggono in mano una frusta. Entrano nella mia camera. Uno mi dà una frustata e mi toglie il lenzuolo dal corpo. L’altro lo solleva completamente con la sua frusta. Io indosso una camicia. I due mi prendono per le braccia e mi portano dentro una stalla dove ci sono due cavalli. Mi mettono nella mangiatoia, in mezzo alla paglia. Nella stalla c’è mia madre e i due uomini le dicono: “ecco, glie l’abbiamo portata”. Lei è in piedi. La stalla sembra un vecchio monastero. L’analista è nel chiostro, in mezzo a due colonne bianche, rigida dietro una scrivania. La mangiatoia dà sul chiostro. La madre dice all’analista: “ecco, questo è il suo posto”, indicando me dentro la mangiatoia. L’analista risponde: “E’ giusto così”. Mi sveglio urlando.

L’ultima scena fa pensare a una nascita molto particolare, a una Natività, che però l’Io del sogno non sopporta, forse perchè la simmetria stessa, così violentemente ossessiva, non si evolve in una differenziazione, e il Due resta ancora dipendente da un principio di autorità (la madre, l’analista), un Uno.

Quello dei ‘due uomini’ è un caso di ‘oggetti doppi’, una figura che ha incuriosito Jung, il quale scrive:  “Il motivo dello sdoppiamento, della duplicazione, interviene anche là dove stanno per diventare coscienti, ovvero differenziati, dei contenuti inconsci. Essi allora si scindono, come sovente avviene nei sogni, in due metà identiche o leggermente diverse, corrispondenti agli aspetti coscienti e ancora inconsci del contenuto nascente.”

Nel caso dei ‘due uomini’ questa ipotesi da sola, tuttavia, non basta a giustificare la violenza del contrasto con l’Io del sogno.

Perchè le immagini doppie che provengono dall’inconscio possono essere insostenibili, come in questo caso? Un’ipotesi: due immagini uguali evocano in prima battuta sia la risposta “sono uguali” che la risposta “sono diverse” (perchè occupano posti diversi), e quindi disegnando una contraddizione generano una tensione.  Nell’esperienza della veglia, la contraddizione si annulla perchè subentra la percezione dello spazio reale, dove gli oggetti uguali-in posti-diversi fanno parte della stessa percezione dello spazio; si scioglie così l’ombra di quella tensione originaria, generando per reazione un senso di distensione, tipicamente indotto dalle disposizioni simmetriche. Distensive nella realtà, diaboliche quando si affacciano dall’inconscio (si pensi all’azione perturbante esercitata dai gemelli in molte culture).

D’altra parte la contraddizione che esse veicolano è il seme dei processi di astrazione, che individuano l’uguaglianza malgrado la diversità, e la diversità a partire dall’uguaglianza che ne consente il confronto.

I “due uomini” sono mossi dunque da ingranaggi  primari del sistema conoscitivo, che sfidano alla soluzione della contraddizione tra opposti (dove l’opposizione è uguale/diverso). Possono dunque diventare una metafora, certo non la sola, della contrapposizione.

Le nostre aspirazioni all’univocità non sono solo un prodotto della cultura, ma si trovano già inscritte nella biologia di tutto il vivente, per il quale è essenziale distinguere il giorno dalla notte, il buon cibo dal veleno, ciò che sta fermo da ciò che si muove. Nasciamo dunque sotto il segno dell’Uno, o del principio di non contraddizione, di cui – alla nostra mente evoluta, e in un’ottica psicoanalitica – appare garante la figura simbolica del Padre, personificazione della Legge. Del resto neppure da un secolo l’approccio scientifico si è lasciato contaminare dalla contraddittorietà (come nella dualità onda-particella).

Se la Legge del Padre si indebolisce, e il padre onirico muore, i ‘due uomini’ prendono forza e diventano aggressivi. Ma se il Padre è abbastanza forte, i due uomini vengono messi in riga, e il soggetto torna a porsi sotto la sua protezione, rientrando in una dinamica edipica:

…Sono in una casa rustica, accogliente, con il caminetto acceso. Due ragazzi vogliono entrare. Prendo paura, chiudo la porta. Appare mio padre, che mi abbraccia protettivamente e si eccita. Poi so di avere fatto all’amore con mio padre, e la cosa mi dà un enorme fastidio, penso a come rimarrò dipendente da questa storia, che problemi comporterà essere l’amante del padre. Mi vedo nel letto con mio padre e mia madre.

Con ‘univocità’ intendo un atteggiamento automatico volto a sopprimere sul nascere ogni movimento che possa mettere in discussione il senso identitario del Sè (e del suo corredo indispensabile: ciò che il soggetto conosce); atteggiamento le cui radici affondano molto lontano, nella primissima infanzia, quando esso è indispensabile per sintonizzarsi senza incertezze con una prima descrizione di sè e del mondo, Ma è anche caratteristico della fisiologia di ogni organismo vivente, che deve interpretare i segnali del mondo esterno – appunto – come univoci per poter fornire una risposta immediata. In un bambino di tre anni la polisemia di un segno verbale viene respinta, e ogni parola può avere un solo significato. Nel linguaggio identità e sua negazione non ammettono ancora di essere messi sullo stesso piano, in risonanza con un analogo conflitto che sta riguardando la contraddizione tra gli organi doppi. Quello stesso bambino, un anno prima, quando prendeva un oggetto con una mano doveva anche tenerne uno simile nell’altra, negando la possibilità di una scelta, di una dominanza, come se i due oggetti fossero uno solo, e non fosse possibile immaginarne una separazione e quindi una contrapposizione. Si tratta di una contrapposizione che si trova già inscritta nella nostra fisiologia, sviluppandosi nei diversi momenti di maturazione delle simmetrie bilatere e delle dominanze; e di qui l’ipotesi che essa si trovi rappresentata anche nei sogni animando immagini doppie, nate dall’esperienza che il corpo ha fatto di se stesso.

Destino degli organi doppi del nostro corpo è stato quello di trovare un modus vivendi vantaggioso per rendere efficace e non distruttiva o inutile la loro eventuale ridondanza o competizione. Nel corso della crescita il raggiungimento di questo obbiettivo passa attraverso varie fasi di maturazione, e per alcune coppie di organi (ad esempio braccia, gambe, occhi)  si assesta in forme di ‘dominanza’ di uno dei due organi sull’altro, differenziandosi così parzialmente le funzioni. Una differenziazione che ha origini lontane, tra geni paterni e materni, emisferi cerebrali, arti. Sulle due retine, ad esempio, si formano due immagini non interamente sovrapponibili (in quanto i due occhi guardano da posizioni diverse), mentre abbiamo bisogno di avere a che fare con un’immagine sola, Una delle due allora verrà stabilmente elisa in favore dell’occhio dominante, oppure le due si alterneranno rapidamente, tanto da non accorgercene. E fin qui abbiamo il modello di una lotta tra opposti nella quale uno dei due soccombe. Ma il nostro sistema visivo fa di più: la contraddizione che ha comportato l’oscuramento di una delle due immagini ritorna agendo in altra forma, ossia generando la percezione della profondità spaziale. Siamo nel caso in cui l’opposto non è interamente cancellato, ma contribuisce a creare un qualche tipo di sfondo di contrasto.

La messa in questione dell’univocità (l’Uno) grazie all’irruzione di una polarità (il Due) e la successiva eliminazione  di un polo, sono gli inconsci ingranaggi psicologici per mezzo dei  quali riconosciamo due contenuti come uguali grazie al fatto che si preferisce (magari solo perchè più immediato) ignorarne la differenza, o al contrario si riconosce che sono diversi prescindendo dagli aspetti uguali (che tuttavia sono quelli che permettono il confronto). Possiamo dire che il polo eliminato va a finire in un inconscio. Una effettiva destabilizzazione insorge invece quando la soluzione non è così rigidamente automatica, ma pur essendo orientati verso una scelta si lascia il campo a dei potenziali margini di gioco, ciò che impedisce il ritorno all’univocità. La polarità negata allora non sparisce integralmente ma può continuare in qualche modo ad agire dietro le quinte, come nel caso della competizione retinica, e la polarità affermata ‘galleggerà’ di conseguenza su di uno sfondo che le darà rilievo.

Questo è vero a ogni livello conoscitivo, da quelli precoscienziali fino a giungere a quello della coscienza diurna, dove qualunque affermazione si faccia, essa è possibile perchè da qualche parte nella mente esiste l’affermazione contraria (se dico ‘luce’ è certo che so cos’è il ‘buio’, anche se in quel momento non ci penso affatto). Ma ben diverso è lo spessore dell’affermazione se in qualche modo la mia mente ha  presente che esiste anche la possibilità contraria (spessore che Jung chiama ‘atteggiamento simbolico’), o se pur avendola rimossa alloggia ancora in qualche suo anfratto o se è sparita dall’apparato mentale, essendone stato sbarrato l’ingresso da un atteggiamento psicotico.

E’ presumibile che la natura di equivalenza / opposizione, incarnata nella alleanze / antitesi delle simmetrie del nostro corpo, abbia contribuito a costituire, nel corso dell’evoluzione, categorie psichiche fondamentali, che oggi vediamo intrecciarsi e forse ancora sperimentarsi nei laboratori dei nostri sogni, tramite gli oniremi, a livello pre-coscienziale: qui continuamente l’Uno e il Due si sciolgono l’uno nell’altro e si ricostituiscono secondo reazioni primarie, poste a combustibile e fondamento della continua costruzione della mente, e della problematica apertura del già noto a ciò che non lo è ancora.

Ho supposto dunque che l’esperienza del corpo fornisca alla mente onirica immagini-metafora con le quali operare: dai ‘due uomini’,  e la sparizione di uno di loro, alla cecità di un occhio che è risucchiato all’interno del corpo, alle gambe, una delle quali così spesso si azzoppa o perde una scarpa. Il monosandalismo nel sogno è il più chiaro esempio di come una coppia simmetricamente collaborante si possa trasformare in una coppia nella quale uno dei due poli cede e va sullo sfondo. Lo stesso dicasi per le coppie di gemelli, che vengono valorialmente differenziati (uno bianco e uno nero, uno maschio e l’altro femmina, uno vivo e l’altro morto, uno carne e l’altro sangue…). Non si tratta dunque soltanto del fatto che gli oggetti doppi esprimono la ripartizione dei contenuti affettivi in una parte conscia e una inconscia, come afferma Jung; esse possono essere consce o inconsce entrambe, ma una delle due viene svalorizzata e resa parzialmente inattiva, come nel caso della gamba azzoppata o del gemello morto.

E’ lungo questa linea, di immagini tra di loro opposte, una in evidenza e l’altra in ombra, che nelle puntate successive ho rivolto l’attenzione ai movimenti.

J. Hillman, scrive che se in un sogno ci sembra di dover scappare perché si è inseguiti, la causalità va invertita: si è inseguiti perché si scappa.  Le deduzioni sulla causalità o sulla finalità vanno spesso rovesciate: ci troviamo a prendere il treno per recarci in una qualche località… così almeno ci sembra e così lo raccontiamo. Invece ci stiamo anzitutto muovendo, anche al di là di una nostra intenzione, e a questo punto  ci diamo in seconda battuta la finalità di una destinazione, che però percepiamo come determinante del movimento.

Del resto quando una meta viene esplicitata, quasi mai viene raggiunta, il sogno la dimentica e prende altre strade.  L’ascensore in particolare è oltremodo disobbediente ai comandi: salta i piani, si blocca, oscilla, imbocca salite e discese a velocità vertiginosa. Per analizzare un movimento bisogna anzitutto scomporlo nei suoi spostamenti elementari che si ripetono ciclicamente, e se si tratta di una camminata mettere a fuoco cosa succede in un singolo passo, l’alternarsi di squilibrio e di riequilibrio che lo costituiscono. Il resto è ripetizione, come l’insistenza per qualcosa che non si è risolto. Così pure una salita o una caduta vanno viste come il prolungarsi di una situazione di squilibrio tra due attrazioni (o due repulsioni) opposte, squilibrio che a sua volta può venir compensato da una reazione emotiva, come l’angoscia o il senso di vertigine.

Nella salita come nella caduta sembra quasi che siamo legati a un elastico che  ci richiama nella direzione opposta a quella del movimento effettivo: come se il corpo del sogno fosse soggetto, nella verticalità,  a una coppia di forze contrarie, dove se una predomina, l’altra resta sempre nell’ombra come un richiamo, che è la fonte dell’angoscia. La contrapposizione è evidente in molti ascensori onirici, quando le due forze sono in equilibrio instabile, e l’ascensore oscilla capricciosamente tra il su e il giù, o si blocca, o basta una piccola causa per far precipitare il sistema in una delle due direzioni in modo inarrestabile, oltre il tetto o in un buco sotto la cantina. Il tutto si svolge sotto il segno dell’incontrollabilità, ciò che non si verifica invece con le scale, dove in ogni momento la situazione è stabile, ogni gradino è una posizione di equilibrio che l’Io del sogno può dominare.

Gli ascensori sono in genere angusti, comprimono ogni potenziale movimento orizzontale, che quindi esplode appena se ne offre la possibilità. La costrizione all’interno della verticalità, generatrice di opposte tensioni tra alto e basso, deve quindi a sua volta fare i conti con una forza centrifuga che continuamente preme per una via di uscita orizzontale. E quando la trova, l’ascensore diventa un tram, o un treno. Riprendo a questo proposito un sogno paradigmatico:

Sono una fanciulla a piedi nudi, vistosamente incinta di cinque mesi, vestita  di azzurro. Poi sono nella casa del mio compagno, e sto per salire con l’ascensore, temo di incontrare suo padre. Di fatto arriva, saliamo assieme ad altra gente. Lui mi mette una mano sulla spalla, e l’ascensore prende a muoversi orizzontalmente e diventa un treno.

Il punto di svolta dal movimento verticale a quello orizzontale è dato da quel tocco a una spalla, che rompe la simmetria bilatera del corpo, rottura che caratterizza il movimento orizzontale: nelle nostre corse  in piano c’è sempre un davanti ma non ci guardiamo mai dietro, come se agisse una forza sola (quella contraria è cancellata), mentre nelle ascensioni sia il sopra che il sotto sono contemporaneamente presenti, come aspirazione a salire e timore di cadere.

Nel movimento verticale, in altre parole, quell’elastico di cui parlavo tende a trattenerci, mentre in quello orizzontale è raro che si aspiri a tornare indietro.

La traiettoria verticale del movimento si sostiene dunque – nell’esempio fatto -sull’equilibrio di due elementi simmetrici, incarnati in due parti simmetriche del corpo, le spalle, avvolte e tenute assieme da quella specie di camicia di forza che è la cabina dell’ascensore. Quando una delle due parti simmetriche cede, il moto diventa orizzontale.

Perchè quel sogno sottolinea la vistosità della gravidanza  quando essa è a (soli) cinque mesi? Se facessimo un’incursione nelle puntate successive verrebbe da immaginare che si trattasse di una gravidanza di due gemelli, e che il tocco asimmetrico su di una spalla ne avesse eliminato uno: una rottura della simmetria che provoca il collassare della verticale in orizzontale.

La composizione di forze verticali e orizzontali può generare  un equilibrio oscillante, un movimento a spirale, tipico anzitutto delle rampe delle scale, dove un breve raggio della componente orizzontale dà luogo alle così frequenti scale a chiocciola; anche gli ascensori a volte seguono una traiettoria a spirale. Vi è quindi una radice elicoidale nel moto dell’ascensore,  effetto della spinta orizzontale di fuga trattenuta.

Nel moto orizzontale, invece, come già detto, siamo molto più svincolati, non ci sono ‘elastici’ che ci richiamino nella direzione opposta; è infatti raro che compiamo oscillazioni di andata e ritorno, non c’è un ‘avanti’ e un ‘indietro’, non c’è un’attrazione da parte di ciò che abbiamo lasciato alle spalle, ma solo un ‘avanti’, e al massimo il movimento si perde in un percorso labirintico. Oppure è la geografia del percorso che si incarica di ostacolare l’orizzontalità, facendo insorgere improvvisi ostacoli, rilievi da superare, fossati, scale sulle quali arrampicarsi.

E cosa ci fa muovere, se a farlo non è la finalità di raggiungere una destinazione?

C”è in ogni equilibrio una nascosta ‘voglia di muoversi’, un potenziale spingere simmetricamente da tutte le parti, come la pressione  in un palloncino gonfio d’aria. Se si fa un foro nel palloncino, la simmetria collassa e questo si muove in una direzione opposta al foro, come un razzo.  Il movimento – è l’ipotesi con la quale viene da concludere – nasce nel sogno come effetto di una contrapposizione nella quale è venuta meno una delle due forze contrapposte. Finchè la contrapposizione non si risolve, il movimento continua.

Trattandosi di oniremi, radicati quindi nell’esperienza corporea, è inevitabile che sil discorso faccia riferimento anche a leggi fisiche delle quali il cervello, attraverso al corpo, ha fatto esperienza, riferimento che viene meno man mano ci si sposta verso il piano simbolico, dove la sintesi delle opposizioni trova altre soluzioni.

L’ipotesi non è poi così stramba dal momento che anche i movimenti muscolari nascono da un analogo gioco di tensioni antagoniste. Nel moto orizzontale l’elemento che è stato ‘buttato fuori’ viene del tutto dimenticato, come se si fosse presa la decisione di non tenere conto della forza opposta a quella che lasciamo agire. Il movimento potrebbe dunque in generale essere frutto di un atteggiamento unilaterale di qualche parte della mente; però, a differenza di quello orizzontale, in quello verticale l’opposto resta nella penombra, ancora dotato di una sua forza di attrazione. Più viene ignorato, come nel moto ascensionale di un ascensore impazzito, più agisce virtualmente in direzione opposta destando un senso di angoscia, percepito  come dovuto alla possibile caduta.

Tentando poi di dare dei contenuti alle direzioni verso l’alto e verso il basso, le interpretazioni convergono nell’assegnare cifre di valore positivo per il viaggio verso l’alto all’opposto di quello verso il basso: in su – salvo casi di evidente inflazione – sarebbe sempre ‘meglio’, una conquista dello Spirito, piuttosto che in giù, una compromissione con la Materia, o un fallimento, una sorte conseguente al Peccato e all’orgoglio, come quella degli Angeli maledetti.

Queste interpretazioni mi trovano molto scettico; in esse si dà per assodato che tutto ciò che ha evidenti valenze nell’immaginario sia valido anche per il piccolo sogno normale al quale siamo spesso soggetti; i prodotti dell’immaginazione diurna, il mito, la poesia o l’arte figurativa hanno sì una relazione di parentela con gli oniremi, con i quali probabilmente condividono le radici, ma lunga e poco esplorata è la strada grazie alla quale alla fine queste radici diventano prodotti culturali, metafore e simboli.

Uscendo dalla trappola delle valorizzazioni, dai contesti di molti sogni  sembra di poter attribuire la salita a un’attrazione esercitata dall’archetipo paterno, la caduta a quello materno, ambedue secondo modalità unilaterali, con un polo che tiene poco conto dell’altro, senza però poterne ignorare l’attrazione. Non mi soffermo su questo se non per accennare  che tali direzioni sono spesso colorate da un tenore incestuoso, o da scena primaria, ciò che aveva fatto dire a Freud che salite e discese, a partire dalle scale, avevano a che fare con scenari sessuali. Laddove queste opposte attrazioni entrano in un processo compiuto e dialettico, incontriamo la saldatura tra i due oniremi, movimenti a parabola, prima verso l’alto e poi di caduta/discesa, o  – meno di frequente – viceversa. In questi casi incontriamo nei pressi del punto di inversione  Meno presenti, invece,  le forze di archetipi nel moto orizzontale, caratterizzato forse da una prevalenza delle istanze dell’Io.

Si osserva spesso la saldatura tra i due oniremi, salita e discesa, in un unico percorso a parabola in cui al termine dell’ascesa incontriamo un punto di inversione accompagnato da una perturbazione dello stato fisico, ad esempio da una vertigine, uno stato che a suo tempo ho definito ‘trance onirica’ (caratterizzato da un indebolimento del senso di identità dell’Io del sogno). E’ singolare che anche il movimento orizzontale, pur restando unidirezionale, può presentare una criticità analoga: pur svincolato dal suo passato, o dalla sua antitesi, il ‘dietro’, esso infatti non resta a lungo libero nel suo procedere, e l’opposizione si esprime attraverso i mutamenti dello scenario: insorgono ostacoli, la strada si impenna, o si restringe impedendo all’automobile di proseguire, o il mezzo che usiamo si guasta, il terreno si fa pesante o accidentato, non riusciamo a prendere il nostro tram, non capiamo dove il treno ci stia portando, ci perdiamo in città o sentieri sconosciuti, mentre il cielo si rabbuia e si fa tardi, e mai arriveremo in tempo all’appuntamento. Anche il movimento orizzontale porta dunque con sè un’ombra, che tuttavia non si esprime con un’attrazione per il movimento opposto: la distorsione temporale, il vagabondaggio in una terra di nessuno sono però ancora alcune forme della trance onirica, che spesso si materializza in un vero e proprio passaggio di confine, un transito in un paese straniero, anche con tanto di sbarra e di guardie di frontiera. C’è dunque un legame formale tra la parabola sul piano verticale e il moto sul piano orizzontale con attraversamento di confine, una sorta di dualità che pone in corrispondenza il confine con il vertice della parabola, entrambi associati allo ‘stato di trance’.

Puntate precedenti: 1 – Introduzione a una ricerca;  2 – Essere zoppi: esempio di un motivo tipico3- Un personaggio tutto particolare: l’Io del sogno;  4-L’Io del sogno (quasi) sempre in affanno;  5-Biancaneve era morta o dormiva? ); 6 – Non si fuma in gravidanza: lo dicono anche i sogni;   7-  Il bambino è servito in tavola8. Dalla parte dell’occhio8 bis – Sintesi delle prime otto puntate; 9 – Venivo aggredita da due uomini; 10 – La testa di Orfeo;  11 – La vocazione segreta degli ascensori; 12 – Traiettorie elementari13 – Simmetrie e corpo nel sogno14 – Ero incinta e avevo le mestruazioni…  15 – Sangue, scrittura, esami… esami del sangue 

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