Labirinto: un progetto per la cerimonializzazione del passaggio all’età adulta

Leonardo Angelini (psicologo, psicoterapeuta, all’epoca responsabile dell’Open G – il Consultorio Giovani dell’AUSL di Reggio E.)

(Reggio Emilia, Maggio 1996)

 

1. Labirinto e riti di passaggio 

L’immagine del labirinto solitamente ci riconduce ad un luogo in cui facilmente ci si può perdere.

Ciò che non sappiamo è che questa è un’immagine recente del labirinto.

L’immagine più archetipica, invece, è quella del labirinto come luogo in cui ci si perde e ci si ritrova : ci si perde come bambini e ci si ritrova come adulti. Infatti in tutto il bacino del Mediterraneo, così come in molte altre parti dell’Europa, in epoca preistorica il labirinto era, come hanno dimostratogli archeologi, il luogo principe dei riti di passaggio dall’età infantile all’età adulta : luogo elettivo di rinascita psicologica che veniva proposto, a cavallo della crisi puberale (arrivo del menarca e della capacità erettiva), a ragazze e ragazzi al fine di aiutarli a ridefinirsi, a ricollocarsi nella gerarchia sociale, a re-identificarsi come adulti.

Rito di passaggio, quindi, e rito di iniziazione all’età adulta, che veniva – come ogni rito – cerimonializzato dalla comunità attraverso una procedura che consisteva nell’ingresso e nell’uscita dal labirinto, che in questo modo era visto come una specie di utero sociale che aveva in sé la possibilità di togliere il non più bambino ed il non ancora adulto da una penosa e pericolosa condizione di assenza di significato e di ri-collocarlo all’interno del più confortevole e meno angosciante universo di cose conosciute e definite.

Condizione penosa per il soggetto appena pubere e pericolosa per la società di cui quel soggetto faceva parte poiché non definibile all’interno di codici certi che ne permettessero il riconoscimento e la discriminazione.

La mimesi della rinascita, rappresentata letteralmente attraverso l’ingresso e l’uscita, di fronte a tutta la comunità, del neo-pubere nel e dal labirinto permetteva un rapido ingresso nel mondo degli adulti, riducendo il momento di pericolosa discontinuità (menarca e capacità erettiva) ed la conseguente situazione di marginalità ad un insieme di atti dovuti e cerimonializzati che favorivano la ricomposizione del corpo sociale come un tutto esplicato in ogni sua manifestazione, comprese quelle che, come la crisi puberale, altrimenti  avrebbero minato alle fondamenta l’armonia e la pace fra le generazioni.

  1. 2.  Riti di passaggio oggi

Si può dire oggi che la nostra società non sente più il bisogno di riti di passaggio dalla fanciullezza all’età adulta ?

La risposta questo quesito non è semplice. E innanzitutto va distinto – ci verrebbe da dire – fra ciò che effettivamente succede a livello funzionale dalla coscienza che la società, o, meglio, alcune sue parti hanno di svolgere certe funzioni. Nel nostro caso noi pensiamo si possa dire che, ad esempio, la scuola, così come molti altri luoghi dell’adolescenza, fra i quali le discoteche, svolgano nei fatti una funzione di luoghi di passaggio, in cui è riscontrabile una vaga cerimonializzazione delle tappe della crescita psicologica, ma che gli agenti adulti di queste cerimonie siano spesso totalmente ignari  di essere i sacerdoti officianti di un simile rito.

Le ragioni di questo scarto fra effettiva pratica quotidiana sul piano della ritualizzazione del passaggio e (mancata) coscienza adulta del significato, o del meta-significato di tale pratica  sono  nelle varie complicazioni che  nella nostra  società complessa  sono implicite nel passaggio all’età adulta.

Esigenze d’ordine materiale – la estrema complessità  che è implicita nella formazione di una forza-lavoro adatta alle attuali esigenze produttive – e spirituale  – il fatto che la soggettività  nella società complessa, per potersi dispiegare pienamente,  implichi un rapporto fra le generazioni molto meno armonico ed organico di quello occorrente nelle società più semplici  –  entrambe queste esigenze sono all’origine stessa dei quel prolungamento del momento del passaggio, di quella vera e propria divaricazione fra fanciullezza ed età adulta che abbiamo chiamato adolescenza (adolesco = mi nutro) e che è il tempo occorrente a nutrire il non più fanciullo ed il non ancora adulto affinché possa giungere all’età adulta ben forte e preparato a sostituire la precedente generazione.

In questo modo però l’adolescenza diventa un lunghissimo momento marginale (per i post-adolescenti, cioè gli universitari, praticamente interminabile)  in cui il soggetto che si va formando si trova come sospeso in un’ “ Isola che non c’è” , cioè in un luogo  a parte che ha tutto il fascino, ma anche tutte le illusioni dell’Isola che non c’è.

La non coscienza da parte del mondo adulto della funzione cerimonializzante che molte azioni esercitate sui o dai giovani hanno (pensiamo ai passaggi da una classe all’altra, e da un ciclo scolastico ad un altro, pensiamo al significato della  conquista  della notte ed al fatto che ciò sia fatto spesso in totale discrasia col mondo adulto, e, o con l’aiuto, sempre relativo, che può derivare dal gruppo di pari)  così appare legata alla enorme dilatazione del cerimoniale, che diventa così una componente del paesaggio abitato dall’adolescente che risulta invisibile poiché troppo incombente.

 

  1. 3.  Educazione sessuale e rito di passaggio

Cosa si dicevano gli iniziati e gli iniziandi nel momento della cerimonia?

Nelle società di cacciatori i segreti della caccia, in quella agricole quelli che potevano fare del giovane un buon contadino; e per le ragazze le attese di ruolo connesse con il loro ingresso nella casa come buone madri e buone custodi del focolare domestico.

Ma, a fianco di queste informazioni, ve n’erano certo altre più legate alla sessualità e quindi alla ridefinizione di quella che era l’identità pre-pubere  in quella che stava per diventare l’identità adulta .

Il labirinto era cioè il luogo della rivelazione dei misteri più profondi inerenti il mondo della produzione e della riproduzione :  misteri che, una volta rivelati, sancivano l’ingresso in una nuova dimensione sia del corpo che dell’anima dell’iniziando, che veniva così insegnato delle stigmate (spesso reali, oltre che simboliche : pensiamo alla circoncisione)  che attestavano la nuova appartenenza.

A ben vedere la simultaneità con cui scattavano dentro all’iniziando i tre timer che ne permettevano l’accesso all’età adulta  (1. Maturità biologica ; 2. maturità emozionale ; 3. autonomia)  non permetteva al soggetto di vivere pienamente la propria soggettività e quindi di inserirsi in quanto tale nella società adulta, non gliene lasciava il tempo. Ne derivava una identità adulta in cui l’Io sociale, gruppale avevano nettamente il sopravvento su quello individuale.

Oggi invece il dilatarsi dei tempi è, si, all’origine del misconoscimento da parte degli adulti dell’importanza del labirinto, e cioè del rito di passaggio, la cui significazione  viene così pressoché totalmente scaricata sulle spalle del giovane, ma permette a quest’ultimo di costruirsi come una palestra, un ginnasio della maturità emozionale e dell’autonomia, che poi è la sua vita lungo tutto questo percorso che chiamiamo adolescenza, che gli permette di diventare soggetto adulto, che ha un’identità gruppale, ma anche (è questa la novità più sconvolgente) individuale, e perciò potenzialmente eccentrica, rispetto a tutto l’universo adulto costituito.

Identità gruppale ed individuale si pongono così in un equilibrio dinamico in cui il dato della sessualità (della riproduzione) è ancora una volta, insieme a quello della produzione l’elemento centrale intorno al quale si definisce il mondo dei significati che in adolescenza vanno criticamente acquisiti in modo da ridisegnare e reinventare il mondo in un rapporto di confronto scontro con la generazione precedente.

  1. 4.  La proposta di ripristino del labirinto

Deriva da questa riflessione la nostra proposta di ripristinare il labirinto, o meglio di adattarlo alle esigenze della nostra società e dei nostri adolescenti.

E’ chiaro che la reinvenzione del labirinto non adempie pienamente alle esigenze connesse al passaggio all’età adulta oggi, e perciò non esime gli adulti (e prima di tutto noi stessi dell’Open G) da un ulteriore ripristino : quello di riprendere su di sé le funzioni di sacerdoti del rito di passaggio in maniera autocosciente e conseguente. Può essere, però, un provocatorio memento che ci obbliga all’impegno e ci conduce ad una riflessione su noi stessi, prima ancora che sul nostro rapporto con gli adolescenti.

Da una nostra discussione in comune è nata perciò, con questi limiti, e con queste ambizioni, la proposta di ridisegnare in termini moderni un luogo labirintico, da collocare nelle discoteche, un luogo che abbia le forme di un contenitore uterino, avviluppante, “conchigliare”, all’interno del quale poter entrare da soli, o al massimo in coppia o in piccolissimo gruppo; un luogo che permetta, sul piano della mimesi, di rappresentare ironicamente ed iconicamente la cerimonia del passaggio, con tutta la trasmissione di misteri e di competenze che in questo momento – quello successivo la crisi puberale – vanno passati dall’universo adulto al giovane. Un luogo che originalmente avevamo pensato proprio del tutto simile al modello preistorico, ma che, dopo una discussione con i tecnici del comune e delle discoteche, andiamo definendo come un vecchio pullman semovente, che, rispetto all’ipotesi iniziale di costruire in ogni discoteca un labirinto ad hoc, ha l’indubbio vantaggio di poter essere costruito in copia unica e di poter essere dislocato davanti alle discoteche, o in qualsiasi altro posto con poca fatica. Un pullman, quindi, che deve essere ridisegnato, reinventato come un labirinto iniziatico.

Perché ciò possa concretamente avvenire dovrebbero, a nostro avviso, essere coinvolti degli artisti, che, nell’accingersi a creare il labirinto, dovrebbero tenere presenti alcune caratteristiche di fondo :

a-  occorre, innanzitutto, che, a partire dalla constatazione del fatto che i tempi del passaggio si sono dilatati, come dicevamo prima, e che perciò i tre timer nella nostra società non scattano più all’unisono: quello biologico tende ad essere anticipato, rispetto alle generazioni precedenti (per ragioni legate alla alimentazione, ecc) ; quello emozionale si protrae per un lunghissimo periodo e abbisogna di continue ridefinizioni che avvengono grazie ad una  pratica che è prima di tutto pratica di auto-ascolto, di auto-osservazione, oltre che di disposizione verso l’altrao ; quello dell’autonomia giunge pienamente quando giunge la generatività, intesa soprattutto in termini simbolici, e cioè alla fine di un ciclo che può sembrare infinito, e che in ogni caso è defatigante, visto che spesso, verso la fine ciò che manca è solo la sanzione economica, e quindi l’indipendenza, più che l’autonomia.

b-  occorre, in secondo luogo, che tale labirinto semovente sia attraente ; abbia cioè le caratteristiche di un luogo che non incute timore e, contemporaneamente, che non sia barboso e libresco, ma che diventi una specie di testo multimediale che in vari modi introduca il giovani nei misteri della vita, lo istruisca, lo incoraggi ad aver fiducia nelle proprie possibilità sul piano ideativo e produttivo (nonché riproduttivo).

c-  occorre che in esso il giovane sia invogliato ad entrare e che, una volta entrato, egli si emozioni vedendo quelle cose di cui abbiamo accennato al punto precedente. L’emozione, a nostro avviso, è il punto centrale. L’informazione sugli aspetti biologici è secondaria poiché riteniamo che il nostro utente ne sappia già molto, e che perciò a questo riguardo vadano proposti solo degli approfondimenti, mentre il mondo delle emozioni e dei sentimenti pensiamo sia centrale e meritevole di una illustrazione più sistematica .

d-  occorre che alla fine sia possibile per ciascuno una rielaborazione personale e sublimata degli aspetti legati alla genitalità : qualcosa da scrivere, da disegnare, da portare via per produrre a casa, qualcosa cioè che spinga il giovane a sentirsi già produttivo, adulto, generativo sempre sul piano sublimato (sul piano della desublimazione farà poi in altro luogo, se e quando vorrà).

e-  occorre, in ultimo, che il giovane abbia del materiale da portare via, che sarà senz’altro quello da noi proposto (sulla contraccezione, o altro), ma anche materiale che può nascere da una invenzione degli artisti che costruiranno il labirinto (ad esempio : se dentro al labirinto si decide di inventare un libro che sia un gioco di ruolo basato sull’interpretazione delle varie emozioni e dei vari sentimenti, il libro, poi, può essere portato via, acquistato, preso in prestito).

f-   tutto poi dovrebbe condurre ad una rivisitazione con gli amici, con la propria ragazza, o per riportare indietro le proprie produzioni, in modo da definire una ciclicità che riecheggi il rituale preistorico che consisteva, appunto, nell’entrare e nel rientrare per un numero magico di volte che, evidentemente ribadiva il passaggio, lo rendeva più certo.

Il labirinto in questo modo si definirebbe come un’opera d’arte, fornita su commissione, una via di mezzo fra arti visive, scultura e architettura, che imponga all’artista, o al gruppo di artisti che vi lavorerà il solo vincolo dell’imposizione del tema, nonché, eventualmente, quello del diritto di scelta da parte del committente, qualora ci si trovi poi di fronte ad opzioni, a progetti diversi, di quello che a suo insindacabile parere parrà il progetto migliore.

(Nota del giugno 2012,: il progetto non è mai stato realizzato poiché gli amministratori che lo avevano in un primo tempo appoggiato e sollecitato poi non lo finanziarono, L.A.)