Formazione in psicologia – Qualche riflessione preliminare

di Luca Pezzullo

E allora, eccoci a parlare di formazione in psicologia. Tema “caldo” nella nostra professione (e di estremo rilievo per la sua qualità ed il suo futuro), ed in merito a cui i dibattiti intracategoriali sono spesso accesi.

Il tema della formazione è sicuramente molto ampio, e presenta numerosi rilievi di complessità. Va dall’orientamento iniziale per gli studi psicologici, all’organizzazione dei corsi di laurea (con le impliciti logiche formative del futuro professionista psi-), al complesso tema del tirocinio, a tutto il vastissimo ed eterogeneo mondo della formazione post-lauream: dalle classiche scuole di specializzazione o perfezionamenti universitari, alla pletora di corsi, seminari, master privati di ogni tipo, livello ed argomento…

…per passare, inoltre, dalla “formazione personale” alla supervisione, dall’intervisione alle formazioni su aree tematiche complementari, dallo sviluppo di skills professionalizzanti, ai problemi di demografia professionale… insomma, un ambito molto vasto, molto articolato, denso di complessità epistemologiche, organizzative, deontologiche, economico-professionali e politico-professionali.

Dovendo riassumere questo enorme campo, mi porrei alcune domande di fondo:  1. Quale profilo formativo serve allo psicologo, oggi ?

2. Tale profilo è qualitativamente soddisfatto dalle agenzie formative attualmente operanti ?

3. Quale ruolo strutturale ha il sistema della formazione intraprofessionale negli equilibri generali della professione ?

Questa sezione del blog vorrebbe provare ad affrontare e discutere queste criticità, formulare ipotesi e proporre spunti di riflessione; anche coinvolgendo ogni tanto “attori formativi” che possano condividere qualcosa di particolarmente interessante in proposito.  Premetto che tutte le riflessioni, i contenuti ed i post non sono e non vogliono essere diretti al merito di uno specifico modello, o di specifica realtà associativa e formativa: sono mere riflessioni critico-scientifiche e politico-professionali di ordine generale, finalizzate a discutere apertamente il tema della formazione professionale.

Inizio con alcune piccole, e volute, “provocazioni” paradossali, per avviare il dialogo. Tutti temi che, appunto, cercheremo di articolare al meglio nei prossimi mesi.

1. Quale è il ruolo economico-professionale della “formazione” post-lauream ? Con una categoria professionale passata dai 27.000 psicologi di fine anni ’90 agli attuali quasi 85.000 (una triplicazione in circa dieci anni), nella “pipeline” formativa vi sono attualmente diverse decine di migliaia di giovani psicologi. Quanta parte dell’economia categoriale si basa direttamente sulla formazione intracategoriale ? Quanto questo influenza la qualità del processo formativo stesso ?

 2. Molti giovani psicologi, in tale contesto, sentono il bisogno (e a volte ne sono “incoraggiati” dal sistema formativo) a formarsi “a tempo indefinito”, con una sequela pressochè ininterrotta di specializzazioni, master, corsi, seminari, aggiornamenti, ecc. La debolezza del mercato professionale spinge a formarsi sempre di più, a volte anche in settori “effimeri” e “di moda”, nel tentativo di posizionarsi sul mercato del lavoro sperando che “a più titoli corrisponda più lavoro potenziale”. Se è vero che gli psicologi sono figure che si devono qualificare solidamente, e che l’aggiornamento continuo è un essenziale dovere deontologico e professionale, ci possiamo però chiedere se, magari, a volte non ci stiamo “iperformando”, soprattutto in direzioni poco produttive ?

 3. A questo problema se ne associa un altro, che riassumerei paradossalmente così: “gli psicologi sanno troppo di psicologia, ma troppo poco di altro”. Ovvero, tendono a formarsi esclusivamente ed in maniera molto approfondita nei settori psicologici, ma hanno (in media) scarse competenze in settori interdisciplinari complementari alla psicologia stessa. Ad esempio, sono relativamente pochi gli psicologi che decidono di affiancare alle loro formazioni in psicologia del lavoro anche delle solide competenze (intendendo con questo lo sviluppo di competenze di livello universitario) di diritto societario e del lavoro, o di economia aziendale; pochi gli psicoterapeuti della famiglia con forti ed approfondite competenze di diritto famigliare o antropologia strutturale; pochi gli psicologi clinici con forti conoscenze di diritto sociosanitario, o economia dei servizi sanitari. E gli ulteriori aggiornamenti professionali sono quasi sempre focalizzati solo su ulteriori conoscenze e competenze psicologiche; molto di rado si vedono psicologi iscriversi a corsi di europrogettazione, di diritto, di marketing….

Forse la debolezza economico-professionale media della nostra categoria è legata anche a questa scarsa “ibridazione di saperi”, a questa “autofocalizzazione intradisciplinare”, a tratti eccessiva ?

Cercheremo anche di vedere, nelle prossime settimane, come questi temi siano affrontati e gestiti all’estero; quale sia lo “stato dell’arte” della riflessione sui processi di socializzazione formativa degli psicologi in altri paesi; cosa ci dice la letteratura di ricerca internazionale su questi argomenti.  E spunti, riflessioni e contributi in merito sono sempre bene accetti !